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giovedì 1 gennaio 2015

IL MITO BONATTI È TORNATO ALL’APRICA

Un’ora e venti di filmati d’epoca e più recenti, intervallati dai racconti e dalle riflessioni illuminanti di Rossana Podestà: non un’apologia ma una retrospettiva della vita di Walter Bonatti. La storia dell’uomo, prima ancora che quella di uno dei più grandi alpinisti di sempre, condita da aneddoti di vita quotidiana. È questo in estrema sintesi il contenuto del docu-film W di Walter proiettato lunedì sera 29 dicembre presso la sala gremita della sala congressi di Aprica, lodevolmente proposto dalla locale sezione CAI, presente la regista Paola Nessi.
La ex diva del cinema anni 50/70, anche lei scomparsa circa un anno fa proprio poco dopo il termine dell’opera e la sua presentazione pubblica, ha voluto narrare a suo modo, dalla casa di Dubino in Valtellina, la vicenda umana – e in controluce la loro trentennale storia d’amore – del protagonista di imprese epiche (celeberrima quella del 1954 sul K2), ma anche insaziabile esploratore di terre lontane e photoreporter per Epoca di vulcani, deserti, mari e foreste.
Angelo Schena, presidente della Fondazione Luigi Bombardieri ed ex presidente CAI Sondrio, ha ben sintetizzato l’incontro, in qualche modo ineluttabile tra i due: la celebre Nausicaa del film Ulisse e proprio l’eroe greco di Omero, come fu anche definito Bonatti all’epoca delle sue più straordinarie imprese. L’ultima, nel 1965, la prima invernale sulla Nord del Cervino, lo rese definitivamente pago e ripagato, in particolare delle calunnie patite all’epoca del K2.
Vale la pena di ricordare che Ardito Desio, capo spedizione dell’impresa del 1954 sulla “montagna degli Italiani”, gli aveva preferito Compagnoni e Lacedelli per l’ultimo assalto alla vetta, impiegando Bonatti come sherpa per la corsa a portare l’ossigeno ai due fino all’ultimo campo e obbligandolo poi, insieme al compagno Mahdi, a trascorrere all’addiaccio un’intera notte ad ottomila metri – la cosiddetta zona della morte – avventura dalla quale i due uscirono miracolosamente vivi, anche se prostrati nel corpo e nello spirito.
Solo molto tardivamente, nel 2004, quando la verità era ormai conclamata, anche il CAI nazionale rimise a posto le cose della gloriosa, ma troppo politica conquista del K2 e riabilitò Bonatti come uno degli artefici principali dell’impresa, mandando in polvere le meschine accuse di aver addirittura succhiato l’ossigeno destinato a Compagnoni e Lacedelli. E proprio verso la fine del film si parla di un’altra ombra che gravò non poco su Bonatti, quella della tragedia del Bianco, dove quattro dei sette dell’improvvisata spedizione comune morirono. Ebbene, Mazeaud, uno dei sopravvissuti insieme a Bonatti, scagionò anche qui completamente lo scalatore lombardo dal non aver fatto il possibile per evitare la morte dei compagni.
Convinti applausi al film e alla regista, che ha annunciato la prossima distribuzione in dvd dello stesso in allegato al Corriere della Sera e alla Gazzetta dello Sport il 20 febbraio 2015. Tra le autorità intervenute, il sindaco di Aprica Carla Cioccarelli (“quella di Bonatti e Podestà è la storia di un grande amore in connubio con la passione per la montagna e la natura”, ha detto), il vicesindaco Bruno Corvi, Don Augusto Azzalini e il presidente della sezione CAI aprichese Marco Negri.
Riguardo al lascito di Bonatti, a precisa domanda, Schena ha risposto che non sembra intenzione degli eredi (i figli della Podestà) mantenere la casa di Dubino ed esaudire il desiderio di chi la vorrebbe trasformare in museo, mentre sorte migliore dovrebbero avere documenti, filmati e attrezzature dello scalatore-esploratore, che sono al momento conservati presso il caveau di una banca a Tirano.
Antonio Stefanini

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