Questa rubrica settimanale dei "modi di dire", nel contesto del racconto, ha lo scopo di rammentare in gergo dialettale una espressione e non si riferisce a fatti e a persone.
Ernesto era stato fin ‘ora un buon Amministratore . Era stato eletto Assessore all’Urbanistica, Territorio e Ambiente. Ottimo tecnico, preciso, forse fin troppo. Ascoltava la gente,meditava sui suoi consigli, stilava delle relazioni, valutava i benefici economici e, se la situazione finanziaria del Comune lo permetteva pianificava gli interventi all’uopo e li realizzava.
Insomma, per capirci , era un uomo che ragionava con il suo cervello in comunicazione continua con il buon senso del cittadino comune che , in genere chiede ciò che sente sulla sua pelle per la sua famiglia e per il suo territorio. Un bel giorno, anzi brutto, d’un botto cambiò modo di pensare e d’agire. Chi lo fermava per strada per chiedere un consiglio, per dare un’ opinione lui rispondeva in modo sbrigativo. Diceva : “ ho fretta, non ho tempo. Se hai qualcosa da dire vieni da me in orario di ricevimento. Puoi scrivere ciò che pensi o chiedi inviando il tutto all’ufficio protocollo del Comune. Leggerò, vedrò l’eventuale da farsi. ” . Cosa era successo all’ottimo assessore Ernesto, così amato e stimato da tutti , che ascoltava la gente senza troppo formalità ? Era cambiato d’animo e d’umore. Ora bisognava parlargli nell’orario di ricevimento, oppure con tanto di” protocollo”. Molti dicevano: L’ à perdüü la trebisunda, non è più lo stesso. Ci sembra disorientato, inquieto, forse ha perso la fiducia in se stesso o il buon rapporto con i cittadini”.
Una sola persona aveva saputo il motivo di questa brusca sterzata di carattere. Lo aveva saputo dalla moglie di Ernesto perché sfogò il suo malumore con Francesco amico d’infanzia. Lei disse a Francesco: “si, mio marito l’à perdüü la trebisùnda dopo aver ascoltato una persona ricca, importante e molto influente. Gli aveva detto in modo brusco: “ Ernesto se ascolti tutte le campane rimarrai storno, confuso, stordito nelle tue idee. Non ti ricordi cosa diceva il Duce: “tacere, ubbidire e combattere” Questo è il sistema giusto per dirigere il popolino. Il popolino è come un gregge di pecore. Segue il suo pastore e se qualche pecora devia dalla strada indicata, ci sono i cani pastori che morderanno loro le gambe sino a riportarle nel gregge. Noi siamo i pastori del gregge e noi abbiamo i cani pastori. E’ tempo perso ascoltare la gente e le sue lagne. Siamo stati eletti dal popolino, abbiamo il mandato per cinque anni e in questi cinque anni faremo le nostre scelte. Abbiamo avuto i voti sacrosanti. Tutto ciò che faremo non sarà necessario condividerlo con la gente. Quando avremo terminato il mandato il popolino ci giudicherà per ciò che abbiamo fatto e se abbiamo fatto male non ci darà più il voto. Elementare Watson! O no?”.
Ernesto, da uomo onesto si grattò la testa e disse: “ Mah ! Può darsi che sia così, ma se noi combiniamo qualche asinata in questi cinque anni, quella rimarrà a monito del nostro mandato, forse sarebbe meglio ascoltare il popolino prima di prendere decisioni importanti, come del resto ho sempre fatto io“
Ribatte la persona importante: “Nemmeno per idea! Questi sono i miei ordini, fai quello che ti dico io. Io ti ho fatto Assessore e io ti posso distruggere. Stai accorto e regolati d’ora innanzi!”
Da quel giorno Ernesto l’à perdüü la trebisunda e ubbidì agli ordini. Autorizzò alcuni lavori di nessuna utilità e dispendiosi senza aver ascoltato il parere dei cittadini e fu ricordato dai posteri con “è un lavoro dell’Erenesto, de chel che l’à perdüü la trebisùnda”.
Ribatte la persona importante: “Nemmeno per idea! Questi sono i miei ordini, fai quello che ti dico io. Io ti ho fatto Assessore e io ti posso distruggere. Stai accorto e regolati d’ora innanzi!”
Da quel giorno Ernesto l’à perdüü la trebisunda e ubbidì agli ordini. Autorizzò alcuni lavori di nessuna utilità e dispendiosi senza aver ascoltato il parere dei cittadini e fu ricordato dai posteri con “è un lavoro dell’Erenesto, de chel che l’à perdüü la trebisùnda”.
Ezio Maifrè
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