Nel 1820 venne incarcerato per aver partecipato alla rivoluzione napoleonica e successivamente, tornato libero, in occasione della cospirazione dell’anno 1821 venne eletto dalla scolaresca tra i capi del movimento.
Dopo l’esito sfortunato della cospirazione il Quadrio fuggi in Spagna con altri amici in quanto ricercato dagli Austriaci; in terra iberica si arruolò volontario in una legione straniera prendendo parte alla guerra per la libertà costituzionale. Durante questo periodo di belligeranza arrivò ad essere, in meno di due anni, un ufficiale, ma poi, ferito gravemente al braccio destro, dovette affrontare per un lungo periodo una vita stentata e penosissima.
Nel 1831 fu in Polonia e di nuovo soldato cadde prigioniero e venne nuovamente ferito, rischiando persino la fucilazione evitata per un soffio dal provvidenziale intervento di un diplomatico russo.
Nel frattempo il governo austriaco continuava a cercarlo perché, secondo l’accusa, era illegalmente assente, ma soprattutto perché era considerato un temuto cospiratore; nel 1834, spinto dal desiderio di rivedere la patria natia, tornò e si stabilì in Svizzera in quel di Poschiavo dove per vivere fece il maestro di scuola.
Grazie all’influenza di valenti amici che aveva ovunque, il Quadrio riuscì a sistemare pure i conti con la giustizia. Infatti, la condanna a cinque anni di carcere duro venne ridotta a sei mesi da scontare nel carcere di Porta Nuova di Milano da dove uscì nella tarda primavera del 1835.
L’anno successivo purtroppo scoppiò il colera e lui, oramai stabilitosi a Chiuro, sua terra di origine, con spirito di sacrificio e grande cuore si premurò di curare molte persone confortandole, dando loro consigli e generose oblazioni.
Dopo l’anno 1838, che lo vide impegnato attivamente nell’amministrazione comunale del suo paese, il Quadrio nel 1845 fu inviato ad assumere la direzione della casa di commercio Caccia di Milano e successivamente assunse la carica di direttore della società di navigazione a vapore sul Mediterraneo, con sede a Livorno. In mezzo a questo lavoro trovò anche il tempo per scrivere, su alcuni importanti giornali, articoli molto profondi che trattavano tematiche politiche.
Nel 1848 (I guerra di Indipendenza), trovandosi a Milano, prese parte attivamente agli avvenimenti memorabili che caratterizzarono quell’anno; come premio alla sua operosità ed essendo note le sue capacità militari,venne nominato dal Governo Provvisorio della Lombardia come Commissario di Guerra nelle zone di Valtellina e Valcamonica.
Nel frattempo, confermata essendo la propria patria di dominio austriaco, il protagonista fu di nuovo esule in Svizzera con Mazzini e altri importanti personaggi. Nel 1849 fu in Toscana dove, a rivoluzione avvenuta, venne eletto segretario nel Governo Provvisorio di Firenze.
In questo caso ebbe l’incarico di reggere il Ministero di Guerra; tuttavia, sembratagli non troppo ardita la politica del capo del Governo Guerrazzi, lasciò l’incarico e si trasferì a Roma, divenendo segretario del Triunvirato. Dopo la caduta la Repubblica Romana sotto, le armi dei francesi, fece nuovamente ritorno in Svizzera continuando il suo lavoro di pubblicista infaticabile. Passò da Losanna a Londra, per poi giungere di nascosto a Milano e successivamente a Genova.
In questo suo vagare, tenendo alta la visione di un‘Italia unita, ebbe sempre rapporti strettissimi con il Mazzini che veniva considerato un maestro di grandi ideali; arrivò persino a salvarlo da un tentativo di assassinio.
A Genova tra il 1855 ed il 1857 Quadrio iniziò la sua collaborazione con i giornali l’Italia e Il Popolo. Fondò lui stesso i giornali Dio e Popolo, Pensiero ed Azione; nello stesso tempo molti periodici democratici, quali l’Emancipazione, Il Dovere e l’Unità Italiana, si contendevano i suoi scritti.
Scese poi a Napoli, dove fu elemento principale della sfortunata spedizione di Pisacane; tornò presto a Londra dove continuò l’opera e la diffusione del suo pensiero con altri patrioti fino a che, nel 1859, giunse nuovamente in Italia dove prese parte a tutte le travagliate evoluzioni dell’epoca, esponendo il suo pensiero su periodici importanti, onesti e liberali.
In quel periodo fu in Sicilia dove, sotto le spoglie di un commesso viaggiatore, ebbe modo di preparare il terreno alla leggendaria Spedizione dei Mille (alla quale non partecipò) assieme a Rosolino, Pilo e Crispi.
Si mise nuovamente in viaggio per L’Italia e dalla sua grande penna uscirono articoli di grande spessore culturale; nel 1870 fu a Roma ed aperta la breccia di Porta Pia fondò il giornale Roma del Popolo;nel 1873 dopo la morte di Mazzini fu chiamato con Saffi e Campanella a rappresentare la democrazia italiana. Ne accettò l’incarico con vigore e scrisse un grande programma che è rimasto uno dei monumenti principali del grande patriota di Chiuro.
Oramai vecchio e stanco fonda e dirige, nel 1873, la scuola Mazzini e dopo pochi anni, nel 1876, sentendo vicina la fine di una vita valorosa, scrisse una sorta di testamento morale che recita:
“Desidero che il mio sepolcro, umile quanto fu la mia vita, porti questa semplice epigrafe:
“Maurizio Quadrio, nato il 2 novembre 1800, morto... Dichiaro di voler morire nella religione insegnata dal Santo Maestro Giuseppe Mazzini; aspettando che la generazione crescente affretti il giorno in cui l’Italia renderà piena giustizia al suo apostolo ed educatore Giuseppe Mazzini.”
La notte del 13 febbraio 1876 questo grande luminare benefico, come ebbe modo di dire Garibaldi, spirò a Roma assistito dalla famiglia serrando queste poche ma importanti parole:
“Dite che io muoio credente in Dio, in Mazzini e nel dovere e che tutti comprendano tutta la sua fede politica e religiosa.”
Dopo la sua morte e per un lungo periodo il nome di Quadrio si ripetè in Italia con molta frequenza poiché giornali di ogni colore e appartenenza ne tessero gli elogi ammirandolo come uno dei più grandi e costanti apostoli dell’italiana indipendenza.
Ivan Bormolini
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