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giovedì 19 giugno 2014

L’ESTREMA NECESSITA’ DI SALVARE GLI ALPEGGI

Quando l’estate il sole batte sul fondovalle valico il confine elvetico per portarmi in quota, a Miralago o a Miravalle, per trascorrere la mattinata. Le due località sono a quota mille. Per raggiungere Miravalle si sale da Brusio, si attraversano luoghi abitati, ai lati della strada è un susseguirsi di prati con l’erba perfettamente tagliata che danno notevole pregio al paesaggio. Gli abitanti sono dediti all’agricoltura e l’ordine è il loro vangelo.
Permettetemi, amici lettori, di fare un paragone con i nostri luoghi in quota. Prendiamo, ad esempio, il Comune di Vervio che conosco bene perché, durante l’attività, ho provveduto alla progettazione ed alla Direzione dei Lavori della vecchia Caserma di Schiazzera a quota poco sopra i 2000 metri. Detta Caserma è stata acquistata dal Comune di Vervio e la gestione è stata affidata agli amici di don Ugo De Censi, al missionario del Mato Grosso che ha dedicato, e dedica, la sua vita ai bisognosi al di là dell’Atlantico.
Per giungere al rifugio si parte dall’abitato di Vervio in fondovalle e si comincia a salire. Si giunge a Rogorbello poi, più su, a Susen, dove un parroco vicino alla santità, anni fa, ha fatto costruire un piccolo gioiello, una chiesetta che sta al luogo come il camoscio alla montagna. Salendo ancora lasciamo i pascoli per attraversare boschi con abeti e larici. Si giunge infine ad un parcheggio, un quarto d’ora a piedi e trovi il rifugio. Per molti la meta è il lago che troviamo a quota superiore a 2400 metri. Poco sopra il rifugio c’è un alpeggio con fabbricato che nei mesi estivi ospita il casaro e le mucche.
La progettazione per la ristrutturazione e l’ampliamento della Caserma delle Guardie di Finanza risale agli anni ottanta del secolo scorso. La strada allora giungeva solo a Susen e non era asfaltata. Durante un sopralluogo con il Sindaco di Vervio, Andrea Visini, osservavamo i prati con l’erba alta, da tempo lì a marcire per l’incuria dei proprietari, proprietari non colpevoli perché il fieno non lo voleva più nessuno. Erano gli anni delle “vacche grasse” e i contadini avevano scelto una diversa occupazione, il lavoro nelle industrie create in fondovalle. “Quando la strada verrà asfaltata” pensavamo” forse i proprietari dei terreni provvederanno agli sfalci”. Ma così non è avvenuto e lo spettacolo oggi non è edificante. Speriamo che l’ente pubblico si metta una mano al cuore e aiuti finanziariamente i proprietari, o i loro figli nel salvare i prati in quota.
Ho scritto che poco sopra il rifugio esiste una malga attiva. Quindi troviamo il casaro e le mucche. Il fabbricato è stato ristrutturato alcuni anni or sono e la potenzialità dell’alpeggio è superiore al numero delle mucche che i proprietari dei quadrupedi affidano al casaro. Vita dura è quella del casaro e, da anni, l’ente pubblico viene loro in aiuto. Così dovrebbe essere anche per gli sfalci.
Una delle fesserie commesse dall’Unione Europea è stata quella dell’introduzione degli orsi da noi. E per di più gli squilibrati che dettano legge al nord Europa desiderano che le spese necessarie alle recinzioni delle numerose aree private soggette a distruzione a causa dei plantigradi siano sostenute da noi! Se questa non è pazzia lo lascio decidere ai lettori. La somma che dovremmo spendere noi per la nostra incolumità potremmo destinarla diversamente: nello sfalcio dei prati. Eliminando gli orsi salveremmo anche i nostri asini. Rimarrebbero, in tal modo, solo gli asini della Unione Europea.
Giancarlo Bettini

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