Amico mio, ascolto volentieri le tue accorate parole che faccio mie. Ti ascolto volentieri poiché ambedue ricordiamo i nostri padri che andando nei boschi, avevano sempre in tasca il “rampelì “ e quando passavano nei sentieri con un colpo qua e un colpo là tagliavano le frasche che davano fastidio al passaggio. Pietra su pietra facevano il muretto dove a loro appariva pericolo di rovina. Raccoglievano i rami secchi, facevano fascine per bruciare nella “pìgna economica“, rastrellavano il “falècc“ per i loro animali. Allora il mirtillo non era soffocato dalla foglia e da rami caduti e dava frutto. Insomma con perizia tenevano il bosco pulito e noi figli di quei padri ne abbiamo in parte seguito l’esempio. Non così i nostri figli.
Ora facciamo progetti edilizi grandiosi per goderci la montagna, ma tralasciamo le cose, piccole, banali ma che sono il cuore della montagna. Siamo come dei signori benvestiti, ma se guardiamo per il sottile abbiamo la canottiera bucherellata dalle tarme e le “tarme” stanno mangiando il territorio.
Chi di noi passeggiando nei sentieri in cerca di pace, di frescura oppure di funghi non ha mai notato un generale abbandono del bosco? Ci assale una triste considerazione quando osserviamo lo stato di cura delle nostre belle case di montagna e poco oltre insiste un bosco che la natura ha riempito di sterpaglie che soffocano sul nascere pini e abeti e portano grave pericolo d’incendio. I nostri boschi orobici e retici appaiono poco sfruttati e molte volte abbandonati. Forse uno dei motivi è che tagliare legna dalle nostre parti è poco remunerativo, un altro che alcuni nostri boschi sono poco accessibili e le imprese attrezzate alla bisogna sono poche. Vediamo giungere il legname dalla Svizzera, dall’Est Europa mentre gran parte dei nostri boschi è praticamente inutilizzato. La causa probabilmente è da addebitarsi ai costi troppo alti per il ricupero del legname e alla concorrenza del legname che arriva dall’estero. E’ naturale che le segherie preferiscano rifornirsi da chi vende a prezzi inferiori.
Tra i motivi per cui il nostro legname è assai poco competitivo rispetto a quello proveniente da altri paesi v’è anche l’estrema parcellizzazione delle proprietà boschive. I piccoli proprietari non possono permettersi grosse attrezzature, se va bene hanno un trattore. Sovente c’è anche la difficile accessibilità dei siti per cui servirebbero, per il ricupero del legname, teleferiche, gru e anche elicotteri.
E’ probabile che una gestione congiunta di vaste aree boschive porterebbe dei beneficiper lo sfruttamento e per la salvaguardia del patrimonio boschivo. Il problema è generale, annoso e non di facile soluzione. Verrebbe da dire:lasciamoli così i nostri boschi, in un disordine naturale come sovente fanno nei parchi Svizzeri. L’albero cade, marcisce sul posto ed è humus per il bosco. Attenzione però, i nostri boschi non sono parchi, sono accessibili a chiunque.
Altra soluzione: ognuno si pulisca i propri boschi come facevano i nostri vecchi. Sappiamo però, che al giorno d’oggi molte cose sono cambiate. In molti casi non sono più le persone che, con la loro forza, trascinano i tronchi, ma sono i tronchi che trascinano le persone che sono inesperte e incorrono anche in infortuni mortali. V’è poi l’antico proverbio “ la téra l’è bàsa! “ che si adatta a molti dalla schiena diritta che non raccolgono nemmeno la propria bottiglietta di plastica dopo il week- end nel bosco.
Aldilà di tutto questo, una soluzione a lungo andare va trovata. Siamo andati sulla luna, i robot hanno calcato il suolo di Marte, la sonda Voyager è nello spazio siderale, ma in Valle il bosco langue. Voi che ne pensate? Quale soluzione proporreste?
Ezio Maifrè
(Fotografie di Eugenio Danise)
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