Gli ambientalisti scendono in campo per salvare uno dei parchi nazionali più antichi d'Europa, il più esteso dell'intero arco alpino: il Parco Nazionale dello Stelvio, che quest'anno avrebbe compiuto i suoi primi 80 anni di tutela delle valli del massiccio montuoso Ortles-Cevedale a cavallo tra Lombardia, Trentino e Alto Adige. Proprio il suo essere un territorio spartito tra una regione ordinaria e due province a statuto speciale è l'elemento su cui da cinque anni si è scatenata l'offensiva autonomista, per ottenere lo smembramento e la spartizione tra tre enti distinti sulla base del principio 'ciascuno padrone a casa propria'. Un'offensiva che era stata bloccata dal rifiuto dell'allora presidente Napolitano di sottoscrivere il decreto che avrebbe dovuto sancire la scissione già nel 2012, ma che ora rischia di arrivare al suo epilogo, con l'intesa sottoscritta l'11 febbraio e approvata nei giorni scorsi dal comitato paritetico tra Governo e Province Autonome, ora all'attenzione del Consiglio dei Ministri.
Ma un massiccio montuoso non può essere separato nelle sue componenti amministrative, e anzi in tutto l'arco alpino la vera sfida è quella di riuscire a governare in modo unitario un patrimonio di natura, paesaggio e cultura che è frammentato da ogni possibile confine. Per questo negli 8 Stati alpini da un ventennio è vigente un trattato internazionale di tutela, la Convenzione per la Protezione delle Alpi, che l'Italia ha ratificato con una legge che risale al 1999. Trattato, denunciano gli ambientalisti, che verrebbe fragorosamente violato dall'Italia nel momento in cui un parco nazionale dovesse perdere questo attributo per diventare un patchwork di aree provinciali, con una forte attenuazione delle tutele su ambienti che per 80 anni hanno goduto, almeno sulla carta, di una protezione pressocchè integrale.
Crediamo che una devoluzione di competenze e responsabilità a Regione Lombardia e Province Autonome sia desiderabile e possa condurre ad una gestione più snella, efficiente e vicina ai cittadini, ma il decentramento non deve avvenire senza le garanzie che la legge quadro sulle aree protette assicura a tutti i parchi nazionali. Il parco deve mantenere una unitarietà che consenta di qualificarlo come parco nazionale, e che produca gli atti fondamentali di tutela, come il piano e il regolamento, che valgano per tutto il territorio, con il presidio istituzionale del Ministero dell'Ambiente, anche a garanzia degli impegni che l'Italia ha assunto verso l'Europa per quanto riguarda i numerosi siti naturali di interesse comunitario presenti al suo interno: non è concepibile un parco in cui un gipeto o un camoscio godano di differenti tutele a seconda che si trovino in territorio lombardo, altoatesino o trentino!
Nell'appello inviato al premier due sono, in particolare, i punti che gli ambientalisti contestano.
- Il primo riguarda la soppressione dell'ente parco, sostituito da un comitato di coordinamento formato da 9 'saggi' che dovrebbero fornire indirizzi: un comitato privo di personalità giuridica, di personale, di bilancio (tanto da non poter nemmeno provvedere ai rimborsi per la partecipazione alle sedute). Quindi un salotto inutile e ininfluente, che certo non è un elemento di garanzia dell'unitarietà del parco: le associazioni chiedono che quel comitato sia dotato di personalità giuridica e di effettivi poteri per tutto quanto riguarda le funzioni unitarie del parco nazionale.
- Il secondo punto riguarda il venir meno degli strumenti fondamentali di governo di ogni parco nazionale: il piano del parco e il regolamento. Secondo l'intesa sottoscritta, questi strumenti dovrebbero infatti venir redatti in modo indipendente dai tre enti gestori, ciascuno per il proprio pezzetto di territorio, e solo in una fase preliminare il 'comitato di coordinamento' potrebbe fornire indirizzi e produrre una proposta di piano.
Ulteriore aspetto che le associazioni criticano è quello relativo alle risorse economiche: il Ministero dell'Ambiente infatti cesserebbe di fornire il contributo ordinario di funzionamento dell'ente parco, che verrebbe interamente assunto dalle province autonome, anche per la parte lombarda del parco (in Lombardia si trova quasi metà del territorio tutelato), di fatto creando una situazione di forte diseguaglianza. Gli ambientalisti chiedono che il funzionamento dell'ente continui ad essere una responsabilità nazionale, utilizzando le risorse delle province autonome per progetti di sviluppo territoriale a beneficio dei comuni del parco.
La de-nazionalizzazione del Parco dello Stelvio rappresenta un inaccettabile precedente, anche per la sua importanza e notorietà internazionale. In nessuna parte d'Europa ci risulta sia mai stato cancellato un parco nazionale; che ciò possa avvenire proprio in Italia, Paese già sotto osservazione da parte dell'Unione Europea per le sue numerosissime infrazioni del diritto ambientale comunitario, sarebbe un servizio davvero pessimo ad un Paese che di certo non ha bisogno di peggiorare la propria credibilità internazionale anche in questo campo.
CIPRA Italia, Italia Nostra, Legambiente, Mountain Wilderness, WWF, LIPU, ENPA, Touring Club
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