Preziosa testimonianza sulla vita dura del dopo guerra in Valtellina quella raccontata nel volume Il Farina. Vita e avventure di un contrabbandiere di caffè alla metà del Novecento autobiografia di Luigi Sordelli. Il libro ripercorre la vita del protagonista, dai drammatici inizi fino agli anni sereni della pensione.
Nato “settimino”, Luigi Sordelli rimane orfano di madre all’età di quattro anni: da questo momento, racconta, la sua vita non sarà più la stessa. Il giovane Sordelli impara “con le buone” ma ancora di più “con le cattive” come stare al mondo. Nel libro scrive che ricorda come fosse ieri il giorno in cui venne picchiato da suor Alma e le volte che il padre gli dava una “passata”.
Nonostante i castighi e le punizioni niente riesce a fermare l’animo vivace e irrequieto del piccolo Luigi che non perde occasione per fuggire da casa e andare a giocare all’aperto con gli amici della contrada di Baruffini. Arrivato alla quinta elementare, dopo aver ripetuto due volte la terza e la quarta, Luigi Sordelli lascia i banchi di scuola e le noiose sottrazioni per aiutare il padre nel lavoro dei campi. «Portare la bricolla non era una scelta – spiega – bisognava farlo per poter mangiare». La vita a Baruffini si divideva tra i campi di patate e i filari di uva, ma ben presto Luigi comincia a conoscere anche i sentieri che dalla frazione portano al di là del confine. All’età di quattordici anni Luigi porta il suo primo sacco dalla Svizzera all’Italia: comincia, così, un’attività che lo impegnerà per quasi vent’anni.
Lo scrittore racconta che inizialmente portava sacchi di zucchero insieme alle donne; solo più tardi passa al contrabbando di caffè. Da spallone Sordelli diventa un piccolo imprenditore grazie all’acquisto di un deposito a Viano e alla costruzione di una torrefazione di caffè a Baruffini. «La prima torrefazione di caffè è stata aperta nel 1959 – racconta -. A Baruffini ne sorsero sette, tredici a Roncaiola». L’attività prosegue fino al 15 gennaio 1973, data dell’ultimo viaggio di Sordelli dalla Svizzera all’Italia.
Negli anni Settanta con la svalutazione della lira e l’aumento dei controlli della finanza diventa sempre più pericoloso e sempre meno redditizio commerciare illegalmente il caffè. All’età di ventotto anni Sordelli decide di abbandonare il contrabbando e trova lavoro prima come operaio in Svizzera e poi all’ospedale di Tirano in qualità di aiuto cuoco. Nonostante i nuovi incarichi, Sordelli ha continuato a lavorare la vigna ereditata dalla madre e a produrre il proprio vino, attività che lo impegna ancora adesso.
La scrittura scorrevole e coinvolgente, il valore di una testimonianza reale che racconta la vita negli anni difficili del dopo guerra valtellinese rendono il volume di Sordelli un prezioso contributo alla storia locale oltre a rappresentare uno strumento educativo per le giovani generazioni. Il libro comprende un ricco apparato fotografico contenente immagini d’epoca e ricostruzioni moderne con l’intento didascalico si mostrare il funzionamento del contrabbando del caffè.
Camilla Pitino
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