L'archivio del portale di informazione e commercio INTORNO TIRANO (www.intornotirano.it)

Etichette

domenica 2 gennaio 2011

DELL'INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO E DELLA PERCEZIONE DEL RISCHIO

Tempo addietro una indagine condotta dall'Ufficio per la salute e l'ambiente dell' Organizzazione Mondiale della Sanità sottolineava come nella opinione pubblica non esistesse una chiara conoscenza della diversa gravità fra i rischi indotti dai molteplici agenti cancerogeni... (Di Franco Clementi)

Così le preoccupazioni per i campi elettromagnetici superavano di gran lunga quelle per gli ormoni usati come anticoncezionali o nella terapia post-menopausale o per gli scarichi dei motori diesel o per le radiazioni solari, sebbene queste ultime cause superino di gran lunga la potenzialità patogena dei primi che è pari a quella del caffè (del quale peraltro nessuno si preoccupa).

A studiare i meccanismi che inducono nella popolazione una tale distorsionesono intervenuti sociologi e psicologi che hanno identificato un certo numero di fattori, fra i quali, purtroppo, il ruolo della stampa e della televisione, che spesso hanno ingenerato equivoci invece di chiarezza, non solo nei dettagli dei risultati scientifici, ma sulle stesse regole fondamentali della scienza e della protezione.

  1. Il primo equivoco è nei termini stessi di "inquinamento elettromagnetico" o "elettrosmog", buoni per la presa giornalistica ma totalmente errati per la scienza perché portano a confondere e a mettere sullo stesso piano qualunque tipo di campo elettrico o magnetico, a bassa o alta frequenza, nonché qualunque sorgente o modalità d'esposizione.
  2. Il secondo equivoco è quello della "prova di innocuità", che la scienza per definizione non può fornire per nessun agente o attività , ma che invece è pretesa per le onde elettromagnetiche. Si sa infatti che qualsiasi espressione della vita contiene un rischio: se stiamo fermi, se ci muoviamo, se stiamo chiusi in casa, se usciamo, se andiamo a piedi o in macchina, se camminiamo sul lato interno del marciapiede o sul suo bordo esterno, niente è esente da rischi. Qualsiasi cibo, se non altro con l'andarci di traverso o con lo scatenare un'allergia ci può provocare danno. Provate a guardare il foglietto accluso ad ogni scatola di medicinali e ditemi se ce ne è uno che non parli di pericoli e di prudenza nel loro uso. La vita potrebbe essere definita "scelta fra i rischi". Per le onde elettromagnetiche invece la sicurezza deve essere "assoluta".
  3. Terzo motivo l'incompetenza di taluni personaggi che sui teleschermi vengono presentati come "esperti" sol perché, magari, sono professori universitari (e da vent'anni hanno lasciato la cattedra per fare i parlamentari o i ministri). Con tutto il rispetto: professore di che? Occorre esserlo della disciplina specifica ed essere aggiornati, prima di parlare.
  4. Quarto. Vige la regola che la buona notizia non fa notizia. Essa vale non solo per la stampa di informazione. Gli stessi scienziati son molto più propensi a presentare (e le riviste scientifiche a pubblicare) quei risultati di una ricerca magari affrettata, fatta su pochi elementi di valutazione ma che mette in evidenza un qualche effetto nocivo, piuttosto che quelli di uno studio lungo, paziente e metodico eseguito su larghi strati di popolazione, che non fornisce alcuna evidenza di eventi dannosi. A questa propensione contribuisce spesso anche il fatto che la scoperta di un qualche effetto che abbia rilevanza sulla salute attira più facilmente fondi per ulteriori studi.
  5. Quinta ragione. In momenti importanti e di fronte a dati importanti, che però vanno in senso contrario a quel che serve al giornalista, questi o li ignora o li riferisce in modo distorto e parziale. Esempio di colpevole silenzio: i risultati dei rapporti fra tumori cerebrali e uso di telefonini, a lungo invocati e particolarmente attesi dal pubblico. La pubblicazione in breve tempo di tre diversi, ponderosi studi che non fornivano alcuna indicazione di rischio per gli utenti dei cellulari non ha trovato il minimo spazio sui mezzi d'informazione. Esempio di parzialità: si può citare l'episodio relativo alle antenne della radio Vaticana (in questo caso, per alcuni, s'aggiungeva la particolare voluttà di parlar male dei preti… ). In una borgata nella immediata prossimità dell'impianto si ebbe un caso di leucemia. Si costruirono allora dati statistici sui quali si è molto insistito che parlavano di un aumento di sei volte del rischio della malattia, sottacendo che il risultato fondamentale della ricerca era che, valutando l'intera area, non si osservavano aumenti apprezzabili della malattia. Se si dovessero fare statistiche basate su un solo caso, ove avvenisse che un coniuge morisse di tumore, se ne potrebbe dedurre che nell'area del suo letto matrimoniale la mortalità è del 50%! Starne alla larga!.
  6. Sesto equivoco. La propensione alla informazione spettacolare che deprime ulteriormente la credibilità della scienza. Essa procura lettori e "audience" oltre a dare un'impressione di democrazia e di apertura al confronto, ma è inappropriata e pericolosa nel caso dell'informazione scientifica. Mi riferisco alla contrapposizione tra linee di pensiero diverse sostenute da squadre avversarie in un vero e proprio faccia a faccia, il più delle volte televisivo. Si ritiene in tal modo di realizzare una sorta di par condicio, offrendo, per principio, lo stesso spazio ai sostenitori di tesi opposte, qualunque sia la loro qualificazione e il loro ruolo; da un lato le massime autorità scientifiche del Paese, dal lato opposto soggetti di varia estrazione (avvocati, magistrati, rappresentanti di comitati rionali o dei consumatori o semplici cittadini) che dal confronto stesso acquistano credibilità e legittimazione.

Bisogna peraltro aggiungere che non sono solo i "mass media" a dare queste distorsioni dell'informazione. Oltre a tali messaggi diretti ne esistono altri, indiretti, che penetrano nell'opinione pubblica in modo più facile e rapido. Tra questi ultimi ad esempio le sentenze della magistratura, spesso interpretate dai cittadini come prove di nocività o innocuità. Ma vi rientrano anche le misure di precauzione ingiustificate: la rimozione di un'antenna per telefonia cellulare dal tetto di una scuola viene inevitabilmente interpretata come ammissione di pericolosità. Come pure le misure quasi maniacali per garantire nel modo più assoluto che le esposizioni siano sotto i valori che la legge definisce "cautelativi", contraddicendo di fatto questa stessa definizione e giustificano la convinzione da parte dei cittadini che i valori in questione costituiscano delle vere e proprie soglie di pericolo.

Addirittura le stesse leggi varate in nome della precauzione, se non giustificabili logicamente e scientificamente, possono portare alle stesse conseguenze negative. E' significativo a questo riguardo il decreto sui campi a radiofrequenze per i telefonini, che sembra avere esasperato preoccupazioni e proteste anziché sedarle.

Per ovviare a tutto ciò occorrerebbe:

  • creare nei cittadini un minimo di consapevolezza su che cosa è un rischio, rendere il pubblico partecipe dei metodi della scienza e in particolare spiegare che l'incertezza e la provvisorietà del dato, come pure la capacità dei ricercatori di rimettere in discussione i propri risultati e le loro valutazioni, sono elementi di forza e non di debolezza del pensiero scientifico.
  • Occorre infine avere a mente che le risorse di un Paese non sono infinite ed è delittuoso usarne una parte per dei risultati dubbi o per provvedimenti senza senso, trascurando priorità ben più urgenti in altri settori della stessa sanità. Per interrare tutti i cavi delle linee ad alta tensione (c'è chi lo ha richiesto) per allontanare il dubbio rischio dovuto ai campi elettromagnetici a bassa frequenza occorrerebbe spendere circa 100.000 miliardi. Siamo sicuri che la stessa somma non possa essere utilizzata meglio per migliorare l'assistenza ospedaliera, ridurre i tempi d'attesa per gli esami, investire nella ricerca scientifica?

Franco Clementi

Nessun commento:

Posta un commento