Tra sentir parlare di Marina, cominciare a fantasticare ed averne la passione fu un passo: presentai domanda per la frequenza dei corsi estivi (luglio e agosto del '39). In questo modo, inoltre, tenevo conto che il servizio militare si sarebbe ridotto, e di parecchio. Nell'aprile-maggio del '39 fui chiamato per la visita psico-attitudinale; tutto andò bene e fui accettato per il terzo corso estivo preliminare.
Nel maggio-giugno del '38/'39 supero diversi esami e nel luglio parto per l'Accademia e frequento i primi due mesi del 3° Preliminare Navale.
Nel settembre del '39 rientro in famiglia e studio per superare e completare gli esami del 3° anno nella sessione autunnale. Fino a maggio del 40 studio e riesco a dare quasi tutti gli esami del quart'anno (mi mancavano Elettrotecnica e Materie Giuridiche).
Allo scoppio della guerra, 10 giugno 1940, l'Accademia Navale di Livorno, ci riapre le porte e dopo un brevissimo corso, il Ministero della Marina ci nomina con il grado di Aspirante Sottotenente del Genio Navale; dopodiché sono assegnato all'Arsenale di Taranto.
In accademia passai la mia prima notte di prigione: alla mensa prima di mangiare, dovevamo entrare e metterci in posizione rigida sugli attenti, al proprio posto, fino a quando l'ufficiale di picchetto, entrato in sala, non si fosse seduto al proprio posto e non avesse dato l'ordine "Accomodatevi". Il mio posto mensa era in un tavolo vicino all'ingresso; non ero attento, probabilmente avevo la testa girata verso un compagno, così chéall'entrata dell'ufficiale di picchetto non ero in posizione regolamentare. Bastò uno sguardo per essere notato e partì l'ordine: "Sidoli in prigione". Addio mensa, addio cena, e notte sul tavolaccio.
Tra le altre belle trovate, in accademia vi era la rapidità del mattino. Dalla sveglia delle sei si avevano ventitré minuti di tempo per:
- la pulizia personale, barba compresa,
- rifacimento del letto, ben tirato, sennò scattava la consegna e si perdeva la libera uscita,
- indossare la divisa di lavoro
- essere schierati in cortile. L'ultimo arrivato, anche se nel tempo stabilito, era consegnato comunque, niente libera uscita al pomeriggio.
Altra buona punizione personale, era il giro di coffa del brigantino sistemato nel cortile, completo di alberi e stragli. Questo era la riproduzione della parte superiore di un veliero, sistemato nello spiazzo della caserma, riproduzione necessaria per le esercitazioni di routine. La punizione consisteva nel salire sul brigantino sotto gli occhi di tutti, salire in coffa da babordo e ridiscendere a tribordo; e questo per il numero di volte ordinato. -Tre giri di coffa, cinque giri di coffa... -
Altra cosa interessante per le punizioni di gruppo erano i giri di cortile. Alle dieci di sera suonava il silenzio e tutto doveva essere silenzioso e tranquillo nelle camerate; ma certe sere capitava che c'erano le avventure accadute in libera uscita da raccontare, o semplicemente rumore per ridarola di gioventù. Altre volte per cospirazioni. Accadeva così che in camerata, appena dopo il silenzio ci fossero parlottii anche fino alle due o le tre di notte.
Quando l'ufficiale di servizio si accorgeva che in una camerata il silenzio non era perfetto, accendeva la luce e scattava l'ordine: - Tra cinque minuti tutti in cortile e cinque giri di corsa.- Oppure dieci, a seconda dell'agitazione della camerata. Rapidamente ci si vestiva, scarpe camisaccio e calzoni, di corsa dalle scale in colonna. Scattava il comando "Di corsa". Il giro del cortile non era breve, era di circa mezzo chilometro quindi cinque giri voleva dire due chilometri e mezzo. Il ritmo cadenzato della corsa svegliava i dormienti delle altre camerate che comodamente distesi sghignazzavano per la fatica degli altri. Quello che era certo era che, dopo dieci giri e 5 Km di corsa, quando si ritornava in letto si dormiva. Una delle cospirazioni fu a danno della camerata vicina.
Ogni camerata aveva i propri lavandini e servizi. Il tempo a disposizione era poco per cui ai servizi ci si andava sempre di corsa e c'era da fermarsi, spingendosi un po’ davanti ai lavandini.
Una notte, l'ufficiale di picchetto fu controllato nei suoi giri, e un bel gruppo di noi, verso le cinque,insaponò ben bene il pavimento dei servizi della camerata vicina rendendolo il più scivoloso possibile.Alla sveglia delle sei, tutti di corsa ai servizi. Scivolate cadute e imprecazioni non si contarono, mentre noi gli autori ci godevamo lo spettacolo.
La conclusione fu che tutte le camerate, prima di iniziare il lavoro, si sorbirono 15 giri di corsa (7,5km).
a cura di Ezio Maifrè
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