E’ un pomeriggio di tarda primavera a fine anni ’40. Sono in vacanza in una cittadina delle Marche attraversata dalla Via Flaminia... (Di Franco Clementi)
Oggi non vado all’oratorio per giocare la consueta partita di pallone: assieme agli amici si va a vedere il passaggio del Giro d’Italia, spettacolo a noi nuovo.
Per appostarci scegliamo la cima d’una salita che noi ragazzi, con le nostre pesanti biciclette, abitualmente scaliamo con fatica: ingenui ed inesperti supponiamo che quando i girini vi arriveranno, saranno costretti a rallentare e a sgranarsi, e così potremo osservarli con agio uno ad uno.
Attendiamo: almeno un’ora prima dei corridori passa un lungo corteo di automezzi pubblicitari che con altoparlanti e volantini decantano i loro prodotti. L’attesa si fa più frenetica e il pubblico s’infittisce. “Tu, sta’ più indietro, ché se arrivano ti vengono addosso!”, “Ehi, non attraversare!”. Ma ecco, una macchina si ferma vicino a noi e un tale, ben informato ,annuncia : ”Sono a due chilometri da qui …”.
Siamo tutti eccitati, ed ecco giungere un motociclista, poi un altro con aria seria, importante, poi delle macchine con la scritta “Gazzetta dello sport”, poi altre motociclette con i fari accesi che rasentano gli spettatori, inducendoli ad arretrare e infine… ecco i “girini”!
La salitella che nella nostra immaginazione avrebbe dovuto rallentare la loro marcia essi la snobbano completamente, la superano di slancio senza neppure manovrare il cambio: fatto sta che sono in gruppo compatto e noi riusciamo a mala pena a distinguere la maglia rosa, il triestino Cottur. Poiché Trieste, ancora separata dall’Italia, è nel cuore di tutti, per lui ci sono applausi e acclamazioni speciali.
Ma ecco che dietro il gruppone, staccato di una quarantina di metri, vediamo passare bel bello (oh visione!…) il nostro idolo, il nostro Gino Bartali.
Bartali staccato? Non è possibile! La spiegazione arriva poco dopo; il nostro amico Pepeone (così soprannominato per come pronuncia la parola “peperone” mancandogli la “erre”) ha osservato i passaggi in una postazione a qualche centinaio di metri prima di noi e di lì ha potuto assistere alla foratura della bici del campione toscano. Ma Pepeone appare stralunato in misura superiore di quanto meriti l’episodio. Gli dico :”Ma che ti succede? Tanto Gino sta già rientrando nel gruppo!”
“E’ che Bartali… E’ che Bartali, quando è sceso a terra per la foratura… ha sacramentato!”
“Ma va là! Gli sarà uscita un’imprecazione, che so? Una rima in “mio” o in “zio!”.
“Macché zio e mio, ho sentito bene che c’entrava Dio!”.
In un mondo come quello di oggi agnostico e indifferente, taluni pensano che la bestemmia abbia perso un po’ della gravità d’un tempo : essa viene considerata una sorta di preghiera maleducata, di concitato colloquio col Creatore, un eccesso di confidenza con Lui, una richiesta fatta con le spicce, un gesto di affetto violento. Insomma non rompe il rapporto con la Divinità e soprattutto non la ignora.
Ma queste considerazioni riduttive, discutibili ancor oggi, cinquant’anni fa non ci sfioravano neppure: eravamo sgomenti, esterrefatti, interdetti. Ma come!?
Sapevamo che Bartali era iscritto all’Azione Cattolica e ne portava con fierezza il distintivo; sapevamo che ogni parroco e ogni oratorio d’Italia (e, si diceva, persino il Santo Padre…) tifavano per lui contro il rivale Coppi; sapevamo perfino che aveva votato per la Democrazia Cristiana (suprema prova di eroismo nella fede... ).
E lui mi va a sacramentare! Don Mario, il nostro assistente, ci consolò : “Sapete, in certi ambienti è difficile sottrarsi nei momenti di stizza a qualche parola… di troppo, specie per un toscano. Bartali ha sbagliato... ma è un brav'uomo… ”.
Non passarono che poche settimane ed ecco il nostro campione, al Tour de France, nella tappa Pau- Lourdes, scalati quattro colli pirenaici arriva primo risalendo nell’alta classifica. Ancora sudato e sporco della polvere della strada, va a deporre il mazzo di fiori che gli hanno dato sul traguardo ai piedi della Madonna nella gotta di Massabielle.
Beh! Allora anche noi, con qualche ritardo rispetto al Padreterno, lo abbiamo perdonato.
Franco Clementi
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