Cent’anni fa, il 25 Gennaio 1913 nasceva in un’abitazione di
Tirano, nell'attuale via Roma, l’indimenticata Maestra Renata Porta
nata Pesenti.
Era primogenita di cinque fratelli, figlia di Luigi,
valido cementista nativo di Tremezzo e di Francesca Flain, di chiare
origini trentine. La famiglia si trasferì ben presto lungo l’attuale
viale Italia, nell’ancora esistente bella villa che delimitava il
confine tra Tirano e Madonna ; o meglio- ricordando le sue parole
negli innumerevoli racconti- in quella che era la prima casa di Madonna,
con a lato il laboratorio paterno e un grande frutteto delimitato
dalle varie rogge che discendevano dal Poschiavino nella piana della
Fossola verso la strada dei Sciatt o ben oltre, giù, oltre i mulini e la
polveriera.Tra i compagni d’infanzia padre Camillo de Piaz – che era solito definire piccolo mondo antico la bella casa su quel viale dove, allora, la Ferrovia Retica sbucava all’altezza della via San Giuseppe per immettersi lungo il marciapiede destro, facendo sferragliare il tram, detto anche la bahn, sotto le finestre della futura Maestra che, nel 1918, fu colpita dalla terribile epidemia di spagnola.
Nei nitidi racconti narrava che il padre avesse avvertito l’allora medico condotto dottor Camanni, affinchè si portasse al capezzale, ed il padre restò scrutando la montagna di Baruffini poiché il dottore era lassù presso un paziente, rientrando tra le mura domestiche solo dopo avere visto le luci del calesse del medico fendere l’oscurità nella discesa dalle pendici del Masuccio verso Tirano.
La piccola sopravvisse egregiamente; non fu così per una sua compagna e vicina, una certa Amalia, credo Antamati, che fu purtroppo sopraffatta dal terribile male. Così raccontava della Tirano della sua infanzia, dove eccelse alle scuole di piazzale Credaro e, dopo i cicli di studio obbligatori, decise di intraprendere gli studi magistrali.
Scelta faticosa, poiché significava levarsi alle quattro, in piena notte, per una frugale colazione, lasciare casa e percorrere il viale praticamente immerso tra i campi, fino alla stazione dove partiva il primo treno per Sondrio, treno che raggiungeva in un tempo interminabile il capoluogo, ben prima però dell’apertura delle scuole. I rari studenti, quindi, soggiornavano per un’ora e oltre in un albergo ove studiavano e ripassavano in attesa dell’inizio delle lezioni. A termine scuola, il rientro a Tirano e così l’indomani, per tutto il ciclo di studi. Una vita dura, impensabile ai nostri giorni, sempre raccontata con saggia serenità. Con il diploma di maestra , negli anni '30, il primo incarico a Semogo. Raggiungibile da Tirano in un giorno, per cui obbligatorio il vivere lassù : unico divertimento, la discesa serale in slittino verso Isolaccia.
Inevitabile l’arrivo di Cupido: minuta e bionda, la giovane Maestra fece breccia nel tiranesissimo compianto pluridecorato Colonnello degli Alpini Guido Porta, allora Capitano. Sebbene li separassero diciannove anni di differenza fu matrimonio. Gli amici del futuro marito, raccontava, lo ammonirono benevolmente sulla differenza d’età: pronta fu la risposta dell’Alto Ufficiale che rispose con arguzia alla platea divertita l’è mei avecc’ una giuena an du’u che una vegia de par mi!
La Maestra non seguì mai il consorte nei tanti trasferimenti: con l’arrivo dei due figli Elisabetta e Franco rimase sempre nella loro bella villa costruita lungo l’Adda a nella loro Tirano: interruppe temporaneamente l’insegnamento fino al dopoguerra. Il conflitto aveva lasciato pesanti segni chè il marito fu fatto prigioniero a Pinerolo dai tedeschi dopo l’8 Settembre e subito internato in Germania, da cui rientrò nell’autunno 1945. Peraltro, sempre in quel periodo, i militari della Wermacht occuparono parte della casa tiranese. Ne raccontava con serenità e divertimento un aneddoto di quell’occupazione! Per non mancare di rispetto agli "ospiti", pensò bene di rendere le scale lustre di cera. Un gesto gentile che si rivelò fatale quando il tenente comandante, scivolò ruzzolando per vari gradini imprecando all’attentato! Per fortuna, subentrò poi un ufficiale d’altro stampo che – all’atto della partenza – lasciò una copiosa fornitura di carbone, indispensabile combustibile per il rigore del tempo.
E il tempo trascorse con il suo incedere tra eventi felici e tristi. Riprese l’insegnamento, Maestra di vita e Maestra nella vita in sedi tutt’altro che agiate, da Caprinale ove saliva con la decauville della Falck, ad altre, prima di concludere a Tirano la sua fertile carriera scolastica alla fine degli anni ’70.
Sopportò con rassegnazione la prematura perdita del marito rimanendo vedova a soli 50 anni e la prematura morte del figlio strappato giovane da un male senza scampo. Seppe sempre gioire degli eventi felici: le estati in Trivigno con il marito e i figli, l’arrivo dei matrimoni e dei nipoti, dei pronipoti, la compagnia delle amiche più care tra cui ricordo Lina Lucini de Campo, Ulrica Andres, Renata d’Oro Lambertenghi, Adriana Bana Personeni , il suo giardino e gli amati rosai .
Amava scrivere tanto lettere che i ricordi quotidiani: fu donna di cultura eccezionale. Era fonte inesauribile di ricordi ed aneddoti, narrati con solenne enfasi ed arguzia.
In quiescenza – si dedicò a tante piccole attività : legata da sempre al mondo Alpino, fu madrina della bandiera di guerra del nostro battaglione, il “Tirano”, in una solenne cerimonia militare avvenuta a Padova.
Si dedicò all’insegnamento della catechesi senza nulla pretendere. Curava con affetto ogni evento, piccolo o grande che fosse. Sapeva dare senza volere ricevere.
Per quanto ci abbia lasciato da quattro anni, felice e serena ultraottuagenaria, piace ricordarla oggi e ricordarla alla sua Tirano nel giorno del suo compleanno, quello che sarebbe stato il suo 100esimo, giorno ricco di luce come lo è stata la sua operosa esistenza.
Lorenzo Della Frattina
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