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venerdì 25 febbraio 2011

VANGELO VIA MAIL: "ANZITUTTO"

25 febbraio 2011 - “Anzitutto” - Matteo 6,24-34 - VIII Domenica del Tempo Ordinario. (Di don Roberto Seregni)

In quel tempo Gesù disse: “Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza.
Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? Non preoccupatevi dunque dicendo: "Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?". Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena.
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Non c’è niente da fare, alla Parola non si sfugge. Se abbiamo ancora un briciolo di onestà spirituale, dobbiamo ammettere che questo brano di Vangelo ci fotografa in pieno e ci mette a nudo. Gesù conosce meglio di chiunque altro il nostro cuore e sa che certe cose abbiamo proprio bisogno di sentircele dire…

Il verbo “preoccuparsi” fa un po’ da ritornello a tutto questo brano, e spesso anche della nostra quotidianità... Esso sottolinea certamente una serie di atteggiamenti positivi, cioè la laboriosità, l’attenzione, l’impegno; ma anche una serie di comportamenti che devono aver nulla a che fare con il discepolo di Gesù: l’ansia, l’affanno e l’angoscia.
Il discepolo vive nella fiducia del Padre; fa quello che deve fare, svolge con attenzione il suo lavoro, adempie ai suoi impegni, ma sa che tutto viene da Dio, che la sua mano che nutre gli uccelli del cielo e veste a festa i gigli del campo, provvederà anche alla sua vita.
Il discepolo vive nel mondo, ma senza affanno e senza il fiato corto di chi è convinto che può contare solo sulle sue forze. In gioco è la radice stessa della fede: la fiducia nel Padre.

Vorrei sottolineare che Gesù non dice che le “cose” sono inutili o dannose, ma che non devono minacciare il primato di Dio nel nostro cuore. I beni sono utili, ma non vanno sopravvalutati. Il cibo e i vestiti sono indispensabili alla nostra vita, ma la preoccupazione per la loro gestione e il loro possesso, non deve incatenare tutte le nostre energie e intasare i nostri desideri.

Gesù chiarisce in quale direzione deve orientarsi il cuore dell’uomo: “Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia…” (v.33). C’è un primato fondamentale nell’esistenza del discepolo, c’è un fulcro ordinatore della vita che è la chiave della felicità.
Quando metti al primo posto la cosa più importante, poi ci può stare pure tutto il resto. Ma se quel posto è vuoto, rimane vuoto anche il cuore. Se la vita si aggrappa a certezze illusorie si è esposti ad ogni vento, si diventa fragili e inconcludenti. A lungo andare tutto perde di significato e di freschezza.
Coraggio, cari amici, lasciamo che la Parola ci metta a nudo, ci scuota e ci provochi sulla nostra fede. La nostra vita è nelle mani di Dio. Possiamo forse desiderare un posto migliore?

Don Roberto Seregni

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