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lunedì 6 agosto 2012

IL FUTURO DELL'ACQUA E DEL PAESAGGIO

5 agosto 2012 - Oggi il dissennato sfruttamento delle acque, sostenuto dalla retorica delle energie pulite, rappresenta uno dei pericoli maggiori per le Alpi... (Di Luca Vitali)
Anche le Alpi e la Lombardia non possono infatti sottrarsi a una più attenta e parsimoniosa gestione dell’acqua. Per una serie di fattori, come ad esempio:
  • i sempre più crescenti consumi idrici;
  • la diminuzione accertata delle precipitazioni nevose e il ritiro della grande maggioranza di ghiacciai alpini (depositi di acqua e quindi di energia);
  • una giustamente più attenta sensibilità verso gli equilibri ecologici.
Da queste problematiche è nata la domanda di una nuova cultura dell’acqua, di nuovi metodi di redistribuzione di questa preziosa risorsa e di un necessario aumento del senso di responsabilità da parte di tutti i soggetti interessati (comprese le società idroelettriche). Partendo però dalla condivisione di alcuni presupposti:
  • La necessità di inquadrare la questione dell’acqua nella più ampia visione strategica della gestione del territorio;
  • Il territorio e il paesaggio sono beni che hanno un grande valore, non solo economico;
  • Gli antichi atteggiamenti delle società idroelettriche (vedi il caso di Songini e del suo libro) non sono più accettabili nemmeno in provincia di Sondrio;
  • Non esiste nessun obbligo nè morale, nè politico, nè economico di produrre ulteriore energia idroelettrica in provincia.
La realizzazione degli impianti idroelettrici in provincia di Sondrio ha comportato:
  • la costruzione di oltre 300 opere di presa sui corsi d’acqua provocandone l’inaridimento per 600 chilometri;
  • la costruzione di 500 chilometri di gallerie, canali e condotte forzate; di 58 dighe per l’invaso di 780 milioni di mc. di acqua;
  • la costruzione di 39 centrali e 58 centraline;
  • la costruzione di km 1100 di linee ad alta tensione.
La produzione idroelettrica provinciale rappresenta circa l’11% di quella nazionale e circa il 45% di quella lombarda. Per il funzionamento dei 97 impianti esistenti sul territorio provinciale sono state utilizzate il 91% delle risorse idriche locali. Il sacrificio delle superstiti risorse idriche aumenterebbe la produzione di un insignificante 0,17%. Il corrispondente dato, applicabile solo alle piccole derivazioni, sarebbe di 0,065%. La quantità di energia in gioco potrebbe essere convenientemente prodotta con la razionalizzazione degli elettrodotti di alta tensione, con il miglioramento delle reti di media e bassa tensione, con il rinnovo dei vecchi gruppi generatori nelle centrali e con la manutenzione delle condotte forzate. Nonostante questo supersfruttamento il numero delle richieste per nuove captazioni, sia grandi che piccole, è enorme.
La costruzione degli impianti idroelettrici in Provincia, sviluppatosi nell’arco di 70 anni, dal 1898 con la centrale di Campovico al 1968 con quella di Ardenno, ha comportato un massiccio impiego di manodopera che negli anni cinquanta, per la contemporaneità di diversi cantieri, raggiunse 9000 presenze giornaliere. Poi ci fu la normale gestione e manutenzione degli impianti, che fino agli anni novanta impiegava 1200-1300 unità lavorative. Le successive evoluzioni hanno provocato una drastica contrazione dei posti di lavoro nel settore, ormai ridotti a meno di 500 unità. Quindi oggi, anche in termini occupazionali, il contributo dell’industria idroelettrica è molto modesto. A questi dati di base bisogna aggiungere:
  • la sistematica sudditanza degli enti pubblici dalle grandi società idroelettriche, che hanno sempre fatto quello che volevano;
  • la totale ed intenzionale mancanza di misurazioni e controlli adeguati, con larghe eccedenze di energia realmente prodotta rispetto a quella concessa;
  • il sistematico mancato rispetto delle esigenze degli altri soggetti e, da quando è stato introdotta, del rispetto del deflusso minimo vitale (DMV).
  • Il pagamento di canoni e corrispettivi irrisori.
La situazione del bilancio idrico in provincia era così precaria che una apposita norma statale del 2006 introdusse una moratoria biennale alla concessione di nuove derivazioni ad uso idroelettrico in Valtellina e Valchiavenna. Nel frattempo la Provincia di Sondrio ha portato avanti il PTCP ( Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale), nel quale è stato inserito anche il PBI (Piano di Bilancio Idrico) che è buono, anche se, in parte, si basa su dati non sufficientemente aggiornati.
La moratoria è scaduta alla fine del 2008 e da allora il campo è rimasto sguarnito. Da allora la Provincia ha tentato di mettere un freno a nuove piccole e grandi concessioni, non sempre riuscendoci (vedi ad esempio la recente concessione sul torrente Mallero). Leggendo il Piano di Bilancio Idrico della provincia di Sondrio si ha l’impressione che la tutela del territorio da ulteriori installazioni idroelettriche sia favorevolmente salvaguardata. Il bilancio idrico, per fornire elementi maggiormente utili alle decisioni sul rilascio di nuove concessioni, dovrebbe contenere in futuro maggiori dati rilevati da misurazioni dirette e rilevazioni fatte in un numero maggiore di punti. Ad esempio il controllo sul territorio provinciale degli oltre trecento punti di presa idroelettrici tramite misuratori ( i cui dati siano visualizzabili anche da remoto) della portata dell’acqua derivata e del DVM rilasciato sarebbe un insostituibile riferimento per la credibilità di qualsiasi valutazione idrica.
La difficoltà di gestire correttamente il tema delle acque è certamente da ricollegare anche alla tradizionale debolezza, non solo tecnica, delle amministrazioni pubbliche. Grazie a questa debolezza gli operatori privati, portatori invece di adeguate conoscenze tecniche e capacità operative, finiscono per diventare spesso i veri “gestori” anche della parte pubblica del settore. La Provincia di Sondrio dovrebbe dotarsi di un apposito ufficio operativo, dotato di adeguate strumentazioni, mezzi e personale qualificato, per realizzare una sistematica verifica dell’esatto adempimento delle condizioni imposte ai concessionari ( consumi idrici, impianti, concessioni, pagamenti…).
Anche la partita sul rinnovo delle grandi concessioni (di competenza regionale) che sono iniziate a scadere dal 2010, può essere la grande occasione per innovare e risolvere vecchi problemi. In primo luogo quello dei canoni, giudicati da sempre e giustamente ampiamente insoddisfacenti. Ma perché ciò avvenga è necessario che la Regione trasferisca alla Provincia l’intera responsabilità del settore e non solo quella delle piccole captazioni. Non solo per una partecipazione più equa degli enti e delle popolazioni locali ai ricavi del settore idroelettrico, ma anche per assicurare una presenza più attenta alle esigenze del territorio. Sarà possibile in Valtellina e Valchiavenna (chiamiamole ancora scaramanticamente “Provincia di Sondrio”) conciliare industria, natura e ambiente naturale e umano? In questi anni si sono fatti sicuramente dei positivi passi in avanti , sia grazie allo stimolo della popolazione che a molti politici e amministratori responsabili. Ma il rischio che lo sfruttamento prosegua come in passato è molto alto.
Luca Vitali 
Sintesi tratta da: Atti del convegno pubblico a cura del C.A.I. "Energia dall'acqua in montagna", anno 2009
Fonte: http://www.cai-tam.it/A11.html

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