Da ragazzo, molti come me hanno “scoperto” quel forte in ogni suo angolo. Alcuni di noi hanno raccontato la loro avventura agli amici aggiungendo mistero a mistero, portando un alone di fascino tra quelle possenti mura.
Un combattente della Prima guerra Mondiale, sollecitato dalla mia curiosità, mi parlò di quel forte e disse :
“Il forte Sertoli fu costruito tra il ‘13 e il ’14 in funzione di una precisa strategia militare. Esso non mirava a colpire il nemico in prossimità del forte, ma a fronteggiarlo da lontano in modo tale che non potesse entrare nella conca di Tirano.
Il suo scopo era quello di “ martellare “con artiglieria di grosso calibro le truppe nemiche impedendone l’ammassamento. Tra i suoi compiti vi era quello di distruggere i ponti, le strade, la ferrovia e tutto ciò che avrebbe consentito il transito e lo stazionamento del nemico e di proteggere la Valle da una eventuale invasione proveniente dall’Engadina.
Per essere adatto allo scopo il forte doveva essere costruito in una posizione strategica e ben mimetizzato, doveva essere dislocato in un’area dove i suoi tiri di cannone avrebbero spaziato da nord a sud e per questo era stata scelta la piana di Canali sulle pendici del Padrio.
Allora si temeva una invasione austriaca da Nord attraverso il passo della Stelvio, da Sud attraverso il passo del Tonale e dall’ Aprica, ma soprattutto dall’Engadina giungendo in Val Poschiavo.
Il forte Canali poteva spaziare con i suoi tiri di cannone fino al Mortirolo, in Valle fino a Grosio e Mazzo e in Val Schiazzera e , nel caso di una invasione austriaca o tedesca dalla neutrale Svizzera; le sue cannonate in Valposchiavo arrivavano fin oltre Brusio e in Val Saiento, Nel caso in cui l’invasione fosse avvenuta dall’Aprica e dalla bassa valle il fuoco del forte poteva arrivare fino a Teglio.
Il forte è stato protetto anche da un attacco di fanteria; per questo è stato dotato di un fossato difensivo largo otto metri e profondo cinque con un ponte retrattile.
Insomma, era stato progettato un forte somigliante alle antiche fortezze del passato, anche se non avrebbe sicuramente retto per molto tempo ad un assedio a causa della mancanza di una seria autonomia di viveri, di acqua e di energia “.
Negli primi anni ’50 ricordo di aver “esplorato” in ogni sua parte quel forte con l’amico Luciano; un intrepido mio compagno di giochi.. Mi piace raccontare l’avventura perché allora non era così diroccato e privo d’ogni armamento come lo è oggi.
“Dopo aver raggiunto il vasto piazzale del forte Canali, siamo transitati alla chetichella, per non farci scorgere dal guardiano che alloggiava nella palazzina adibita ad alloggi ufficiali, e siamo giunti a lato del caseggiato che fungeva da cucine, stalle e depositi vari.
Abbiamo superato la casa disabitata del corpo di guardia che era immersa nella vegetazione e protetta da una selva di punzoni di ferro intrecciati da filo spinato fino a raggiungere il ponte retrattile.
Quel ponte in travature in ferro e con la camminata fatta da robusti travi in legno sovrasta l’ampio fossato che circonda interamente il forte.
Dopo aver valicato il ponte siamo entrati nel forte; un unico e lungo corridoio spazia per l’intera struttura. Da qui, tramite ripidi scalini in pietra siamo saliti all’interno d’una delle quattro torrette corazzate dove, incassate nella struttura muraria, vi sono le nicchie di deposito per le riserve dei proiettili del pezzo da 149 mm. Le cupole in ferro sono però orfane dei cannoni che, a detta degli anziani, erano stati tolti dopo l’ultima guerra. Dalla torretta corazzata siamo usciti all’esterno sull’ampio terrazzo in calcestruzzo passando attraverso il vano dove era alloggiato l’affusto del cannone. Dall’esterno, le quattro torrette corazzate, ci sono parse quattro enormi elmi annegati nella poderosa struttura di cemento e ferro. Dopo corse e saltelli sulle cupole scivolose di ferro sono di nuovo rientrati all’interno del forte tramite una botola che in origine era una torretta corazzata a scomparsa per controllare il tiro dei cannoni. Scesi dalla ripida scaletta in pietra ci siamo ritrovati di nuovo nel lungo corridoio.
A lato, verso il fossato, abbiamo ispezionato quelli che dovevano essere i locali alloggi ufficiali, l’infermeria e il magazzino degli artiglieri. Con cautela abbiamo superato un vano profondo alcuni metri che doveva essere il cunicolo montacarichi dei pezzi d’artiglieria, poi sono scesi nella lunga e buia scaletta in pietra. Giunti in fondo ci sono trovati innanzi un lungo corridoio in cui si poteva intravedere solo una debole luce da un lato.
Proseguendo a tentoni siamo giunti in un ampio locale con una grande finestra in ferro che dava sul fossato.
Ritornati nel cunicolo, per continuare l’ispezione, siamo giunti in altri due locali senza finestre; subito abbiamo pensato che quei locali dovessero essere i depositi munizioni e delle polveri.
Bisognosi di luce siamo ritornati nell’ampio locale la cui finestra dava sul fondo del fossato del forte, con l’intenzione di risalire da quella via, ma la fitta vegetazione e i reticolati hanno impedito l’avventura.
Ritornati nel buio cunicolo, rifatta la ripida scalinata, siamo giunti di nuovo nel lungo corridoio del forte oltre il quale abbiamo oltrepassato l’ingresso e abbiamo visto il locale che era adibito a camerata per la truppa, il locale deposito viveri e il locale del gruppo elettrogeno. Più avanti siamo scesi, tramite ripida scalinata, ad una torretta corazzata con due strette feritoie posta a protezione del fossato. Era certo che chiunque si fosse avventurato nel fossato per assalire il forte sarebbe stato falciato dal fuoco delle mitraglie ubicate nelle tre torrette agli angoli del fossato.
Quel giorno ispezionammo il forte in modo sommario, ma poi ritornammo nei giorni successivi e conoscemmo il forte quanto le nostre contrade.
Il forte Sertoli che dal ’18 era stato presidiato dall’Artiglieria di Fortezza e in varie fasi dalla Territoriale è rimasto “ armato “ fino al 1949, poi il Ministero della Difesa decise di affidarlo al Demanio Pubblico e ora, ai giorni nostri, appare in rovina. Tutte le strutture accessorie esistenti negli anni ’50 sono state distrutte. Perfino le cupole corazzate dei cannoni sono state asportate senza accortezza distruggendo e diroccando il forte. Un vero scempio e un gran peccato, poiché altri forti come quelli di Montecchio Nord e del Venini hanno avuto migliore sorte.
Ora però le cose stanno cambiando, il Comune di Tirano sensibile a questo tema ha ottenuto dal Demanio la possibilità di disporre della struttura per strapparla al completo abbandono. Il forte Sertoli, anche se può sembrare un rudere immerso nella fitta boscaglia, non è del tutto irrecuperabile; con dei costi non eccessivi e con buona volontà si può salvarlo dal degrado; si può renderlo accessibile e visitabile in sicurezza poiché la possente struttura è ancora valida.
Ciò sarebbe un atto dovuto in quanto il Forte Sertoli oltre che essere parte della nostra storia è anche parte di un territorio tra i più panoramici.
Ezio Maifrè
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