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martedì 20 luglio 2010

DOPO LA TRAGEDIA L’EVACUAZIONE

I giorni che seguirono il 17, il 18, il 19 e il 20 luglio furono giorni di paura, un silenzio surreale invadeva le nostre case, uomini e mezzi meccanici facevano il loro instancabile lavoro. (Di Ivan Bormolini)

Con sguardo preoccupato seguivamo i telegiornali, il tanto lavoro, le tante fatiche e i tanti sacrifici fatti della nostra gente laboriosa di colpo andarono persi, la furia delle acque spazzo via il lavoro di una vita, i sogni, il futuro. Bisognava di nuovo rimboccarsi le maniche salvare il salvabile e ripartire e così è stato.
Poi come se l’alluvione non avesse già lasciato segni indelebili nell’animo e nelle cose la furia ceca e incontrollata della natura provocò una nuova lacerante ferita con la frana del monte Coppetto, di nuovo allarme, il corso del fiume aveva subito un brusco stop, l’enorme quantità di materiale scesa a valle quella mattina aveva mutato per sempre l’aspetto geografico di un luogo, un paese cancellato, tutto terribilmente sepolto, vite umane impegnate a scavare trovarono a Sant’Antonio Morignone il loro cimitero per sempre.
Grande paura suscitò quel lago creatosi in val Pola, andava svuotato bisognava limitare la pericolosità di quell’invaso che destava timore, ma per far questo i cittadini della valle dovettero lasciare di nuovo le loro case e non si sapeva per quanto tempo. Ancora un duro colpo per una popolazione già provata da quell’immane furia della natura.
Ecco allora tornare alla mente le parole che lo storico giornalista tiranese Giancarlo Berandi scrisse su un numero del “Tiranese”proprio mentre si accingeva a lasciare la città:

“ CI DAVA, IL PERCORRERE PIAZZA CAVOUR VUOTA UN SENSO DI SMARRIMENTO, QUASI DI VERTIGINE, DANDO UN’ULTIMA OCCHIATA A TUTTO CIO’ CHE DA SEMPRE CI ERA FAMIGLIARE, CON IL PENSIERO ANGOSCIOSO CHE, FORSE, TUTTO QUANTO ANCORA VEDEVAMO POTESSE ESSERE DISTRUTTO DA QUELLA FURIA DEVASTANTE DELLE ACQUE.
ERA UN’ ANGOSCIA CHE SI ACUIVA MAN MANO SALIVAMO VERSO LA STRADA DI RONCAIOLA E, SPESSO, LO SGUARDO INDUGIAVA ALLA RICERCA DELLA NOSTRA CASA, DELLA NOSTRA CHIESA, DEL CIMITERO DOVE RIPOSANO I NOSTRI CARI.
ERA UN DISTACCO CHE TI LACERAVA, TI SEGNAVA, QUASI TI STORDIVA PER QUEL SENSO IRREALE CHE PORTAVA IN SE
SEMBRAVA UN SOGNO, UN INCUBO, MENTRE INVECE ERA TUTTO VERO; TREMENDAMENTE VERO”.
GIANCARLO BERANDI.

Credo che queste parole si commentino da sole, sono la descrizione precisa e minuziosa dello stato d’animo di coloro che in quelle ore dovettero abbandonare le loro cose e la loro casa.
Ricordo che in quei giorni guardavo Tirano dalla Frazione di Baruffini, sembrava un deserto, un’immagine irreale, si vegliava con apprensione il fiume Adda che il giorno della storica tracimazione controllata del lago di val Pola che scorreva tranquillo. Per fortuna tutto si è risolto così!
Ma al ritorno nelle nostre case il pensiero andava a quella catastrofe, a quei tanti morti e con forza si sperava e si spera che la Valtellina non debba più ad essere protagonista di un simile scenario di distruzione.

Ivan Bormolini

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