Un gruppo di camperisti transita sull’unico marciapiede di Via S. Giuseppe , all’altezza della segheria Ghilotti quando sento il grido di una signora che urla “ Gabriél iùtum, pòta, pòta, u schisciàa ‘n vérum nìgru schifùs “ Una voce maschile risponde: Ròsa, pòta , pòta, te pestàa ‘na mèrda ! “ Il gruppo di colpo si arresta nel campo minato. Tutti si guardano le suole delle scarpe, ma la signora sembra l’unica che ha calpestato “ l’odigno puzzolente “ . Proprio così; l’enorme cacca canina ha invaso la suola dello scarpone destro. Sono sul balcone di casa mia e la mia curiosità si fa vivace . Lentamente mi avvicino al gruppo, che con circospezione ispeziona il territorio minato schivando altri “ordigni“.
Percorrono zigzagando circa 30 metri giungendo tutti indenni innanzi casa mia. Qui la signora giuda il compagno Gabrièl all’opera certosina che, chinato sullo scarpone con un legnetto, cerca di togliere il residuato. La signora in equilibrio precario su una gamba si lamenta dicendo “pòta , poerèta mi, sül trenu del Bernina i sentirà l’udùr de mèrda “. Gabriél dopo qualche tentativo con la faccia schifata mi dice: “ c’è acqua da queste parti?“ . Certo, rispondo. Toglie lo scarpone alla sua compagna e lo porta nella fontanella del mio giardino. Lava a puntino la suola, poi fa calzare lo scarpone alla signora e mi ringrazia. Di nulla, dico io. Grido alla signora ormai lontana: dalle nostre parti si dice che calpestare una cacca porta fortuna. ” Lei mi risponde con braccio teso “ pòta, pòta , grazie sciur, ‘ncöö ‘l sarà ‘n gran bèl dì furtunàa perche la mérda l’éra bèla gròsa , pòta, mai vedüda iscì gròsa a Bèrghem ”. Tutto tace per circa un‘ora quando odo ancora vociare. Guardo dalla finestra e la storia si ripete, ma questa volta il “ fortunato “ è un tiranese . E’ fuori dalle ”asce “ e sfoggia tutto il suo repertorio dialettale di termini forti contro i possessori di cani che non raccolgono le reliquie dei loro amati.
Ezio Maifrè
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