Un gioiello in un cassetto è pur sempre un gioiello, ma per essere valorizzato va indossato, va curato e amato quasi fosse pietra viva. Così è anche per un giardino antico. Un giardino abbandonato, non curato conserva pur sempre quel fascino di “ giardino segreto” che porta ad antichi ricordi, ma per farlo rinascere occorre che qualcuno lo curi, lo ami, lo viva momento per momento.
Lorenzo Baruffaldi, se ne è innamorato e ne ha preso cura. Alle ore 21.00 di mercoledì 28 luglio, il giardino Arcari in Tirano è dunque rinato. Il giardino, magnifico nel suo fascino antico, ora è aperto al pubblico ed è ben curato. Lo si è potuto vedere e toccare con mano nella splendida serata di musica con fisarmonica e dialetto tiranese organizzata dall’Associazione Fisarmoniche Valtellina con la perfetta regia di Rusconi Luciano.
Tempo di patòs e di poesia in un giardino tra bellezze architettoniche di una Tirano che fu; e allora cosa si poteva donare per questa rinascita d’un luogo così antico e magico se non il suono di una fisarmonica, strumento che si udiva nelle nostre contrade la sera nei dì di festa accompagnata dall’espressione viva e verace del nostro idioma? Marco Ambrosini , Veronica Bombardieri e Bruna Pedrazzini hanno saputo interpretare magistralmente per l’occasione brani poetici e letture di Pola, Tozzi, Maifrè , accompagnati dalle fisarmoniche del bravo Maestro Doriano Ferri e dal simpatico e estroverso Lorenzo Baruffaldi. Hanno creato con i loro brani musicali un “accompagnamento da incanto ” alle parole dialettali.
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Nel giardino di luci e ombre, tra sospiri e battimani, il numeroso pubblico (presente il signor Prevosto don Remo Orsini e l’assessore al turismo e commercio di Tirano signora Stefania Stoppani), ha seguito con attenzione le letture; a volte in un silenzio rispettoso e d’ammirazione per la vena poetica dell’autore ( Pola, Tozzi, Ambrosini ) e a volte con sorrisi dettati dai temi goliardici e di narrativa allegra ( Pedrazzini-Maifrè ).
Serata fantastica, dunque. Ci auguriamo che lo stupendo giardino Arcari sia in futuro teatro di eventi e esposizioni artistiche. E perché no? Anche di un luogo tranquillo e rilassante dove genitori e nonni possaano portare figli e nipoti al fresco sotto i grandi pini, sedersi tra le panchine d’antica fattura e leggere qualche pensierino in dialetto tiranese perché in quel luogo sicuramente il nostro dialetto era di casa e anche oggi risuona quale motivo di storia e tradizione. (e.m.)
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