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sabato 5 febbraio 2011

DELLA VECCHIEZZA

Una riflessione sulla trasformazione del valore della vecchiaia. (Di Franco Clementi)


Il grande Marco Tullio Cicerone, all'età di 62 anni (non pochi per i suoi tempi) scrive un breve trattato ove confuta, da par suo, le accuse che si fanno alla vecchiaia:

  • " La vecchiaia distoglie dalla vita attiva": ma da quale? Forse da quella che richiede muscoli, non da quella della mente.
  • " La vecchiaia indebolisce il corpo". Sì, ma l'anziano non desidera le forze d'un giovane, così come il giovane non pensa di poter usare le forze d'un toro o d' un elefante.
  • " La vecchiaia priva di ogni piacere": certo, dai piaceri che nascono dalle passioni più torbide e sfrenate, non dalle gioie generate dalla serenità dello spirito, dalla contemplazione della natura.
  • " La vecchiaia non è lontana dalla morte" Ma è ben miserabile colui che nella sua lunga vita non abbia imparato a disprezzare la morte, che non è da tenere in alcun conto se spegne l'anima, mentre è addirittura da desiderare se la consegna all'immortalità.

Certamente Cicerone viveva in un'epoca, (durata peraltro poi fin quasi ai giorni nostri) nella quale alto era il rispetto per coloro che più erano avanzati in età. Anche se attraversata da vicende talora drammatiche la società d'un tempo era piuttosto statica nel cambiare mentalità e costumi ed in essa il rapporto fra giovani e vecchi si manteneva pressoché costante. Una volta le persone di maggiore età, assai meno numerose di quelle delle generazioni attuali, venivano considerate le più ricche di saggezza e di equilibrio per il più alto numero di esperienze vissute:

  • in caso di crisi avrebbero raccontato come avevano fatto a superarle in passato;
  • davanti a proposte di idee strampalate e stravaganti avrebbero portato il buonsenso;
  • nei momenti di pericolo e di paura avrebbero consigliato la calma.

Anche nella vita militare del resto è noto quale sia stato il rapporto tra i "veci" e i "bocia"
Per questo in tutti i popoli un tempo l'organo esecutivo di governo era rappresentato da giovani su cui vigilavano gli anziani (nella Roma antica il "senato" consultato dai consoli).

Ma noi contemporanei siamo capitati in un secolo in cui fenomeni diversi, come la libertà dei costumi, le rivoluzioni tecnologiche, l'emancipazione della donna, la scomparsa dell'analfabetismo, la facilità degli scambi e delle comunicazioni, l'allungamento della vita media si sono succeduti in modo così frenetico e convulso da sovvertire valori che si credevano perenni e indiscussi.

Da un lato si è verificata una marcata svalutazione del valore dell'esperienza che era il
primo titolo delle generazioni anziane e che ora è divenuta assai spesso inservibile. Così, ad esempio, a nessun genitore d'oggi per educare i figli può essere utile il modello usato dai suoi avi, che pure era stato tenuto per buono lungo secoli e secoli. Noi padri l'educazione dei nostri figli ce la siamo dovuta inventare di sana pianta. E per giunta già intuiamo che a nostra volta non possiamo suggerire ai nostri figli il frutto delle nostre "invenzioni" per allevare i nipoti.
Parimenti nei rapporti fra marito e moglie, fra insegnante e discepolo, fra padrone e dipendente solo uno scriteriato anacronista potrebbe comportarsi seguendo i costumi dei tempi passati. Nell'eventualità d'una guerra nessun generale moderno potrebbe attenersi all'esperienza di un conflitto passato, pensando alle cariche della cavalleria che per millenni hanno deciso la sorte delle battaglie.. Persino alla pastorale dei sacerdoti, che pure prende vita da precetti considerati stabili ed eterni, si richiede un approccio nuovo, più spigliato ed accorto.

Dall' altro lato, per il parallelo fenomeno dell'allungamento della vita naturale e del decremento della natalità,si è ribaltato il rapporto fra il numero dei giovani e quello dei vecchi.
Entro pochi anni il numero degli ultra-sessantacinquenni pareggerà il resto della popolazione. In pratica, gli anziani, se han perso in parte la attendibilità delle loro esperienze, hanno recuperato influenza con il loro più alto numero. (Basti pensare che degli ultimi cinque Presidenti della Repubblica italiana ben quattro sono stati nominati ultra-ottantenni. Invece di studiare i "Padri della Patria", in futuro ne studieremo i "Nonni"…).

Ora le caratteristiche della terza e quarta età pur con le debite eccezioni sono:

  1. un difficoltoso approccio alle nuove tecnologie. Spesso "computer", telefonini, play-station e altre strumentazioni moderne sono viste con disagio dagli anziani, e il non saperle usare equivale ad un analfabetismo di ritorno;
  2. una tendenza a lasciare le cose come stanno per tenerle sotto controllo con le conoscenze già maturate e non ulteriormente arricchibili. Si dice che si nasce incendiari e si finisce pompieri, da rivoluzionari ci si trasforma con l'età in conservatori, da fieri anticlericali si diventa bigotti "baciapile". C'è chi dice maliziosamente che tutto ciò accade per la caduta di qualche ormone, o per l'arteriosclerosi che interrompe qualche circuito cerebrale. Al di là delle scherzose ipotesi, più probabilmente il fenomeno si verifica perché a una certa età i cambiamenti dànno fastidio, si vuole vivere in pace bastando già gli acciacchi della salute a dare la razione quotidiana di preoccupazioni.

CONCLUSIONI

Da una società governata dai giovani e moderata dai vecchi si è passati ad una società governata dai vecchi con pochi giovani da lanciare nel futuro. Il dubbio è che mentre gli uni tendono al ""diritto acqusito" e a fare finte riforme che lasciano tutto come prima, gli altri seguono il progredire delle tecniche che modifica continuamente i modi del vivere quotidiano: Da tale contrasto nasce probabilmente una delle cause del disagio e del sottile senso d'insoddisfazione delle società moderne.

Ma cerchiamo di essere ottimisti: l'umanità ne ha viste ben altre e forse supererà anche questi squilibri. Probabilmente tra qualche secolo i nostri attuali dubbi e le nostre incertezze saranno considerati solo come una delle tante malattie di crescenza. In fondo la svalutazione dell'esperienza dei vecchi vale solo per le cose pratiche e concrete, mentre la loro saggezza permane in quella che vien chiamata la "filosofia di vita", nella valutazione d'insieme delle cose del mondo, mentre d'altro lato la tecnologia dei giovani non può spegnere in loro l'innata capacità di progettare e, soprattutto, di sognare e di volare…

Franco Clement
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