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martedì 20 dicembre 2011

EQUITÀ, QUESTA SCONOSCIUTA

20 dicembre 2011 - La parola equità è ormai sulla bocca di tutti. La corteggiamo, la facciamo nostra, l’usiamo in ogni momento... (Di Ezio Maifrè)

In particolare risuona monotona sulla bocca di tanti, in particolare in questi ultimi tempi dove le varie manovre finanziarie sembrano susseguirsi e rincorrersi come veloci macchine in un autodromo. Equità, equità, si sente gridare dagli scranni dell'arena parlamentare, ma chi dirige dietro le quinte alza lenta la mano con il pollice in alto e poi di scatto lo gira verso il basso incurante delle grida del popolo.

La parola equità, lo sanno tutti, non è una bistecca, non è un cibo, non si riesce a palpare, ma è un qualcosa che si sente comunque nel suo sapore. Quando c’è, l’equità ha un sapore dolce, armonico, che lascia l’animo tranquillo anche quando un ricco ti stringe la mano. Quando poi scompare o si affievolisce, ovvero quando la “pioggerellina” di chi ha la ricchezza si fa sempre più scarsa sul popolino che non ha, ecco che quel sapore dolce e armonico si fa amaro , non gradevole, anzi odioso.

L’equità è un qualcosa di raro. Persino il Mondo può apparire non equo. La natura sembra non essere equa. C’è molta pioggia, ma esiste la grande siccità, così per il freddo e il caldo. Persino il nostro esistere non sembra essere equo. C’è chi mangia e chi no, chi ha la salute, chi non l’ha. Chi muore a vent’anni e che vive cento. C’è poca equità tra uomo e donna. Il bene e il male sembrano avere le facce della equità e della iniquità. Ma se l’equità in natura, sembra essere scarsa, l’uomo con la propria intelligenza e il buon cuore può conquistarla, ma la sua conquista è sempre a caro prezzo.

Le lacrime del ministro Fornero, titolare del dicastero del Welfare, che durante la conferenza stampa ha annunciato la riforma della previdenza e che non è riuscita a pronunciare la parola “sacrifici“ dimostra che la parola equità, laddove l’equità non esiste, porta dolore.

Dovremmo forse rileggerci le beatitudini del Vangelo secondo Matteo per consolarci? Certo, noi crediamo nelle promesse Divine, crediamo nella espressione
Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio, beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati, beati voi che ora piangete, perché riderete“, ma, per ora, siamo su questa terra e occorre far fronte alle impellenti necessità del vivere. Occorre innanzi tutto che il politico si ricordi che il suo datore di lavoro è lo Stato e lo stato siamo noi. Noi ci aspettiamo equità nelle loro scelte. E’ giusto lottare per una equità terrena.
Occorre che il ricco ricordi e capisca che senza il povero non ha largo spazio, perché gli occorre d’essere servito. Occorre dunque avere una giusta equità civile e democratica e se questa non c’è l’aspettare la promessa delle beatitudini resta una virtù solo dei Santi.

Ezio Maifrè

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