Caro Gesù Bambino
Mi chiamo Anna e vivo a Tirano. Vorrei tanto che in questo triste Natale mi portassi in dono una bambolina con cui giocare. Ma il mio più grande desiderio è quello di riabbracciare il mio papà che chissà dove sta combattendo questa brutta guerra. Non lo vedo da tanto tempo e da molti mesi non abbiamo sue notizie. La mia mamma è sempre molto triste e la nonnina, davanti al camino, cuce e dice il Santo Rosario; sai, prega per il povero nonno che dall’altra guerra non è più tornato e prega per te perché un giorno tu possa far tornare papà sano e salvo.
Ti ringrazio tanto Bambino Gesù e prego per te
La piccola Anna scrisse quella lettera su un pezzo di carta ingiallita dal tempo e la ripose in un piccolo scrittoio, in camera sua, confidando nell’amore del bambino di Betlemme.
Alcuni giorni dopo, la mamma la trovò e la lesse: un nodo in gola e poi un pianto lungo e sconsolato. Come poteva trovare i soldi per comprare quella bambolina alla sua piccola bambina dal grande cuore; lavorava per qualche importante famiglia di Tirano ma non era abbastanza. Occorrevano le medicine per la nonna sempre più malata, bisognava mettere d’accordo il pranzo con la cena, insomma, la miseria era tanta e quel marito costretto al fronte non poteva aiutare a tirare avanti.
Scese in cucina, guardò nel contenitore di latta: poche lire abbastanza per comprare un pezzo di carne per il giorno di Natale, l’unico giorno dell’anno in cui si mangiava carne e si gustava un buon brodo.
Vicino a quel presepe, che Anna aveva fatto con tanto amore la mattina di Natale, non ci sarebbe stata quella bambolina, ma solo qualche noce: povera piccola!
Nelle lunghe e fredde sere di dicembre, mentre Anna dormiva nella sua camera, quella mamma sconsolata continuava a pensare al marito lontano e a quella bambolina; decise di costruirla con le sue mani: prese un po’ di paglia, la legò con dello spago e le diede la forma; ritagliò qualche pezzo di stoffa e la vestì. Alla fine sembrava più un vecchio spaventapasseri che una soffice bambola da coccolare, ma doveva bastare.
Passarono i giorni e le lunghe notti, Natale si avvicinava. Una notte Anna non riusciva a prendere sonno: guardava il soffitto, era talmente freddo che vi si era formata la brina. Per la bambina erano tutte stelle e le guardava pensando e ripensando a quel papà lontano che nemmeno nel giorno più bello dell’anno sarebbe stato con lei a coccolarla davanti al fuoco del vecchio camino.
Le parve di vedere in quelle stelle di ghiaccio una stella cadente: sobbalzò sul letto e chiamò: Mamma!Mamma! Questa si precipitò nella camera: "Ho visto una stella cadente scendere dal soffitto, mi sembrava papà che lasciava il fronte per tornare da noi".
Povera piccola era tanto il desiderio di rivedere suo padre che perfino una goccia di gelida acqua la portava a pensare a lui. La madre abbracciò a lungo la figlioletta; insieme piansero nel silenzio di quella notte che sembrava non finisse mai.
La mattina, davanti all’umile colazione, Anna raccontò il fatto alla nonna che vide in quelle parole un triste presagio. La vecchina si chiuse in un silenzio impenetrabile, ma sembrava che persino i suoi occhi volessero gridare al mondo la paura per quel figlio.
In quel pomeriggio della vigilia soffici fiocchi iniziarono a cadere poco a poco. La piazza Parravicini si rivestì di bianco e la mamma, in quella sera di Natale, raccontò alla bambina come viveva il Natale da piccola; insieme misero un cestino vicino al presepe, con tanta speranza; e poi la bambina si coricò e si rimise a guardare il soffitto. Ancora una volta quelle stelle di ghiaccio sembravano voler raccontagli una storia, una bella storia di Natale. Si addormentò pensando alla letterina di Natale.
Intanto, nella cucina, il fuoco del camino si stava spegnendo. Fuori nevicava abbondantemente: ecco l’incanto della notte di Natale.
La nonnina sonnecchiava sulla panca davanti al focolare e la tristezza della mamma di Anna sembrava prendere il sopravvento guardando quella bambola nel cestino adagiata sulle noci.
Mentre pregava, guardava fuori dalla finestrella che dava sulla piazza. D’un tratto le parve di vedere una sagoma che a fatica si faceva strada tra la neve avvolta in un mantello nero. Pensò al peggio: il destino voleva che proprio nella Santa notte un messaggero portasse brutte notizie? Si sedette su una sedia; non ebbe il coraggio di guardare quella persona avvicinarsi, la paura era troppa. Mille pensieri, mille ipotesi: "Signore fa che non sia vero".
Poco dopo qualcuno bussò alla porta! Angoscia, magone, paura pervasero Agnese, ma prese il coraggio a due mani e aprì. Un uomo infreddolito, con un nero mantello e un vecchio cappello era sull’uscio. "Ma Agnese mia non mi riconosci più?" Solo la voce era rimasta quella di suo marito, per il resto la guerra lo aveva logorato.
Un lungo abbraccio seguì dopo quel momento, un pianto; delle gocce di luce nella notte buia irrigarono quei volti. "Ma sei ferito? Sì, purtroppo zoppicherò per sempre; è per questo che sono qui, non sono più buono per le armi!".
Si tolse quei vestiti inzuppati e dal mantello spuntò una bambola di pezza tutta nuova. "L’ho comprata per Anna con i pochi soldi che avevo e per te c’è questa piccola collanina; l’ho fatta io con le mie mani e ho voluto conservarla per questo momento. Sapevo che prima o poi ti avrei rivisto. Ora parliamo un po’! Non svegliare la mamma e la piccola; domani mattina avranno questo bel regalo di Natale".
Quella mattina Anna si svegliò più presto del solito; scese la scala accompagnando la povera nonnina; giunsero in cucina e davanti a quelle tazze di latte fumante la sorpresa: il regalo più gradito, seppur scarnito. Eccolo: Papà.
Anna non riuscì a crederci. Sgranò i suoi grandi occhi che si riempirono di lacrime e abbracciò il padre. Guardò nell’umile capanna di Betlemme e disse dentro di sé: "Grazie Gesù Bambino".
La nonnina dal canto suo non ebbe parole se non una grande commozione che sconfinò in una preghiera quasi ininterrotta alla Madonna di Tirano che aveva ascoltato le suppliche.
Anna vide la bambolina nel cestino; la prese e la coccolò. Non ne aveva mai avuto una.
Eccolo qui quel Natale del '42: una bella famiglia riunita che festeggia la nascita del Salvatore; una famiglia ritrovata che per un giorno ha dimenticato tutti gli orrori e la povertà. Poi domani si vedrà!
BUON NATALE!!!
Ivan Bormolini
- Storia
Storie del cuore.
Forse la consuetudine dei nonni e dei genitori di raccontare le belle storie o fiabe del " cuore " ai loro nipoti e figli dovrebbe ritornare alla grande. Una fiaba non vale forse di più di un giocattolo ? Il giocattolo presto si rompe ma il ricordo dell'amore dei nonni, di papà e mamma che, con carezze raccontano le fiabe, rimane per sempre.
e.m.
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