2 maggio 2013 - “Estate difficile con una prevedibile
contrazione degli arrivi e del giro d’affari; scarso entusiasmo tra gli
operatori, pochi eventi e niente glamour. Dalle agende dei comprensori
alpini non emergono idee utili a combattere la crisi e allungare la
stagione”.
E’ ormai noto che la causa dei cali sulle presenze turistiche in Valtellina è di natura strutturale. Il suo modello produttivo, e gestionale, da sempre incentrato sullo spontaneismo e alimentato dall’illusione che il pur forte appeal della
risorsa del territorio fosse inesauribile, non ha saputo collocarsi in
una dimensione di sistema, finendo per rimanere ingessato nella sua
preponderante connotazione settoriale e per essere governato da
politiche di congiuntura anziché da strategie economico-organizzative.E’ altrettanto noto che le componenti principali della crisi sono due, riconducibili rispettivamente alla sfera aziendale e in parte a quella istituzionale, entrambe caratterizzate dalla poca concretezza e chiarezza nell’ aderire a tutte le pieghe di una domanda sempre più dinamica e dalla difficoltà a strutturare le proprie funzioni sulle caratteristiche emergenti del mercato.
In molti casi, gli elementi di debolezza dell’impresa turistica Valtellinese possono essere individuati, innanzitutto, nella frammentazione e nell’ormai conseguente gracilità finanziaria delle aziende ricettive, le cui prevalenti dimensioni medio -piccole e il relativo modello gestionale, spesso a carattere familiare, le pongono in posizioni di grande debolezza all’interno dei processi in atto di integrazione dell’offerta e di globalizzazione del mercato.
Se le componenti “privatistiche” della crisi del turismo sono state adeguatamente descritte, non altrettanto possiamo dire di quelle istituzionali. Per tentare di avviare delle semplici considerazioni sugli aspetti istituzionali della crisi dobbiamo premettere che, in effetti, è da troppo tempo – venti anni circa, cioè dall’istituzione delle Regioni a statuto speciale – che le Istituzioni si interrogano sull’assetto territoriale dell’Organizzazione Turistica Pubblica e, solo talvolta, sul suo ruolo e sugli obiettivi.
Alcune cause che hanno portato a questa particolare forma di “deregulation” (che potremmo definire spontanea, in quanto non esplicitamente voluta e in gran parte non governata) sono da ricercarsi anche in una generalizzata carenza di cultura imprenditoriale specifica che pervade anche le articolazioni pubbliche del settore,
A distanza di undici anni dall’emanazione della legge quadro, alcune Regioni l’hanno applicata integralmente, talune cercando anche di correggere almeno in parte qualche stortura, altre parzialmente, altre ancora non l’hanno applicata affatto. Di conseguenza, in ciascuna di esse scompaiono le funzioni vitali per il turismo Inoltre rispondono alle logiche più diversificate, talora anche bizzarre.
Il turismo Valtellinese riflette oggi molte delle negatività rappresentate e si presenta all’appuntamento del mercato globale unificato in una situazione in cui agli elementi di debolezza di sempre si aggiunge non soltanto l’incapacità di costruire un modello organizzativo univoco, moderno, in grado di governare uno dei settori più avanzati del terziario del mercato, ma addirittura con molte responsabilità nel produrre tentativi lenti ed inesorabili che hanno visto dapprima la dissoluzione del “Sistema Turistico” ed ora si ripresentano con la “DMO”. Quest’ultima certamente partita “vecchia” ed “inadeguata”, e in quanto tale, da aggiornare rapidamente e non già da lasciare in balia dei fenomeni di progressiva disgregazione gestionale che sono sotto gli occhi di tutti.
Si assiste così, alla più completa immobilità di alcuni territori, nelle quali in alcuni casi persiste un modello organizzativo vecchio, incentrato su miriadi di micro- organizzazioni molte delle quali di prevalente dimensione comunale, con le inevitabili sovrapposizioni operative e il conseguente spreco di risorse.
Sul fronte opposto si colloca lo sperimentalismo talvolta esasperato di altre organizzazioni, le quali, procedono spesso per tentativi, trovandosi alle prese con il riordino dell’organizzazione turistica periferica.
In quest’ultimo caso, l’ ipotesi di una “riforma Provinciale” dovrebbe essere radicale ed eterogenea con lo scopo di attivare e sostenere i Consorzi Turistici territoriali, magari con funzioni diverse e con altrettanti diversi criteri di aggregazione territoriale (per tipologia di offerta, comprensoriali e con componenti realmente privatistiche).
La semplice considerazione che il modello organizzativo “Consorzio” deve rispondere soltanto a logiche istituzionali e di mercato, dovrebbe facilmente convincere che questo stesso modello non può essere fortemente unitario, certo riconoscibile, ma non unitario; e non permanentemente e reiteratamente messo in discussione dalla mania di protagonismo di alcuni centri decisionali.
Dovrebbe, inoltre essere superfluo ricordare (ma così non è) che la stessa natura del fenomeno turistico presuppone la gestione pubblica, non fosse altro che per le sue caratteristiche di trasversalità che chiamano in causa l’impegno convergente di tutti i comparti della pubblica amministrazione per il necessario approccio sistemico che quest’ultima deve ad esso garantire e, non da ultimo, per il fatto che la sua totale privatizzazione potrebbe generare pericolosi fenomeni di egemonia da parte della grande impresa.
Una volta definito il modello su questi contenuti, sarà molto agevole individuarne ruoli e criteri gestionali in un’ottica “Consortile Territoriale” che si liberi definitivamente dai lacci delle logiche burocratiche che ancora in alcuni casi ancora ne condizionano il funzionamento, a cominciare dai meccanismi sulla vendita.
Si dovrà lasciare il passo a criteri manageriali, incentrati, oltre che sulla legittimità formale delle decisioni, sull’efficacia dell’azione, sulla qualità dei programmi, sulla loro realizzazione e, infine sul controllo dei risultati.
So perfettamente che qualcuno troverà come quello sopra tracciato velleitario, non realistico, di parte, interessante ma impossibile da realizzare, magari suggestivo ma impraticabile,ecc.. Preciso, in proposito, che si tratta di un modello che, lungi dall’essere stato creato “a tavolino”, è ampliamente applicato, talvolta in modo pressoché integrale da tutti i paesi europei che nella gestione del turismo hanno fatto scelte decise di politica di mercato.
Roberto Pinna
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