Allorquando, e sempre più di frequente, singoli cacciatori, presidenti di Comprensori Caccia, rappresentanti delle associazioni venatorie vengono interpellati in merito al proliferare della popolazione di cinghiali e dei danni che provocano alle colture, non perdono occasione per gridare ai quattro venti che ben volentieri parteciperebbero alla “fiera del piombo” offrendo il loro qualificato contributo di provetti fucilieri all' “eradicazione” dell'irsuta minaccia suina.
Sono quei cattivoni della ex Provincia, il past-president Sertori in primis, che impediscono ai “bravi” cacciatori la completa opera di “pulizia genetica” degli invadenti ospiti dei nostri boschi, chissà poi perchè....
Su questa tematica, il WWF è completamente “sdraiato” sulle posizioni del past-president che, a metà marzo, sulla stampa locale dichiarava: “ Il cinghiale non sarà mai specie cacciabile, non fino a quando sarò presidente di questa Provincia....questa specie diffusa per altro da alcuni cacciatori...”.
Su questa tematica, il WWF è completamente “sdraiato” sulle posizioni del past-president che, a metà marzo, sulla stampa locale dichiarava: “ Il cinghiale non sarà mai specie cacciabile, non fino a quando sarò presidente di questa Provincia....questa specie diffusa per altro da alcuni cacciatori...”.
Così come su quella del direttore della Coldiretti Emanuele Ghirardelli: “ Da noi, come in altre provincie, la strategia degli importatori è sempre la stessa: si diffondono i cinghiali nel tentativo di costringere le autorità ad aprire la caccia a questi animali. La finalità è fin troppo chiara ed è quindi indispensabile che siano gli stessi cacciatori a segnalare chi mette in giro i cinghiali. Loro lo sanno benissimo chi è stato e chi continua in questa pratica scellerata. È evidente che non si può assolutamente cedere: se si aprisse la caccia, oltre a dargliela vinta, si favorirebbero nuove immissioni clandestine.” (La Gazzetta di Sondrio- marzo 2014)
Ma probabilmente il lettore è più interessato a sapere qualcosa d'altro sul possibile contenimento del numero dei cinghiali. Per esempio come si affronta il problema nella contigua Provincia di Lecco:
“Il problema dei cinghiali non è semplice da risolvere - sottolinea l'Assessore alla Caccia Signorelli - ma la recente strategia di posizionare gabbie in aree critiche, iniziata quest'inverno, sta fornendo risultati soddisfacenti, migliori rispetto alle aspettative".
“Il problema dei cinghiali non è semplice da risolvere - sottolinea l'Assessore alla Caccia Signorelli - ma la recente strategia di posizionare gabbie in aree critiche, iniziata quest'inverno, sta fornendo risultati soddisfacenti, migliori rispetto alle aspettative".
Anche gran parte del mondo venatorio ha condiviso l'attuale strategia attuata dalla Provincia di Lecco per le zone della Valsassina, della Valvarrone e di Colico. Una minoranza chiassosa vorrebbe l'apertura della caccia e lo ha manifestato in forme non sempre corrette e soprattutto senza evidenze scientifiche che supportino le affermazioni e la loro proposta.
L’Assessore approfondisce poi l'argomento tecnico: “In generale l'apertura della caccia non è un metodo di controllo di una specie, ma una semplice forma di utilizzo della stessa, tanto che i piani di prelievo, proposti dalla Provincia e approvati da ISPRA, sono volti alla conservazione delle specie e non al loro contenimento o alla eradicazione. Inoltre, come è stato ben documentato dalla commissione di esperti che abbiamo istituito per analizzare approfonditamente questo problema, l’apertura della caccia ha comportato, nelle aree dove è stata fatta, la messa in atto da parte del mondo venatorio di azioni spesso poco o nulla improntate alla corretta gestione faunistica, come la pratica del foraggiamento nelle località ove si intende concentrare i cinghiali per cacciarli e in qualche caso anche immissioni illegali. Non ci pare sia questa la miglior soluzione per contenere i problemi segnalati oggi da agricoltori, amministratori locali e gestori di strutture turistiche in località ad alto pregio paesaggistico.
L’Assessore approfondisce poi l'argomento tecnico: “In generale l'apertura della caccia non è un metodo di controllo di una specie, ma una semplice forma di utilizzo della stessa, tanto che i piani di prelievo, proposti dalla Provincia e approvati da ISPRA, sono volti alla conservazione delle specie e non al loro contenimento o alla eradicazione. Inoltre, come è stato ben documentato dalla commissione di esperti che abbiamo istituito per analizzare approfonditamente questo problema, l’apertura della caccia ha comportato, nelle aree dove è stata fatta, la messa in atto da parte del mondo venatorio di azioni spesso poco o nulla improntate alla corretta gestione faunistica, come la pratica del foraggiamento nelle località ove si intende concentrare i cinghiali per cacciarli e in qualche caso anche immissioni illegali. Non ci pare sia questa la miglior soluzione per contenere i problemi segnalati oggi da agricoltori, amministratori locali e gestori di strutture turistiche in località ad alto pregio paesaggistico.
Emblematico è l’esempio del Triangolo lariano dove la caccia al cinghiale è consentita dal 2001 e dove l'incidenza dei danni rispetto alla distribuzione delle aree coltivate, in soli tre comuni (Oliveto Lario, Civate e Valmadrera), è maggiore rispetto a tutti gli altri comuni della provincia nei quali la caccia libera al cinghiale è vietata. Nella vicina provincia di Como, dove la caccia al cinghiale è consentita, dal 2001 al 2008 i danni all’agricoltura sono triplicati nonostante gli abbattimenti fossero quadruplicati”.
William Vaninetti
presidente WWF Valtellina Valchiavenna
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