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lunedì 30 agosto 2010

LA TIRANO CHE VORREI

30 agosto 2010 - Quest’estate mi trovavo a Baruffini, lì in quella via Selva si assapora una pace irraggiungibile in altri luoghi; vi regna un silenzio che forse va ascoltato perché ti invita a riflettere, a pensare su ciò che è stato e ciò che è... (Di Ivan Bormolini)

Attorniato da questo silenzio irreale e cullato da un leggero venticello mattutino ho iniziato a guardarla dall’alto questa nostra Tirano e proprio quell’assenza di sterili suoni inutili e moderni rumori mi ha invitato a riflettere.

Mi sono immaginato la Tirano antica, un piccolo borgo abitato attorno alla chiesa parrocchiale, chiuso nelle antiche mura oggi in via di degrado e bisognose di un intervento che ne preservi l’entità storica e culturale affinché quell’opera, voluta dal Moro, non abbia a perdersi nei meandri di un desolante e definitivo abbandono.
Qualcosa in passato con il restauro del castello di Santa Maria e il recupero delle porte Milanese e Poschiavina è stato fatto ma ora è di nuovo tempo di intervenire. Non è possibile vedere tratti di antiche mura attorniate da un letamaio o da un deposito di materiali agricoli; ferisce l’animo di chi tiene a queste identità storiche vederle abbandonate a un destino ben lontano da quel che dovrebbe identificarsi in uno spirito di tutela e conservazione di un patrimonio storico così importante.

Mi sono immaginato i Visoli con la chiesa di Sant’Alberto, il piccolo nucleo abitato del Dosso, luoghi che hanno segnato gli albori della storia di Tirano; ho rivisto i contadini, quelle lavandaie sul greto del fiume e quegli stili di vita, quei sapori, che il tempo e lo sviluppo hanno cancellato e che solo il ricordo mantiene vivi.

Nei decenni passati la città è cresciuta e cresce ancora, si è espansa. Quel moderno viale Italia era privo di abitazioni, solo campi e prati; la zona da piazza Unità d’Italia scendendo era un’immensa distesa verde, poche erano le strade prevalentemente ad uso agricolo. Una magnifica foto ingiallita dal tempo e riposta nel cassetto dei ricordi dei nostri avi e dei nostri padri che ancora rammentano quella Tirano.

Eppure oggi, in un tempo di progresso e civilizzazione, la città ha bisogno di altro: sto parlando della tanto sospirata tangenziale che la renderebbe più vivibile senza quel traffico opprimente che crea code e danneggia la salute dei cittadini desiderosi di tornare a vivere questa nostra Tirano senza dover fare i conti con un sistema viabilistico obsoleto e non in grado di dar vita a quel bel progetto di luogo a misura di cittadino.

I progetti ci sono, occorre che non si incaglino in quel sistema assodato di un’Italia burocrata e spendacciona; servono finanziamenti certi, ma soprattutto, per questa strada della rinascita, bisogna che dalle tante promesse si arrivi ai fatti, fatti che non si devono fermare al primo lotto ma che devono progredire per dare all’intera valle un nuovo concetto viabilistico.
La tangenziale e il traforo del Mortirolo: una nuova visione strategica che si sposerebbe bene anche con il progetto, proposto da privati, che vedrebbe Tirano dotarsi del coaster, un mezzo di trasporto in grado di portare da Tirano a Trivigno per poi scendere in Aprica i turisti e i cittadini.
Per la città, sempre più alla ricerca di una vocazione turistica, il coaster potrebbe rivelarsi una carta importante. Certo, per la sua attuazione occorrerebbe rivedere in parte l’assetto urbanistico, ma l’idea potrebbe dare degli impulsi positivi.
Immaginare la partenza, magari nell’area del centro zootecnico oggi bisognoso di un radicale intervento di riqualificazione che ne riscriva una precisa identità, non sarebbe male. Così come il coaster potrebbe segnare un nuovo punto a favore all’interno di un piano di sviluppo turistico che vedrebbe coinvolta, positivamente, anche l’alpe Trivigno che potrebbe divenire un bel e naturale punto di attrattiva turisica.

Sotto il profilo del turismo quest’estate è poi emerso che i servizi di parcheggio per gli autobus delle linee di gran turismo non si adattano ad una logica di città a misura di turista: una pecca e una mancanza che dimostra una lacuna su cui bisogna lavorare per trovare una soluzione consona; ma da un altro lato dico che si sta facendo bene per la promozione di Tirano. Alcuni frutti sono già stati raccolti, altri stanno maturando sulla pianta delle idee. A fianco di tutto ciò occorre lavorare attentamente, anche sull’aspetto della logistica correlata al turismo, ossia le infrastrutture necessarie.

Per il resto direi che l’unione di intenti che ha portato all’organizzazione di nuovi eventi estivi capaci di promuovere Tirano dal punto di vista turistico e commerciale va applaudita. Far conoscere la città, le sue peculiarità culturali ed enograstronomiche, farci conoscere come “città slow”, e come “città del vino” ad un pubblico sempre più ampio deve divenire un imperativo.
Tirano ha da offrire tanto, come terra di storia e di cultura ed anche come territorio con una forte storia e vocazione religiosa: non dimentichiamoci che il Santuario deve divenire sempre più punto strategico all’interno di una più ampia visione di un turismo anche religioso così come avviene in altri luoghi.

Che bello sarebbe vedere un giorno Tirano assomigliare a quelle cittadine, alto atesine, svizzere o austriache dove spesso, a fianco di un radicato sistema industriale e artigianale, si sposa un positivo sviluppo turistico.
Da quel che ho potuto cogliere siamo sulla strada per raggiungere determinati obiettivi, occorre crederci e sviluppare iniziative propositive; tutto questo potrebbe portare un giorno, forse nemmeno troppo lontano, a far nascere quella Tirano che vorrei, anzi che vorremmo.

Ivan Bormolini

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