Ha detto, con quel suo modo di predicare bonario, austero e convincente;
“Non ama i propri figli chi li protegge ad ogni loro capriccio o chi non interviene a richiamarli ai veri valori della vita. Che fatica fanno in questo senso i genitori di oggi. Chi di loro ha il coraggio di impedire alla propria figlia di andare in vacanza con il fidanzato, in viaggi di nozze anticipati, senza sapere se le nozze ci saranno. Cosa si sentirebbero rispondere da figli e figlie vogliosi di fare esperienze anticipate e non benedette né da Dio né dai genitori? Prendere la frusta come fece Gesù con i mercanti del tempio? Si rischierebbe una denuncia. Far finta di niente? Non è giusto neanche questo. Come la mattiamo con la coscienza formata cristianamente a suo tempo? Amleto direbbe “ Questo è il dilemma! Permettere o impedire. Né permettere tanto meno né impedire tutto. Valutare caso per caso invocando la luce della Spirito Santo, e sperando che tutto si risolva cristianamente bene“.
Bellissime parole. Aggiungerò ora la mia opinione quasi sicuro d’essere tacciato come vecchio nonno insofferente al progresso. Inizio quindi la mia filippica e, se è il caso, sorridete sarcastici!
Sì! Subito! Dicevamo ai nostri padri quando ci comandavano qualche cosa.
Sì! Subito! Ora diciamo ai nostri figli quando ci chiedono qualche cosa.
Si dice che ogni generazione ha la sua pena, qual’è dunque la pena della generazione degli anni ’50? Presto detto: è quella d’aver ubbidito ai propri padri e ora tocca dover ubbidire ai propri figli!
Non è raro vedere che per uno smisurato e mal gestito amore dei genitori verso i figli, oggi il giovane è diventato quasi un dominatore di chi l’ha generato. Questo fatto potrebbe essere forse tollerato se il dominatore non fosse dipendente, tutto sommato, del dominato.
La natura ci insegna che gli esseri viventi si uniscono, generano, crescono i loro cuccioli e poi a tempo debito li allontanano dal nido per renderli indipendenti .
Per molti di noi non è così! Per una strana forma d’amore protettivo tanti genitori coccolano i loro figli a dismisura anche quando dovrebbero essere persone mature. Non li spingono verso il mondo e loro, prepotenti cuccioloni, se ne guardano bene d’andarsene di casa e di formarsi una famiglia.
Comodo! A loro la mamma prepara stirate le camicie, i pantaloni, le gonne, le mutande, infine cucina pazientemente prelibati pasti a orari d’albergo.
Il papà, guardingo e premuroso, li finanzia e li accontenta in ogni loro desiderio temendo che combinino il peggio senza la sua stampella .
Mica male la vita! A questa bella gioventù profumata, brillante, esuberante, intelligente e single per convenienza, occorre solo saper gestire la loro persona come meglio conviene.
Sono dolci creature simpatiche che amano se stessi.
Il loro teorema? Meglio godere la vita fino in fondo, perché la vita è una sola e assomiglia ad una cipolla che più cuoce nel tempo più si ammolla.
Il domani è incerto. Questa filosofia di vita è spietatamente giusta se non ci fossero però quelli che devono venire dopo di loro.
Un vecchio proverbio valtellinese dice: “ u da giuan u da vècc sa g’à maià sü i carècc“.
Ma allora perché ci prodighiamo in un amore così smisurato verso i figli per poi farli diventare genitori-dipendenti sino a età matura ? Per amore? Forse no!
La causa di questa perenne assistenza è forse la poca fiducia che spesso si ha verso i propri figli, forse è per il desiderio inconscio che essi non debbano soffrire come noi abbiamo sofferto. E il risultato? Essi crescono coccolati e sospettosi, timorosi e deboli alla lotta per la loro fetta di mondo .
Prima di decidere, di impegnarsi vogliono provare, verificare. Sposarsi? Mah, prima conviene convivere per un poco poi vedremo. Aver figli? Mah, in questo mondo sciagurato conviene non aver preoccupazioni: i figli costano, sono sacrifici, tolgono libertà, sono un peso. Furbetti! Sentono loro stessi quanto hanno pesato sulle spalle dei loro genitori!!!
La loro difesa ? Dicono che ai nostri tempi era più facile vivere, ora tutto è incerto, tutto è precario. Balle!!! Noi ai sacrifici eravamo abituati. Figuriamoci i nostri vecchi che avevano fatto la guerra!
“Finché la barca và lasciala andare!" Questa canzone di Orietta Berti l’hanno subito imparata a memoria. Remare è fatica ed era fatica anche ai nostri tempi. Anche allora c’era un proverbio che diceva “ I la dìs la sacra scritüra!! Fa laurà i vècc fin che i düra!“
Però i nostri vecchi, per bontà loro, erano capaci di darci una pedata nel sedere e mandarci fuori casa quando era giunto il tempo. Noi, con dignità, ce ne andavamo con nell’orecchio le parole del Regiur che ci rammentava “Regòrdat che adès cùma te la fée giù, ta la màiat sü!“ e ognuno si prendeva le proprie responsabilità. I figli comandavano in casa loro e i padri non ubbidivano ai loro figli. Così era e così forse non è più.
Caro Don Gianni, terminerò con le parole della Sua bella predica “ Signore dacci una coscienza esatta, aiutaci a valutare le realtà nella tua luce anche a costo di andare controcorrente perché è molto vero quello che diceva il poeta Dante “ nella tua volontà è nostra pace” .
Ezio Maifrè
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