Al fine di governare la Valtellina secondo le leggi emanate dalle Tre Leghe, i Grigioni inviarono nei nostri territori sei funzionari che rimanevano in carica per due anni.
Fino al 1603 questi “uomini di potere” furono eletti direttamente dalla Dieta, poi la loro designazione divenne compito dei Comuni retici, che a rotazione e seguendo un preciso turno, sceglievano i nuovi emissari Grigioni da inviare presso le nostre terre.
Il Governatore o Capitano generale, che aveva residenza a Sondrio, era il più alto rappresentante delle Tre Leghe in Valtellina, teneva rapporti tra la Provincia e il Principe, comandava la milizia valtellinese, sorvegliava l’ordine pubblico, curava con attenzione che i decreti dello Stato venissero applicati ed assisteva alle sedute del Consiglio di Valle.
Tra i suoi compiti vi era anche quello di amministrare la giustizia civile e criminale nel terziere di mezzo e visto il suo potere aveva facoltà ,laddove ne sussisteva la reale necessità, di far eseguire arresti anche negli altri terzieri.
Un’altra figura di rilievo all’interno dell’amministrazione dei Grigioni in valle fu senza dubbio quella del Vicario: anch’egli residente a Sondrio si occupava dell’amministrazione della giustizia in tutto il territorio.
Il Vicario, definito da molti come un vero e proprio giudice criminale, estendeva la sua giurisdizione su tutti i processi penali ed in particolare nessun giudice poteva emettere “pene di sangue” senza aver sentito il parere del Vicario.
Questa figura, dopo il 1639, veniva scelta dal Consiglio di Valle tra una rosa di tre soggetti esperti di diritto proposta dalle Tre Leghe. Una volta in carica, il Vicario sceglieva il suo Assessore mediante una lista di cui facevano parte tre giuristi valtellinesi, questa volta sottoposta alla sua attenzione dal Consiglio di Valle.
In tutti i casi penali di rilievo il giudice ordinario convertiva in sentenza il voto del Vicario stilato di concerto con l’Assessore valtellinese; in assenza di questo voto o senza l’intervento personale del Vicario e dell’Assessore nessun giudice poteva procedere alla tortura di colui che era stato giudicato colpevole di reati penali.
Sia il Governatore che il Vicario al momento di entrare in carica presentavano le credenziali al Cancelliere di Valle e giuravano nelle sue mani l’osservanza degli Statuti di Valtellina.
Tra le altre importanti figure che le Tre Leghe inviavano nel nostro territorio vi era quella dei Podestà: questi erano quattro e svolgevano le loro funzioni direttamente nelle giurisdizioni di Tirano, Teglio, Morbegno e Traona.
Ai Podestà era affidato il compito di amministrare la giustizia civile e quella criminale in collaborazione con il Tribunale e come abbiamo visto con il Vicario. Entrando in carica, i Podestà giuravano l’osservanza degli Statuti in mano al Cancelliere delle rispettive giurisdizioni.
Tanto i Governatori quanto i Podestà, a loro volta, sceglievano uno o più Luogotenenti, solitamente valtellinesi, con il compito di assisterli come consiglieri e di supplirli durante la loro assenza.
Le funzioni di polizia erano affidate ai Cavalieri e ai Fanti detti anche “sbirri” mentre un’altra inquietante e sinistra figura era rappresentata dal Maestro di Giustizia che aveva il compito di procedere alle esecuzioni capitali.
Allo scadere del biennio in cui rimanevano in carica questi funzionari, i Grigioni inviavano nei nostri territori la cosiddetta Sindacatura, ovvero una commissione di Stato con pieni poteri composta da un Presidente e otto membri.
Questa commissione aveva il compito di insediare i nuovi Ufficiali, riceveva il rendiconto da quelli che lasciavano la carica ed infine esaminava i reclami dei sudditi prendendo eventuali decisioni sulla base dell’importanza del reclamo posto alla loro attenzione.
Gli stipendi degli ufficiali erano a carico dei nostri con valligiani. Nel 1603 prese vita una riforma e per ovviare agli abusi nell’acquisto degli uffici: ad ogni ufficiale venne affidato un Cancelliere Grigione con funzioni anche in campo fiscale; questa nuova figura, oltre a redigere le sentenze penali, sottraeva all’ufficiale la funzione di esattore delle entrate dello Stato Grigione.
Ma l’insieme di queste figure che si occupavano di economia e di giustizia garantivano realmente gli interessi dello Stato Grigione e, in particolare, in campo amministrativo,sapevano far si che le tasse pagate dai sudditi avessero un ritorno sul territoriosottoforma di opere e altro?
Per dare una risposta a questa domanda iniziamo ad analizzare la situazione dell’imposizione fiscale: va osservato che in campo tributario vi era effettivamente disparità tra Retici e Valtellinesi; tuttavia l’imposizione fiscale non gravava in modo pesantissimo sui sudditi.
Le autorità d’oltre Bernina, infatt,i fecero ricorso quasi esclusivamente ai dazi di confine, ritenuti di competenza dei sovrani, ma non peccarono comunque in misura esosa nella misura della tariffa; a tal proposito il Biagiotti, che rimane uno dei maggiori studiosi di storia economica, parla di “sostanziale levità” e di “tenuta della percentuale”.
Al di là di tutto questo esiste però un dato fortemente negativo che andava a penalizzare la vita dei sudditi: il dato negativo è riconducibile ad una cosiddetta mancata socializzazione dei tributi ovvero il mancato ritorno verso la popolazione che li versava.
In pratica, le tasse pagate non venivano reimpiegate in pubblici interventi presso i nostri territori: di fatto non c’era nessun investimento in opere pubbliche specialmente a livello infrastrutturale e sociale.
Sotto il profilo dell’amministrazione della giustizia va detto che i Grigioni non si dimostrarono capaci di governare con serietà, competenza e imparzialità.
In questo settore la corruzione dei giudici era una cosa comune e la loro inaffidabilità divenne un a normale consuetudine; ma la colpa non era solo dei giudici: non è forse vero che dove ci sono i corrotti esistono anche i corruttori? E chi erano i corruttori al tempo dei Grigioni?
Certamente i corruttori non erano i rappresentanti del popolo minuto ovvero i contadini, ma i cosiddetti valtellinesi ricchi, ossia quella minoranza, che, data la disponibilità finanziaria, potevano raggiungere i popri fini adottando vie illegali come la corruzione di un giudice che ben pagato poteva dar ragione a chi aveva torto.
A fare le spese di questo sistema giudiziario erano proprio quei cittadini comuni che subivano i soprusi e verosimilmente pagavano per le colpe di pochi.
Ivan Bormolini
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