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giovedì 26 maggio 2011

LE MEMORIE DI FAUSTO SIDOLI: "UNA TREMENDA ESPLOSIONE SCONQUASSA IL NOSTRO SCAFO"

[PARTE 28] Siamo ai primi di giugno del 1943. Altro ordine per noi: rientrare a La Spezia...

Si naviga di notte, ed al mattino, con leggera foschia, vediamo le coste dell'Italia e verso mezzogiorno entriamo a La Spezia. Le operazioni di attracco richiedono poco tempo ed alle quattordici siamo ormeggiati al molo sommergibili.
Il Comandante, l'ufficiale di rotta e quasi tutto l'equipaggio sbarcano; io resto di guardia a bordo con un nocchiere e due marinai. In rada vi è tutta la flotta da combattimento, le quattro corazzate: Roma, Impero, Littorio e Vittorio Veneto, due 26.000 t. e svariati incrociatori e caccia.
Sono distribuiti nelle varie cale e calette dall'ampio golfo di La Spezia.

Siamo intenti a riordinare il battello quando un colpo secco d'artiglieria richiama la nostra attenzione: si sale in torretta e dalla plancia vediamo che i vari pezzi contraerei delle grosse navi stanno aprendo il fuoco. Non vediamo niente.
Ormai tutti pezzi contraerei delle grosse navi sono a tiro rapido sopratutto si odono i colpi secchi dei pezzi da 90; subito dopo si unisce la contraerea dei forti dislocati sulle altureche contornano il golfo. Non riusciamo ancora a distinguere niente.

Finalmente vediamo in cielo le prime nuvolette delle esplosioni della contraerea. Sono proprio contro il sole e finalmente distinguiamo anche le formazioni aeree, che sono a quota per noi iperbolica. Abbiamo montato in plancia la nostra mitragliera da 13,2 mm, ma raggiungere gli aerei che sono grosso modo a 7000 metri di quota è per noi impossibile. La nostra gittata è sui 1500 m.
Intanto cominciamo a vedere anche ad occhio nudo il nugolo di grosse bombe che scendono dal cielo: le esplosioni, anche a contatto della superficie del mare sono numerosissime e sollevano colonne di acqua, vicino alle navi prese di mira. Molte bombe finiscono su terra ferma ed allora sono nuvole di terra e fumo che si sollevano. Da quanto saputo poi, era una formazione di un centinaio di Liberator in attacco con la luce del sole alle spalle. Le bombe scendono a grappoli, cosa possiamo fare? Ritengo che una nostra difesa può esser quella di mettere il battello in affioramento per meglio proteggerlo dalla eventuale caduta di bombe su di noi. Tutte le bombe esplodono a contatto della superficie del mare, e lo strato di acqua può proteggere lo scafo.

Scendiamo in camera di manovra e chiuso il portello mi accingo a far scendere il battello sul fondo, quando una tremenda esplosione sconquassa il nostro scafo. Il pagliolo sprofonda e ci troviamo storditi e confusi in sentina. Riusciamo ad accendere una luce di sicurezza. Le varie manovre sono distrutte, molti cavi sono penzolanti, e tutti abbiamo abbondanti tracce di sangue. Faccio salire il più giovane verso il portello della torretta per guardare all'esterno. Ma il portello non si apre che per una piccola parte e sembra bloccato dall'esterno. Saliamo sulla scaletta ed in tre cerchiamo di sollevarlo, riusciamo solamente ad aumentarne l'apertura. Il più magro si infila nello spazio, e con i suoi contorcimenti e con le nostre spinte riesce ad uscire.

La prima notizia che ci comunica è che il battello sta affondando, poi che la mitragliera e le cassette di munizioni si erano accatastate sul portello e ne impedivano l'apertura. Il primo lavoro che compie è quello di spostare la mitragliera e le cassette di munizioni.
Aperto il portello, ordino al nostromo di salire anche lui in torretta e con il marinaio già salitodi lasciare il battello e di andare a riva.

Ora sono in camera di manovra con il terzo marinaio, che è quello più scosso. Faccio fatica a farlo salire in torretta, ed assieme a lui mi ci reco anch'io. Poi lo incito perché salga in plancia.Ma l'azione del bombardamento, l'infernale fuoco antiaereo, le micidiali esplosioni delle bombe ne hanno provocato un parziale cedimento dei nervi, cosicché non vuol salire. Da parte mia non posso lasciare un uomo dell'equipaggio a bordo dopo di me. Salgo in plancia, obbligandolo a salire la scaletta, ma giunto con la testa a livello del portello, non si sente più di salire e rimane fermo con la testa fuori ma tutto il corpo dentro lo scafo.

Intanto il battello sta affondando, la coperta è ormai sott’acqua, sporge solo la torretta. Ed il bombardamento continua, ed il rombo delle artiglierie contraeree è assordante. Non lo posso lasciare assolutamente, e chiamando a raccolta tutte le mie forze, lo afferro per il bavero della tuta, riesco di peso ad estrarlo dal portello e a spingerlo verso la scaletta che da in coperta, coperta che é già sotto il livello del mare di una spanna e gli ordino di andare a riva correndo verso prora. Io intanto mi fermo per la chiusura del portello che faciliterà l'eventuale immissione di aria compressa per l'eventuale recupero.
A mia volta mi precipito in coperta e corro con l'acqua a mezza gamba verso prora. I primi due, il nostromo ed i marinaio, sono distesi sul molo e le loro braccia si tendono verso il marinaio, che ormai è quasi tutto in acqua e lo sollevano di peso, poi arrivo anch'io, ormai tutto sommerso e le loro braccia afferrano le mie mani tese verso di loro e mi issano di peso sul molo...

A cura di Ezio Maifrè

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