La rubrica, a cura di Ezio Maifrè, per capire i modi di dire
dialettali, grazie alla spiegazione e ad un racconto specifico.
Questa rubrica settimanale dei
"modi di dire", nel contesto del racconto, ha lo scopo di rammentare in
gergo dialettale una espressione e non si riferisce a fatti e a persone.
Una mano vale l’altra,dice un vecchio adagio. Sembrerebbe di poter dire che, se tu ricevi un piacere da una persona, prima o poi, se ti capita l’occasione, dovresti ricambiare. Questa norma dettata dal buon vivere civile e, in particolare , dal buon senso comune non sempre capita.
Anno 1964 in quel di Ronco.
Sulla mulattiera che scende dalle Canali a Tirano c’era, nel periodo estivo e autunnale, un via vai di “priale” di fieno. Per capirci “le priale” erano i mezzi di trasporto dei nostri nonni per portare a valle il fieno o anche del legname. Erano composte da un buon mulo, dal “bròz ” , cioè un carro a due ruote in legno cerchiate in ferro. Attaccati “al bròz” v’erano due grossi tronchi paralleli che servivano per il carico di fieno o legname, la cui parte posteriore strisciava sui sassi della mulattiera. In tal modo tutto il convoglio, compreso il mulo, in discesa , non prendeva velocità.
Ma non sempre le cose andavano bene. Io stesso ne fui testimone alla” Prima Croce “. Da ragazzo molte volte mi attardavo per curiosità ad aspettare che scendessero le” priale” da Canali con il carico di fieno. Quel giorno passò di lì “la priala” del Lüisìn. Giunto alla prima croce, con il suo mulo baldanzoso e la sua “ priala “ bella e sana, fece il segno della croce e si avventurò nella discesa. Oh la peppa !! Sarà stato per la baldanza del mulo o forse perché il Lüisìn aveva qualche calicino di vino in corpo, quand’ecco che ” la priala” prese velocità. I ferri degli zoccoli del mulo fecero faville per lo sforzo di trattenere il carico, poi tutto si mise di traverso sulla mulattiera e si ruppe un “ prial” . Il signore della Prima Croce dovette chiudersi le orecchie per via delle litanie del Lüisìn che , con un bastone, infieriva sul dorso del mulo. Altro non dico per carità cristiana.
Giunse poco dopo il Mariulìn con la sua “priala” carica di fieno bella e sana. Fece un segno di Croce e si avviò nella discesa. Vide in basso la “ priala “ tutta sconquassata del Lüisìn. Diede ordine al mulo: “ Dràgu, oh…oh…. bògia ‘ndrée ! “. La priala si fermò poco sopra a quella del Lüisìn che disse: “ u travacàa cun la priala. Mi sono rovesciato con la priala. Tutta colpa d’un “prial” che mi si è rotto. Mi dai una mano a sostituirlo ?” “ Come no ?” rispose prontamente Mariulìn. Due ore dopo il “ priàl “ era sostituito, e “la priala” era sana e bella da poter continuare la strada. Si salutarono. Lüisìn prese lentamente la discesa, tenendo ben bene il mulo impaurito con il morso e comandandolo a colpi di bastone. Poi si avviò il Mariulìn.
Proprio in quel punto successe un altro inghippo. A causa della mulattiera dissestata una fune in cuoio che teneva legata “la priala” di fieno si ruppe e parte del carico si rovesciò. Un verso! “Uèila Michelìn , mi si è rotta una fune. Fermati! Vieni su a darmi una mano.” Il socio, forse più socio della birra o del calicino che della persona, rispose “ E’ tardi, il cavallo è stanco e mia moglie mi aspetta a casa”e se ne andò !
Io vidi e sentii tutto. Corsi dal Mariulìn e, malgrado la mia giovane età, gli diedi una mano. Dopo un’ora il carico della “ priala “ era sistemato. Prima di avviarsi di nuovo nella discesa Mariulìn mi disse: “ricordati Ezio, che nella vita a ès bùn s’è cuiùn. Ad essere buoni si è coglioni” .
Ezio Maifrè
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