Pier Angelo Lavizzari nacque a Lovero il 14 settembre 1679; discendente dalla nobile famiglia dei Lavizzari del ramo di Como si dedicò sin dalla giovane età agli studi di teologia e fu sacerdote in quel di Mazzo.
Tuttavia, i suoi studi non si soffermarono solo al vasto campo teologico, ma spaziarono in moltissime altre discipline tra le quali ricordiamo la storia, l’economia, la letteratura, la botanica fino ad arrivare ad attenti approfondimenti sull’agraria e sulla meteorologia.
Dunque, da queste prime affermazioni possiamo dedurre che il Lavizzari godeva di notevole ingegno intellettivo e tale capacità lo ha portato ad essere uno studioso che possiamo definire eclettico.
Fu allievo del famoso letterato veronese Scipione Maffei e oltre ai suoi vari studi intraprese numerosi viaggi che lo portarono a conoscere i grandi pensatori e letterati del suo tempo come egli stesso scrisse nella prefazione del volume “Cronaca del viaggio in Italia”; fu proprio durante questi viaggi che divenne amico del Vallisneri,del Cardinal Quirino, di Francesco Saverio Quadrio e di altre illustri personalità che lo introdussero in numerosi ambienti di cultura e di studio.
La sua personalità poliedrica lo portò ad analizzare i grandi cambiamenti che si stavano profilando nell’epoca in cui visse; guardò con grande interesse alla situazione del presente e del futuro della gente della Valtellina e da osservatore attento e meticoloso intravide le coordinate verso le quali si stava evolvendo la situazione sociale, economica e politica del tempo.
A testimonianza di quanto affermato esistono numerosi manoscritti, definiti anche Manuali, che trattano le tematiche sopra citate ed in alcuni casi ancor oggi queste testimonianze possono essere definite come dei moderni libri operativi contenti indicazioni, pensieri e constatazioni frutto di attenti studi e valutazioni sull’andamento della vita del tempo ed in previsione dei cambiamenti futuri.
In particolare, per quanto concerne la Valtellina, il Lavizzari intuì la grande importanza della terra quale fonte di sostentamento per la popolazione e fu convinto sostenitore della necessità di introdurre nuove tecniche di lavorazione e nuove culture al fine di ottenere prodotti qualitativamente migliori.
Diede per tanto il via ad una serie di esperimenti che realizzò nel giardino di casa sua così come cita il manoscritto dal titolo “Il genio agricoltore applicato nella casa di Mazzo”; pur essendo sostenitore dei prodotti tipici del territorio locale e delle valli alpine non disdegnò di aprirsi a quelle che per l’agricoltura della nostra terra erano delle assolute novità: sperimentò direttamente la coltivazione di ortaggi, fiori, piante da frutto ed erbe officinali provenienti da varie parti d’Italia ed Europa come per esempio i meloni,i melograni,i gelsomini i mandorli turchi,spagnoli e tedeschi fino ad arrivare agli agrumi.
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Nei suoi studi e nei suoi esperimenti legati all’agricoltura e alla botanica si denota un Lavizzari che vedeva e viveva la terra come una fonte di infinita bellezza e lavorava poiché le grandi risorse ricavate fossero per tutta la popolazione una fonte di sostentamento valida, anche se la nostra terra non era facile da coltivare e spesso non era sufficiente a soddisfare le necessità.
Ecco perchè nel manoscritto “Sopra l’orto degli erbaggi” si fa un invito a valorizzare tutta la terra disponibile alla coltivazione sfruttando con maggior vigore anche quei piccoli apprezzamenti direttamente adiacenti alle case i quali, secondo lo studioso, potevano essere oggetto di cure assidue e attente prestandosi egregiamente all’attenzione di culture diversificate.
Tra lo sviluppo di queste culture diversificate trovarono particolare menzione la coltivazione di piante ed erbe aromatiche per lo sfruttamento delle loro proprietà terapeutiche; infatti, il Lavizzari, nei suoi trattati, indicava accuratamente le caratteristiche scientifiche di ogni pianta, modi e tempi di coltivazione e successive modalità di utilizzo.
Dunque per gli “aromatari” del tempo, gli attuali erboristi, gli studi e gli esperimenti del sacerdote, che applicava la regola cistercense “ora et labora”, furono molto importanti in quanto quello che possiamo definire aspetto terapeutico non era sicuramente secondario nella vita del '700, poiché in quell’epoca remota vi era un grande stato di arretratezza della medicina e della farmacopea in genere.
In caso di malattia la popolazione faceva spesso ricorso ai rimedi tramandati di generazione in generazione oppure si rivolgeva agli aromatari che, nella maggior parte dei casi, erano proprietari delle cosiddette “spezierie”.
Attraverso i suoi continui studi il Lavizzari diffuse l’uso di svariati tipi di erbe e medicamenti; tra questi ricordiamo la “terriaca”, che era un medicamento proveniente dall’Oriente e che sembrava avere insuperabile efficacia nella cura di molti malanni.
Nel manoscritto “Memorie sperimentali”, l’autore si rivela un precursore dei tempi indicando le proprietà di diversi prodotti che ancor oggi trovano largo uso e sono considerati di sicura efficacia e in alcuni casi sono classificati come alternativi a quelli proposti dalla medicina tradizionale.
Tra questi si possono menzionare l’arnica, l’iperco, l’achillea, l’equiseto, il ginepro, la genziana e tanti altri ancora; la coltivazione ed il successivo utilizzo di queste piante o erbe sono state studiate dal Lavizzari con una perizia straordinaria dando, sempre attraverso i suoi manoscritti, molteplici modi d’uso e di applicazione come per esempio la preparazione di distillati, succhi, decotti, confetture, elisir e pasticche.
Ma in questa sorta di libro sull’uso terapeutico delle piante della farmacia del buon Dio, il protagonista non tralasciò lo studio delle umili erbe aromatiche che crescono senza particolari cure negli orti, come per esempio la salvia, il timo, il cerfoglio (o prezzemolo), la pimpinella ed il basilico chiamato anche ocimo dei botanici.
Dunque, a distanza di secoli, dobbiamo essere grati a questo studioso che attraverso i suoi viaggi in Italia e in Europa ha saputo portare tra i monti della nostra valle infinite conoscenze, soprattutto per quanto concerne il sapere in agricoltura e nella coltivazione delle erbe, tanto preziose per la salute di una popolazione che non poteva certo curarsi con le conoscenze della medicina moderna.
FONTE:Notiziario della Banca Popolare di Sondrio N° 102 dicembre 2006
Pier Angelo Lavizzari. Uno studioso eclettico che seppe guardare lontano
AUTRICE:Cecilia Paganoni – Studiosa di storia locale-
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