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domenica 22 febbraio 2015

"IN PROVINCIA DI SONDRIO RISCHIANO DI SPARIRE 2299 ETTARI DI SUOLO AGRICOLO"

La nuova legge sul consumo di suolo approvata dal Consiglio regionale lombardo e presentata con enfasi dalla Lega Nord della provincia di Sondrio, e in particolare dal sottosegretario Ugo Parolo, avrà ripercussioni negative sulla provincia di Sondrio: l'ennesimo risultato di una politica regionale debole che solo a parole si professa a favore dei territori.
Un'analisi approfondita sui suoi effetti sul nostro territorio evidenzia come è proprio la nostra provincia, fra tutte quelle lombarde, a maggior rischio cementificazione. Diversi soggetti come il Centro di Ricerca sui Consumi di Suolo (CRCS), con Legambiente, Istituto Nazionale di Urbanistica (INU) e Politecnico di Milano lanciano l'allarme: nei prossimi 30 mesi, in provincia di Sondrio rischiano di sparire 2299 ettari di suolo agricolo, pari a circa il 27% del nostro suolo esistente già urbanizzato. In tutta la Lombardia, che peraltro ha già una percentuale di cementificazione maggiore della media nazionale, si stimano nuovi consumi di suolo pari a circa quattro volte la città di Milano. In pratica: il 30% in più di quanto costruito nel primo decennio degli anni 2000, quando si assistette all'ultimo boom immobiliare. In questi 30 mesi infatti, non vi è alcuna limitazione all'attuazione dei contenuti dei PGT vigenti nei comuni, nemmeno per quanto concerne la trasformazione delle aree agricole in edificate. Una vera e propria licenza ad "uccidere" il nostro territorio.
La nuova legge regionale sul consumo di suolo è il risultato di una mediazione al ribasso fra le forze di maggioranza in Regione: si era partiti da un testo ben diverso nelle intenzioni e nei contenuti, che il Partito democratico aveva proposto per primo in Regione, già nella scorsa legislatura, vista l'urgenza di legiferare in materia di consumo di suolo, soprattutto in merito alle questioni del dissesto idrogeologico, oltre che del paesaggio, dell'ambiente e della qualità della vita; argomenti fondamentali per il nostro territorio.
La scelta della giunta Maroni alla fine è stata quella attendista e un po' pilatesca di posticipare la riduzione del consumo di suolo di 30 mesi (ammesso che non subentrino le "solite proroghe", che sposterebbero ancor più là questo termine). Ciò significa che nell'immediato, si avverte il pericolo di una corsa ad edificare, anche senza una vera necessità: quindi il rischio concreto di altre costruzioni invendute, altri capannoni vuoti, di cui il nostro territorio non ha certamente bisogno.
Come si può coniugare questa scelta politica con la promozione delle peculiarità turistiche, paesaggistiche, ricreative ed ambientali, che anche la Regione Lombardia riconosce essere fra le ricchezze principali di Valtellina e Valchiavenna?
Si poteva e si doveva osare di più, con più coraggio: quel coraggio che il presidente Maroni, la Lega Nord  e la maggioranza che governa la Regione non hanno mostrato. Esistono infatti dei precedenti eccellenti. La Toscana ha appena approvato una legge che da subito pone un vincolo vero al consumo di suolo: oltre il perimetro urbanizzato, non sarà più possibile costruire e bisognerà riusare le vecchie abitazioni invece di edificarne nuove.
Bisogna anche negare l'assioma per cui consumo di suolo zero significhi sviluppo zero.
La Regione farebbe meglio a disincentivare sul serio le trasformazioni di aree agricole, censire gli stabili in disuso e incentivarne il recupero, senza pregiudicare così le attività edilizie delle imprese, approfittando anche degli incentivi governativi sulle ristrutturazioni e sul miglioramento dell'efficienza energetica, che stanno dando buoni risultati anche in ambito lavorativo e che il governo Renzi ha già riproposto per il 2015: è necessario cioè che la Regione si faccia promotrice della diffusione di buone pratiche per le ristrutturazioni, sia sotto l'aspetto strutturale che energetico. Basti pensare che in provincia di Sondrio, la crescita della superficie antropizzata negli ultimi anni è stata notevolmente sovradimensionata rispetto alla crescita della popolazione: si stima inoltre che esistano circa 12 mila case abbandonate nei nuclei storici e ci sia una superficie pari al 2% del territorio occupata da aree dismesse di fondovalle da recuperare.
Valorizzare e ristrutturare l'esistente significa davvero migliorare la qualità delle nostre città e dei nostri paesi, mantenendone viva l'identità, sfruttandone le potenzialità della loro storia e del paesaggio in cui sono inseriti; valori questi ultimi che invece continuano ad essere messi in secondo piano, rispetto alle logiche del costruire necessariamente comunque e dovunque.
Il Segretario Provinciale
Salvatore AMBROSI

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