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venerdì 21 dicembre 2012

MODI DI DIRE: "L mèt giù 'n grant stüàa"

La rubrica, a cura di Ezio Maifrè, per capire i modi di dire dialettali, grazie alla spiegazione e ad un racconto specifico.
Questa rubrica settimanale dei "modi di dire", nel contesto del racconto, ha lo scopo di rammentare in gergo dialettale una espressione e non si riferisce a fatti e a persone.  
L’acqua di fonte è un elemento naturale. L’acqua gasata non lo è più. Sarà forse migliore al palato, ma a lungo andare gonfia lo stomaco e può far male. Così è per le donne e per gli uomini quando si “ truccano “. Saranno forse più gradevoli da vedere, ma non sono naturali.
Vale anche per alcuni politici che usano le parole per autocompiacimento, per musicalità, per ammaliare, per mèt giù grant stüàa. Il loro modo di parlare diventa un artifizio letterario arzigogolato, non più espressivo. Un pastone di parole senza capo né coda.
Uno scritto, un discorso per essere interessante e per catturare l’attenzione del lettore o dell'uditore , io credo, deve essere semplice, pulito da fronzoli, lineare nei temi trattati.
Frase dopo frase il lettore deve essere condotto per mano nel chiaro significato delle parole. Una parola, un verbo mal posto, possono interrompere il percorso.
Le virgole sono uncini per “ tirare il fiato “ . I punti sono le piazzole di sosta per meditare. Chi scrive, chi parla deve condurre chi legge, chi ascolta su un strada piana, senza troppe distrazioni verbali. Il tamburellare delle parole inutili porta a distrazione.
Scrivere e parlare per il pubblico è sicuramente un ‘arte per pochi . Ci sono pseudo letterati che con i loro discorsi tortuosi ammaliano, plagiano. Questi personaggi avvolgono l’uditore in una valanga polverosa di parole, li soffocano in una ragnatela di frasi senza sviluppare un concetto chiaro, preciso. Solo parole, parole svuotate del loro significato, mozze, lasciate per strada. Molte volte interrotte ad artifizio da un battimano amico. L’arte della Politica è forse l’esempio più lampante, ma non è la sola.
L’esibizione del logorroico è simile a quella del funambolo, del prestigiatore. Essa ha il fine di catturare l’attenzione, di stupire chi osserva e ascolta. Spesso si ottiene, in una platea attenta, l’esatto contrario. L’esibizione del logorroico conduce l’uditore al mal di testa, alla distrazione, allo sbadiglio, al sonno e, in alcuni casi, alla risata generale.
Succede spesso nei comizi elettorali. Succede in tante occasioni, specie in ricorrenze obsolete, stantie, noiose. Ricorrenze dimenticate e non più “ sentite “ dalla gente, fatte risuscitare ad arte da politici. Può succedere che il politico, non sia un buon oratore, allora per apparire si ricorre a chi scrive per mestiere. ll discorso scritto da altri dovrà sempre essere altisonante, ammaliante, di facciata, tale da strappare l’applauso conclusivo.
Ricordo una riunione in una sala ben riscaldata. Era una serata molto fredda di gennaio. Il politico, noto per la sua logorrea, doveva esporre un suo particolare programma. Prese la parola. Misericordia! Condusse il suo discorso partendo da lontano, da molto lontano con un circuito terrificante di parole vuote d’espressioni. Virgole, punti ? Nemmeno l’ombra. Solo un suo tirare di fiato tra lo sbadiglio generale degli uditori.
Smarriti dalla valanga di parole, uno ad uno, con la scusa d’essere deboli di vescica uscirono dalla sala per andare al bagno. E forse quella necessità era vera, causata dall’oratore!
Il politico , con la sua prolusione, fece come un innominato dottore che per operare il paziente di emorroidi, incominciò ad aprirgli il petto, finché distrattamente giunse alla prostata e gliela cavò.
Ricordo che il mio vicino di sedia, quasi alla fine del discorso si svegliò e mi disse: “Chiedo scusa, mi sono addormentato “ Risposi “ Peccato, allora non hai sentito la prolusione !”.
Mi rispose assonnato “ Poco male, sono venuto in sala per scaldarmi e per farmi un pisolino. Soffro d’insonnia e i discorsi di quel politico mi aiutano a prender sonno. ‘L mèt giù ‘n grant stüàa , grande importanza e alla fine non si capisce quel che vuole dire ”.
Aveva ragione. Pensandoci bene, del discorso di quel politico logorroico non m’era rimasto in testa nulla.
Ezio Maifrè

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