Per quaranta lunghi giorni sono stato ospite di più complessi ospedalieri, quelli di Sondalo, Sondrio, Lecco. In tutti i complessi ho trovato quanto un utente desidera trovare nei luoghi della sofferenza: la gentilezza da parte del personale. Detta gentilezza, detta comprensione dello stato degli ammalati ha lo stesso valore della capacità operativa di un chirurgo, amore che si aggiunge a capacità. Ne risulta ciò che chiamiamo eccellenza. Non dobbiamo fare di ogni erba un fascio, ma dobbiamo intervenire, nel nostro Bel Paese, solo dove le cose vanno in modo non soddisfacente.
Una notte, delle quaranta che ho passato fuori casa, ho sognato di essere portato per mano da due parroci che non sono più tra noi. Io in mezzo, don Felice Cantoni da un lato, don Gino Menghi dall’altro. Eravamo nel paese montano dove don Felice era stato parroco, a Rogorbello, una frazione del Comune di Vervio. Don Felice e don Gino erano come fratelli, due religiosi che potremmo definire “santi” anche se non risulta che abbiano fatto miracoli. Hanno speso la loro vita dedicandola a coloro che, in anni difficili, erano privi del pane e la sola fede in Dio permetteva loro di sopravvivere. Don Felice a Rogorbello, don Gino a Baruffini, frazione di Tirano. Il cordone ombelicale che univa le due frazioni era un sentiero in quota, sentiero che i due ben conoscevano. Del sogno sopra menzionato ricordo che i due angeli custodi mi hanno lasciato solo sul sagrato antistante la chiesa di Rogorbello.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Il centro di Rogorbello potremmo farlo coincidere con il sagrato della chiesa, il ristorante dove il turista può gustare i piatti tipici valtellinesi, un salice centenario che, da tecnico, mi chiedo come faccia a stare lì, immobile, da più decenni. E’ un’area ristretta, ma affacciandoci dal parapetto esistente sul lato sud possiamo godere di una vista che spazia dal fondo valle alle alte cime dei monti. Al termine della mia odissea ospedaliera ho desiderato salire e raggiungere il luogo dove, in sogno, ho rivisto Don Felice e don Gino. Mi ha stupito quel salice ultra centenario, salice che, a pochi metri dalla base, ha cercato compagnia, da un tronco solo ne sono nati due che salgono per più metri. Se fossi Sindaco di Vervio collocherei due piccole targhe sui detti tronchi con la scritta “don Felice” e “don Gino”. Per quale motivo? La risposta è doverosa e facile da spiegare alla gente che ancora ha la fortuna di vivere lassù, lontana dalle nefandezze di questo terzo millennio. I due parroci meritano di essere ricordati anche solamente con due piccole targhe.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Desidero ultimare questo scritto informando gli amici lettori che la mia firma non la troveranno più su articoli che trattano di politica. Voglio vedere in questo mondo solamente gli avvenimenti positivi, le bellezze della natura, una continua primavera con il suo risveglio annuale. Uno spuntar di gemme, una continua fioritura.
Vorrei suggerire ai giovani nostri che frequentano le scuole tecniche di recarsi a Rogorbello, a visitare il salice ultra centenario. Ai loro docenti suggerirei di assegnare un non facile compito, quello di studiare le forze che permettono alla strana pianta di mantenere l’odierna stabilità. E’ interessante studiare dette forze, riportare l’intensità e giungere alla risultante!
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Il centro di Rogorbello potremmo farlo coincidere con il sagrato della chiesa, il ristorante dove il turista può gustare i piatti tipici valtellinesi, un salice centenario che, da tecnico, mi chiedo come faccia a stare lì, immobile, da più decenni. E’ un’area ristretta, ma affacciandoci dal parapetto esistente sul lato sud possiamo godere di una vista che spazia dal fondo valle alle alte cime dei monti. Al termine della mia odissea ospedaliera ho desiderato salire e raggiungere il luogo dove, in sogno, ho rivisto Don Felice e don Gino. Mi ha stupito quel salice ultra centenario, salice che, a pochi metri dalla base, ha cercato compagnia, da un tronco solo ne sono nati due che salgono per più metri. Se fossi Sindaco di Vervio collocherei due piccole targhe sui detti tronchi con la scritta “don Felice” e “don Gino”. Per quale motivo? La risposta è doverosa e facile da spiegare alla gente che ancora ha la fortuna di vivere lassù, lontana dalle nefandezze di questo terzo millennio. I due parroci meritano di essere ricordati anche solamente con due piccole targhe.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Desidero ultimare questo scritto informando gli amici lettori che la mia firma non la troveranno più su articoli che trattano di politica. Voglio vedere in questo mondo solamente gli avvenimenti positivi, le bellezze della natura, una continua primavera con il suo risveglio annuale. Uno spuntar di gemme, una continua fioritura.
Vorrei suggerire ai giovani nostri che frequentano le scuole tecniche di recarsi a Rogorbello, a visitare il salice ultra centenario. Ai loro docenti suggerirei di assegnare un non facile compito, quello di studiare le forze che permettono alla strana pianta di mantenere l’odierna stabilità. E’ interessante studiare dette forze, riportare l’intensità e giungere alla risultante!
Giancarlo Bettini

Nessun commento:
Posta un commento