L'archivio del portale di informazione e commercio INTORNO TIRANO (www.intornotirano.it)

Etichette

sabato 26 febbraio 2011

DI BARBE, DI CAPELLI (ED ALTRI PELI)

L’apparato pilifero della nostra specie, rispetto a quello della maggioranza degli altri mammiferi è modesto, limitato a poche aree, tanto che un noto scienziato ha definito l’uomo “ la scimmia nuda”... (Di Franco Clementi)

Ma quel po’ che è rimasto, al termine di chi sa quali selezioni biologiche, è bastato per far sviluppare da secoli la simpatica arte dei parrucchieri e dei barbieri, con le relative botteghe che in ogni città o paese costituiscono un luogo d’incontro e di conversazione. In pratica esse rappresentano un momento di sosta ove si possono scambiare idee, approfondire conoscenze e magari essere informati di qualche pettegolezzo ( ricordiamo che anche i pettegolezzi servono all’equilibrio della psiche), su un ventaglio di argomenti ben più vasto di quanto possa trovarsi ad esempio nella sala d’attesa del medico, ove il tema scontato è quello della salute e della malattia.
Insomma giudico il negozio di un parrucchiere (o barbiere) come un centro che ha una funzione sociale, cui si partecipa senza costrizioni o doveri.

All’occhio curioso di un forestiero, poi, il frequentarlo offre uno spaccato dell’ambiente e della popolazione di cui è al servizio; per usare un parolone, è un rivelatore culturale, un termometro della città o del quartiere e della vita che vi si svolge.
Per questo motivo , nel corso dei miei viaggi in Italia o all’estero, al fine di avere un altro elemento di conoscenza della terra che visitavo, mi sono sempre lasciato lo spazio per usare le prestazioni di un parrucchiere: e così ne ho conosciuti tanti, in quasi tutti i Paesi d’Europa e in molte altre parti del mondo.

  • Le insegne: già esse parlano di una evoluzione del costume. Vanno difatti scomparendo quelle di “Barbiere”, e per tre motivi. Il primo è che le barbe, dopo l’avvento del rasoio a lamette di sicurezza e soprattutto del rasoio elettrico, non si radono più fuori casa. Il secondo è che molti il cosiddetto “onor del mento” se lo lasciano crescere. Il terzo è che molte botteghe sono divenute “bi-sex”, servono uomini e donne, e quell’allusione alla barba non sarebbe tollerata dalle clienti del gentil sesso. Nell’Italia meridionale prevale la scritta “Salone”, che non va interpretato come l’accrescitivo della parola “sala”, perché spesso si tratta di locali minuscoli dove entra a mala pena una poltrona con due sedie. E’ poi invalsa spesso, in Italia, l’usanza (anch’essa rivelatrice di un costume culturale) di dare all’insegna una connotazione straniera: “Friseur”. “Coiffeur”, “Hair center”… , e ciò anche in aree esterne a transiti turistici e lontane dalle frontiere. Alcuni artigiani mettono solo il proprio nome, come certi calciatori brasiliani, e non so perché lo americanizzano con qualche “ipsilon” o addirittura con l’uso del genitivo sassone: “Peppino’s” “da Ciccio’s” e così via. In Portogallo certe botteghe non sono lungo la strada, ma in un appartamento dei piani alti, con l’insegna esterna quasi sempre di un nome femminile “Octavia”, “Ines”, “Manuelina”… Il problema è che l’ignaro cliente nel salire le scale non è ben sicuro trattarsi d’una parrucchiera o di una ,diciamo così…massaggiatrice. Meglio informarsi prima.
  • I locali: tutti hanno in comune il profumo di brillantine, lozioni, shampoo, in alcuni raffinato, in altri graveolente ed untuoso, comunque riconoscibile anche per un cieco. Le dimensioni e l’arredamento variano naturalmente a seconda della categoria, dall’ampia sala in stile liberty con otto poltrone allineate e altrettante ragazze parrucchiere al lavoro a Praga, fino a una specie di sgabuzzino in Marocco dove il gestore vedendomi entrare e riconoscendomi per un turista (verosimilmente danaroso), per farmi subito sedere buttò fuori della porta con il viso ancora insaponato il povero cliente che stava servendo, lasciando in grande imbarazzo me (e, suppongo, il cliente)...
  • I discorsi e i giornali: qui in Italia ci si diffonde su ogni argomento. Più difficile è invece, ad esempio la conversazione nella bottega di un barbiere turco che non conosce nessuna lingua europea. Ci aiuta allora lo sport e se uno nomina una squadra di calcio si è subito capiti: “ Del Piero… oh,oh! Juventus…” La mimica e i gesti poi arricchiscono il discorso. Quasi tutti chiedono: ”Turist..?” e allora si annuisce con il capo, che vuol dire “Sì!” anche se in qualche Paese significa “ No!”. I giornali se la bottega è solo per uomini di solito sono di bassa lega, cronaca nera, donnine in “deshabillé”, sport: se la clientela è promiscua prevalgono nettamente i periodici che riguardano la moda.
  • Il personale. Nei paesi meridionali esiste una marcata separazione dei due sessi: maschi per i maschi, femmine per le femmine: Procedendo verso il nord diventano promiscui sia gli operatori sia la clientela: In Norvegia la stragrande maggioranza dei parrucchieri è di sesso femminile: di maschi rimane solo qualche anziano. In Olanda, forse perché è a metà strada, mi capitò un “coiffeur” di sesso un po’ incerto, almeno dal modo delle sue movenze.
  • I clienti: se vai in un Paese un po’ fuori mano in genere ti stanno ad osservare, poi ce ne è sempre uno che sa due parole di inglese o di tedesco o di una lingua che comunque conosci, e che ti dice che l’Italia è bella e che lui ha un cognato che lavora a Vicenza. Ho trovato sempre gente molto rispettosa del nostro Paese, che però, a quanto sembra, nella testa dei nostri amici stranieri sarebbe dominato interamente dalla mafia. Un tale mi guardò la cintura, e poi mi chiese sorpreso: “Non porti la pistola?“.
  • I prezzi: fino a qualche anno fa all’estero e nel nostro Mezzogiorno erano più bassi che nell’Italia settentrionale. Ora quelli dell’Europa comunitaria vanno livellandosi: rimane più economico il Portogallo. Nettamente più bassi i compensi dei parrucchieri nell’Est europeo. Qualche mese fa in Bulgaria il prezzo del taglio di capelli in un ottima bottega è stato di poco più di 1 Euro. A queste condizioni, si è nella predisposizione di comportarci come dei milord, e lasciarne altrettanti di mancia, tra lo stupore degli astanti e il barbiere che ti accompagna fino alla porta quando esci.
  • Le mode: quando tocca a me io chiedo sempre un taglio regolare anche per limitare eventuali danni alla mia capigliatura, e i commenti di mia moglie: “Santo Cielo …ti hanno scannato…!”. Ma tutto sommato non ho sofferto di particolari disastri. Ci sono tuttavia botteghe specializzate per giovani estrosi che pretendono di essere abbigliati in maniera bizzarra ; creste, crani rasati a metà, uso abbondante di fissatori per ottenere effetti a corona, a indiano Mohicano, a spazzolone. Una vera catastrofe per la onorata categoria dei barbieri, dopo quella del rasoio elettrico sul viso, è stata la moda della rapata totale del cuoio capelluto, che può essere eseguita anche da soli o con il sussidio di un familiare. Essa fu introdotta soprattutto dal calciatore Ronaldo e subito adottata da una folla di imitatori, tra le grida di giubilo di coloro che erano già calvi spontaneamente, che si vedevano livellata la loro presunta menomazione. Per di più tale “look”, oltre a far risparmiare le spese, si sostiene con l’astuta propaganda e la immotivata credenza che un cranio lucido sia segno di particolare virilità.
  • Altri interventi sull’apparato pilifero: Abbiamo parlato finora di barbieri e parrucchieri, ma specie negli ultimi tempi si è andata profilando un’altra categoria di lavoratori del pelo: i “depilatori”. Anche questo è un segno di cambiamenti del costume. Mentre i peli del naso erano di pertinenza di chi ti rade il viso e quelli delle orecchie di chi ti taglia i capelli, rimanevano esclusi i peli che crescono in altre parti del corpo. Di qui la nuova professione che peraltro sembra annoverarsi come una branca dei centri estetici, e che è d’interesse quasi interamente (per ora) femminile. Essa, già presente sporadicamente in passato, si è incrementata specie dopo l’avvento di costumi da bagno particolarmente striminziti, con dei “tanga” che assomigliano più a un filo interdentale che a una mutanda. Il nuovo grido della moda è: “Togliete i peli superflui!”. La difficoltà nasce dall’interpretazione del motto, perché se bisogna togliere i peli superflui, evidentemente ce ne sono altri “non” superflui, ma necessari. E chi lo stabilisce? E’ un problema angoscioso che le donne dovranno risolvere nel nuovo millennio.

Franco Clementi

Nessun commento:

Posta un commento