Ieri, 21 marzo, nel pomeriggio, quaranta profughi originari del Mali, della Nigeria e dell’Eritrea sono giunti in Provincia di Sondrio, per essere ospitati presso alcune strutture alberghiere della Valle in attesa di sapere se riceveranno o meno lo status di rifugiati politici. Verso le ore 20.30, una manifestazione di protesta xenofoba si è svolta davanti all’hotel Bellevue di Cosio Valtellino, dove sono alloggiati nove maliani. Una dozzina di simpatizzanti leghisti, fogli A4 con un paio di slogan e bandiere stropicciate, qualche coro, i soliti sorrisi da bulli che durano il tempo di qualche selfie. Nel frattempo su Facebook imperversavano frasi razziste, volgari ed esplicite, condivise da centinaia di persone, che incitavano a bruciare, picchiare, uccidere. Nella foga del commento virtuale, sembravano dimenticarsi che sul fondo del mar Mediterraneo ci sono già almeno ventimila corpi di migranti annegati mentre tentavano di giungere in Europa: non per dormire in un albergo a Cosio Valtellino, ma per sopravvivere.
Come da tradizione, l'importante è avere un nemico, non chi sia: lo Stato, i perbenisti, l'albergo, la prefettura. Esseri umani in fuga da persecuzioni politiche e da guerre, tutelati dalla Convenzione di Ginevra, diventano clandestini violenti. E ci si dimentica che in Mali dal 2011 è in atto una devastante guerra civile, dove l'UE ha un ruolo determinante, mentre in Eritrea si vive nella negazione dei diritti dell’uomo da parte dello Stato-partito. L'Eritrea, inoltre, è quella terra che l'Italia ha colonizzato e sfruttato, in modo ben più violento rispetto all'arrivo silenzioso di qualche decina di uomini.
Niente di nuovo, ma questa volta, come circolo culturale Arci Demos, non ci stiamo. Siamo profondamente indignati, delusi e affranti e sappiamo che siamo in tanti a sentirci così. Scriviamo questo, consci di dare risalto alle gesta di questi paranoici dominati dal loro terrore di tutto, ma pensiamo sia importante, in primis per noi, ribadire in maniera perentoria che non intendiamo sottostare a questa politica del terrore. Questa volta non sorrideremo amari, non compatiremo in silenzio, non ci faremo forza pensando che la prima volta è tragedia, la seconda è solo farsa. Vogliamo rispondere, aprire una linea di confronto sul tipo di società e di Valtellina che vogliamo. Non ci chiuderemo in una saccenza sterile e improduttiva. Non lo faremo perché una dozzina di persone che assedia un albergo è intimidazione violenta, non protesta. In quell'albergo non c'è il Comune, non lo Stato, non la prefettura: ci sono persone impaurite che, dopo aver attraversato il deserto del Sahara e il Mediterraneo a bordo di un barcone, si sono trovate centrifugate nei gangli di una burocrazia schizofrenica, figlia delle leggi vergogna (la Bossi-Fini, colpevole della strage di migranti dello scorso ottobre) che umiliano, assieme a loro, noi e un Paese che una volta era famoso per il bello.
Questi quaranta migranti sul suolo valtellinese non faranno niente. Non miglioreranno (perché sono rinchiusi) né peggioreranno (perché sono comunque rinchiusi) decine di anni di mala gestione del territorio, di povertà culturale, di disgregazione sociale, di smembramento dei paesi a favore dell’individualismo, di emigrazione locale, di ottusità amministrativa. Ma noi vorremmo una storia diversa. Sappiamo che le nostre montagne hanno visto una lunga tradizione di solidarietà, di condivisione, di aiuto. E non lasceremo che questo patrimonio di tutti venga stuprato dalle paure di pochi. Ci muoveremo per reagire, per riprendere a parlare di diritti umani, di comunità, di una Valtellina luminosa e più bella, dove il razzismo non avrà mai quartiere. Una Valtellina che riprenda la sua identità di terra al confine tra realtà diverse, pronta a conoscerle, a sentire più lingue, a contaminarsi con il diverso. Una Valtellina di persone che abbiano visto il mondo di fuori e che tornino a casa a raccontarlo e di persone che vengano dal mondo di fuori per riempire il suo. E sarà una Valtellina aperta a tutti, italiani e stranieri, anche a chi si è nutrito di odio, paure, desolazione per decenni.
L'Arci Demos farà la sua piccolissima parte.
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