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domenica 19 settembre 2010

MEDICINE IERI E OGGI - Seconda Parte

Continua la riflessione e il viaggio tra la medicina moderna e quella passata. (Di Domenico Corvi)

Se l’incidente traumatizzante accadeva in montagna, allora bastava prendere un “verùbbiu” o trapano a mano e praticare un buco sul tronco di un larice; la resina che ne colava, applicata sul taglio, lo faceva rapidamente rimarginare.

L’aglio, legato a collare intorno al collo, era quanto di più attivo per far tornare nell’intestino i “verùm “ che tentavano di salire in gola. Quanto questo metodo fosse praticato (del resto si pratica tutt’ora in molti paesi e frazioni di montagna ) è dimostrato dal fatto che ancora non molto tempo fa mi è capitato di vedere bambini con legate attorno al collo le supposte contro il mal di gola, naturalmente la colpa è del medico che non ha saputo spiegarsi nel modo dovuto.

In un tempo in cui le parassitosi erano assai più diffuse d’adesso, date le condizioni igieniche e la scarsità di comodità, un vero e proprio rito era costituito dalle cure della tenia o verme solitario, operazione questa che coinvolgeva spesso tutti i componenti della famiglia.
Dopo una dieta di almeno una settimana a base di insalata e uova sode e la somministrazione di un certo numero di semi di zucca, seguita da un violento purgante, alla fine il povero verme, non meno stremato del suo sfortunato ospite, si decideva a presentarsi all’orifizio anale in cerca di un po’ di cibo e qui trovava ad accoglierlo un capace orinale o addirittura un bacile dove inevitabilmente cadeva esausto. Qui interveniva tutta la famiglia al completo che, rimescolando coscienziosamente il lungo nastro biancastro, non lo mollava più fin che non era riuscita ad individuare la microscopica testolina, e questo era segno sicuro che l’operazione era andata a buon fine, altrimenti non restava altro che, dopo un salutare intervallo di riposo, ricominciare tutto da capo.

Il problema di maggior impegno era poi quello della cura delle malattie nervose. In un tempo in cui le superstizioni avevano facile vita, il demonio faceva la parte del leone.
Spesso era solo la miseria e lo stomaco vuoto che creavano stati allucinatori; le credenze popolari ed un certo concetto errato della religione facevano il resto. L’isterismo, l’epilessia, le forme demenziali erano sempre attribuite ad una cattiva influenza del maligno e pertanto toccava alla fede guarirle. Si organizzavano pellegrinaggi ai santuari specializzati nel ramo; ricordo d’aver sentito menzionare fra questi il santuario di Gallivaggio ed una non meglio specificata “ Madonna di Ardes”. E’ questo però un campo dove anche oggi è ostico aggirarsi, quindi sorvoliamo.

Ci sarebbe da scrivere per pagine e pagine e forse mi sono lasciato prendere la mano. Quel che mi premeva dire era in sostanza che la medicina, ieri come oggi, miracoli non ne può fare e che i farmaci devono essere aiutati anche da molto buon senso e da un po’ di spirito critico. Oggi i termini si sono un poco invertiti; il libretto della Mutua ha preso il posto dell’esorcista; i bei flaconi pieni di pillole colorate sono diventati i nuovi portatori di salute.
Oggi non si dovrebbe neanche più morire; il sogno di Faust è realizzato. Lo Stato offre medicine a tutti e medici pagati apposta per ricettarle; la salute si compra in farmacia. Oggi non si curano le malattie, ma si prevengono. Forse è per questo che il più delle volte si chiama il medico prima ancora di essere sicuri di averne bisogno: “urmai l’è pagàa !“

Un tempo , quando un bambino aveva la febbre, la madre prima provava a fargli il solito clisterino, poi gli metteva la suppostina febbrifuga; poi, se nonostante tutto questo la febbre non accennava a scendere, ci si buttava qualcosa sulle spalle e si andava a bussare rispettosamente alla casa del medico; e quello accorreva perché era sicuro che la sua opera era necessaria. Oggi invece la madre guarda il bambino e, se solo la sfiora il sospetto che possa stare poco bene, neanche perde tempo di sincerarsene; si attacca a quell’infernale strumento che è il telefono e che ormai tutti possediamo, e chiama d’urgenza il medico; e guai a lui se non arriva di corsa; ci può scappare anche una denuncia per omissione di soccorso! Se poi, quando arriva, si sente dire che è stato un falso allarme , pazienza: “mèi cur par pòch che par tant!”.

Quello che volevo soltanto sottolineare è che l’abuso di medicine è quasi altrettanto dannoso quanto le malattie stesse e che spesso un po’ di buon senso e di spirito critico valgono più di qualsiasi medicinale. La malattia e la morte che ne consegue fanno parte della stessa natura dell’umanità; il nostro passaggio sulla terra è destinato ad essere solo temporaneo e questo nonostante tutti i medici e le medicine, siano esse il vecchio impacco di “ sùngia” o il moderno ritrovato frutto della ricerca scientifica più accurata.Quello che veramente conta è l’essere sempre pronti ad affrontare serenamente la nostra sorte, sicuri di aver fatto il nostro dovere e di aver lasciato un sereno e dolce ricordo...

(a cura di Ezio Maifrè)

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