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venerdì 22 marzo 2013

MODI DI DIRE: "La vàca 'nsciutàda la trà la cùa e la 'nsciòta àa i òtri"

La rubrica, a cura di Ezio Maifrè, per capire i modi di dire dialettali, grazie alla spiegazione e ad un racconto specifico.
Questa rubrica settimanale dei "modi di dire", nel contesto del racconto, ha lo scopo di rammentare in gergo dialettale una espressione e non si riferisce a fatti e a persone.

Contrada di S. Maria, gennaio 1960. 
Dalle canne del “ büi “ ( fontana / lavatoio ) ) due sottili colate di ghiaccio scendevano dalle canne sino a fondersi nella vasca del lavatoio. L’acqua scorreva silenziosa tra il ghiaccio con bagliori argentei sotto il tiepido e rossastro sole. Il freddo era pungente. Le mani delle donne , immerse a tratti nell’acqua ghiacciata del lavatoio, erano violacee. Rina non era la sola. A lavare i panni c’era anche Rosina, Maria e Antonietta. Rina era nota in tutta la contrada per la sue critiche feroci. La sua lingua era tagliente alla pari del bisturi più affilato. Di critiche ne aveva per tutti. Per Rosina che , secondo lei, non sapeva battere i panni e il suo bucato non era mai pulito. Per Maria che non usava la lisciva, ma il sapone di grasso di maiale rendendo il bucato puzzolente. Per Antonietta che usava il sapone di Marsiglia per lavare i panni e lo rendeva troppo profumato. Le critiche di Rina erano senza soluzione di continuità, nessuna secondo lei era capace d’avere un bucato immacolato e bianco come il suo. Il suo era più bianco che non si può.
Come in ogni contrada, il büi oltre a rifornire le famiglie d’ acqua e per lavare i panni sporchi, serviva anche per abbeverare il bestiame. Antonio , come ogni pomeriggio, portava a bere la sua mucca Stella al lavatoio.
In quel pomeriggio, Rina , Rosina , Maria erano tutte intente a battere i panni sul piastrone.
Rina, come suo solito, aveva parole di elogio solo per se stessa e per il suo bucato. Terminato di lavare i loro panni le tre donne posarono le loro ceste di panni candidi sul muro che delimita la fontana con la strada. Le loro mani erano di ghiaccio, ma non la lingua di Rina che sembrava prendesse fuoco. Il suo bucato anche questa volta era venuto migliore.
Il Signore vede e provvede e la giustizia divina, quando occorre, si fa sentire.
Antonio arrivò con la sua mucca da abbeverare. Due o tre lunghi sorsi della mucca dalla fontana, nel bordo non ghiacciato, poi basta. Lentamente si avviò per tornare nella stalla accompagnata da Antonio che con leggeri colpi di bastone sulla schiena la guidava. La mucca passò accanto ai cesti del bucato e … zach, scivolò su un lastrone di ghiaccio!
Per lo spavento o forse per l’intento di rimanere sulle quattro zampe , la mucca emise una scarica di sterco molle, molle. Si udì: "plòt ! plòt ! paplòt!". Due grosse e scure ciambelle caddero sul selciato come budino. Poi alcuni spruzzi , come meteora caduta in mare, si innalzarono tutto intorno.
La cesta del bucato di Rina fu invasa dagli spruzzi di sterco, mentre quelle di Rosina e Maria, posate poco distante furono risparmiate.
Apriti cielo! Rina nel vedere il suo bucato invaso dallo sterco di mucca gridò : “Antonio, guarda che disastro ha combinato la tua mucca. Il mio bucato è pieno di sterco “.
Maria Rosina, dopo aver controllato il loro bucato, si sbudellarono dalle risate
La mucca forse ancora presa dallo spavento, con la sua coda impregnata di sterco colpì Rina sulle gambe e in volto insuduciandola.
Antonio, che conosceva bene il vizio di Rina, disse ridendo: Bene ti sta! Ti serva per lezione. Ricordati che la vaca ‘nsciutàda la trà la cùa e la ‘nsciòta ànca i òtri. Le tue critiche sono come lo sterco della mia mucca che insudiciano l’animo delle tue amiche“.
Rina capì la lezione e da quel giorno il suo bucato fu bianco come quello delle altre lavandaie.
Ezio Maifrè

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