Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”.
Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi. Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù.
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In questi giorni c’è un verbo che continua a ritornare nei miei incontri: “rallentare”. Se ne parla al ritiro giovani, alla meditazione con i preti, con un paio di coppie di sposi, con un amico missionario…
“Rallentare” è un verbo prezioso, è un’ esigenza della vita cristiana che rischia di essere dimenticataanche nelle nostre comunità, che può essere travolta da mille scadenze, appuntamenti, riunioni e programmazioni… Dovremmo avere il coraggio di dircelo chiaramente: no, non vogliamo essere produttivi, efficienti e concorrenziali. Dovremmo avere il coraggio di fermarci, mettere al centro Colui che sta al centro e stabilire gerarchie chiare nella nostra vita.
Proviamoci, rallentiamo il ritmo, gustiamoci la vita, scegliamo l’essenziale.
Lo penso anche per questi ultimi giorni prima del Natale. Evitiamo di fare corse olimpiche per accaparrarci regali che ogni probabilità finiranno in fondo a qualche cassetto. Il regalo più bello è una passeggiata sulla neve, un buon libro, una birra in amicizia, una cena condivisa con calma…
Rallentare, dunque.
Oggi la liturgia ci invita a puntare la nostra attenzione su Giuseppe di Nazareth, un buon testimone di questo “rallentamento evangelico”. Mi piace pensare che il buon Dio, tra tutte le infinite possibilità che aveva a sua disposizione, abbia scelto il giovane falegname di Nazareth per essere il padre terreno di suo figlio. Mi piace perché ci fa scoprire che per essere collaboratori del progetto di salvezza di Dio non serve un dottorato in teologia o un premio Nobel per la pace.
Dio ha scelto Giuseppe perché ha un cuore grande, pronto ad accogliere lo stravolgimento dei propri progetti. Dio ha scelto Giuseppe perché è pronto a rallentare e a trovare il tempo per sognare, per riconoscere la Sua volontà nelle parole di un angelo.
Nel brano di Vangelo Giuseppe viene presentato come “giusto”. Penso che questa sua giustizia non stia tanto nella rigida osservanza della Legge che autorizzava il divorzio in caso di adulterio, quanto nel suo desiderio di non farsi passare per il padre del bambino, il Figlio di Dio.
Giuseppe scopre un piano, un progetto superiore a quello del matrimonio che si sta preparando a vivere con Maria, ed è per questo che vuole delicatamente ritirarsi da quella vicenda inondata dalla presenza di Dio.
Qui sta la sua giustizia.
Grande, grandissimo Giuseppe!
Coraggio, cari amici! Gustiamoci queste ultime settimane in attesa dell’Atteso. Scegliamo uno stile di vita sobrio, semplice, che ci faccia riscoprire la forza disarmante dello stupore, della fraternità, della preghiera. Mettiamo al centro la Parola, ritagliamoci momenti di silenzio, di ascolto, di incontro con l’Atteso.
Buona settimana
don Roberto
robertoseregni@libero.it
www.sullatuaparola.wordpress.com
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