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venerdì 20 dicembre 2013

MODI DI DIRE: "T’é maià la pùlpa, adès màia àa i òss"

La rubrica, a cura di Ezio Maifrè, per capire i modi di dire dialettali, grazie alla spiegazione e ad un racconto specifico.
MODI DI DIRE: "T’é maià la pùlpa, adès màia àa i òss"
Foto di Patrick Darnell (cc)
Questa rubrica settimanale dei "modi di dire", nel contesto del racconto, ha lo scopo di rammentare in gergo dialettale una espressione e non si riferisce a fatti e a persone.
Marilena era la più carina di tutte le sue compagne di prima liceo classico. Quasi tutti i suoi compagni di classe le facevano gli occhi dolci a gara per accaparrarsi un suo sorriso. La lotta più serrata per conquistare il suo cuore era stata sferrata tra Marco e Luigi , un poco più grandicelli di lei.
Marco frequentava l’ultimo anno di liceo classico e Luigi l’ultimo di liceo scientifico.
I due giovani era belli, simpatici e complementari tra loro. Marco era sportivo, sempre spensierato e sorridente. La vita per lui era come un prato di margherite da cogliere ogni giorno senza troppi pensieri. Tra queste “margherite” v’era anche Marilena, fiorellino del primo anno di liceo. Era un gran parlatore e sapeva porre ogni cosa su un piatto d’argento mostrando sempre i lati positivi e belli della vita.
Luigi invece era un contemplatore, un matematico , un cervellotico. Per lui ogni cosa doveva essere meditata, sperimentata e nulla lasciato al caso. Osservava Marilena nei suoi sorrisi che ricambiava, ma non andava oltre con il pensiero.
Marco, quasi ogni sabato sera, giungeva con la sua fiammante Giulietta 1300 GT spider sotto le finestre di casa di Marilena. Una strombettata ed eccola uscire bella e radiosa e accucciarsi con lui in macchina con un bacio e “ via andare “ a divertirsi. Luigi, che non aveva la macchina, ma solo la moto e anche un poco scassata, l’aveva invitata alcune volte sul lago di Como a passeggio tra le calme acque e il tiepido sole di primavera. Nessun bacio, solo una carezza quando si sedettero sul lungolago a Gravedona innanzi a due anatre che sguazzavano in acqua.
Marco nelle sue uscite parlava di viaggi all’estero, di crociere sul Nilo, di alberghi a cinque stelle, invece Luigi meditava con lei sul Creato, sulla bellezza della natura che tanto dà e che noi ogni giorno sciupiamo. Aveva persino iniziato un discorso sulla grandezza e la bellezza dell’Universo, poi quando aveva visto gli occhi di Marilena appesantirsi dal sonno e dalla noia, le aveva chiesto se il gelato con le fragole le fosse piaciuto e aveva cambiato discorso. Un fallimento completo con Marilena, che dalla vita cercava di cogliere la spensieratezza. Marco fu il vincitore del cuore di Marilena; Luigi il perdente.
Passarono molti anni e i due rimasero sempre amici e sempre in ottimi rapporti. Marco sposò dopo alcuni anni la bella Marilena che, da ragazza diventò donna e in verità molto “ costosa” per mantenere le caratteristiche che la natura le aveva donato,ma che il passare del tempo pian piano toglie.
Fino ai trent’anni tutto filò liscio per Marco e per la bellezza di Marilena, poiché come dicevano i nostri vecchi essere belli da giovani è naturale perché è “la bellezza dell’asino”. Poi passati i trenta ecco che Marilena volle “ rifarsi il naso”. Poi, guardandosi bene allo specchio, i denti non le piacevano più com’erano allineati e gradualmente si “ rifece la bocca “. A quarant’anni comparvero alcune rughe e allora si “ rifece il viso “ . Ma non bastò perché a quarantacinque il seno incominciò a “ crollare “: Si rifece anche il “ seno “, poi si modellò anche le cosce e volle togliersi anche le “ borse” sotto gli occhi. Non parliamo poi delle manutenzioni settimanali del viso, delle unghie delle mani e dei piedi, delle frequenti depilazioni, del lavoro incredibile e ripetitivo del parrucchiere. In somma un restauro continuo. Chi la vedeva passeggiare per strada diceva con ghigno: dietro liceo, davanti museo.
Per il povero Marco fu un dissanguamento tremendo e costante di spesa per mantenere quel monumento umano. Pian piano la sua bella moglie di un tempo andava a pezzi malgrado il continuo restauro. Il pover’uomo temeva persino, dopo tutte quelle operazione di inserimento di protesi plastificate nel seno e nelle cosce, di cosmetici sparsi sul corpo, che quando era accanto al caminetto acceso, lei potesse prendere fuoco.
Luigi nel frattempo che fine aveva fatto? Non si era sposato a venticinque anni come Marco. Il suo lavoro l’aveva impegnato sino a quarantacinque anni tra calcoli, progetti e esperimenti. Però a quarantacinque anni si era fidanzato con una graziosa “ grosina “ , di trent’anni. Una bellezza nostrana, sana, paciosa, tranquilla e sorridente. L’unica “protesi” che aveva voluto inserirsi nel corpo, subito dopo le nozze era stata la foratura dei lobi delle orecchie per mettere gli orecchini di sua nonna.
Un giorno i due amici si trovarono al bar in piazza a Grosio. Si sedettero nei graziosi tavolini e si confidarono le passate avventure. Marco raccontò le sue e ne ebbe da raccontare per una buona mezz’ora poi alla fine sbottò malinconico: “ mia moglie era una gran bella donna. Ora ha sessant’anni e , ti confesso, che non mi attrae più. Tu, invece hai Graziella che ha quindici anni meno di te ed è una donna molto graziosa e in salute. Sei un uomo fortunato.
Luigi, con il suo solito fare da filosofo e calcolatore gli rispose: “caro Marco, Marilena era una gran bella donna quando l’hai sposata. Era meravigliosa e unica.. Ora , caro Marco devi accontentarti. In passato hai goduto della bellezza di Marilena, ora rassegnati: tè maià la pùlpa adès màia àa i òss.
Ezio Maifrè

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