Le origini tiranesi della famiglia Vido sono molto lontane nel tempo: il capostipite, Vido Francesco, giunse a Tirano da Solagna, paese della Valstagna in provincia di Vicenza, nel 1862.
Il Vido, che lavorava il feltro per i cappelli, si sposò nel 1864 con la signora De Campo Domenica appartenete a quel ramo dei De Campo soprannominati “Palèt”; da quell’unione nacquero sette figli: Giuseppe, Angelina, Maria, Francesca, Caterina, Egidio e Luigi.
Raccontare le storie di questi sette figli sarebbe interessante, ma prima di passare a descrivere la vita della maestra Angelina ci soffermiamo un istante sulla vicenda del primogenito Giuseppe che ebbe una vita molto avventurosa: Giuseppe Vido lasciò l’Italia e giunse come emigrante in Argentina a soli 15 anni; in quella terra lontana, così diversa dalla nostra, iniziò a fare moltissimi lavori fino a che venne assunto come usciere presso la banca d’Argentina. La sera, terminato il lavoro, si dedicò assiduamente agli studi ed in breve tempo divenne avvocato; molti si accorsero della sua grande abilità negli affari e in pochi anni, da quella scomoda sedia di usciere, divenne uno dei personaggi più in vista dell’istituto bancario argentino tanto da divenire direttore generale. Non fece più ritorno in Italia, poiché quando decise di tornare a rivedere i luoghi e gli affetti che lo legavano alla nostra Tirano, morì improvvisamente con i biglietti per il lungo volo in tasca.
Ma veniamo alla storia della maestra Angelina: la secondogenita della famiglia Vido nasce a Tirano il 17 novembre del 1885; nel 1903, dopo aver seguito un regolare ciclo di studi, ottiene il diploma di maestra e subito entra nel mondo della scuola insegnando per un anno a Fusine e per 8 anni a Berbenno, fino a giungere definitivamente a Tirano presso la scuola elementare di piazzale Credaro, dove insegna fino alla pensione avuta nell’anno 1946.
In ben 43 anni di insegnamento, da un’analisi dei registri scolastici, risulta che la maestra Vido si assentò per motivi di salute per un totale di soli novanta giorni negli anni scolastici 30/31/40/41 e 43/44. Non si sposò mai e dedicò tutta la sua vita alla scuola, alle opere sociali e di bene comune. La scuola fu la sua vera grande famiglia: con gli alunni strinse rapporti intensi comunicando loro il suo sapere, ma anche dando loro grandi lezioni di vita e per questo non è un caso che in molti l’hanno definita come una “mamma dei ragazzi”.
Le nostre parole sono però solo un vano tentativo, sicuramente troppo riduttivo, e forse non sono nemmeno degne di descrivere una personalità così attiva e nello stesso tempo così umile e buona di cuore. Abbiamo allora deciso di riportare alcuni stralci di una lettera che la maestra Adriana Bana, scrisse il giorno della morte della maestra Vido.
“Donna di nobile e spiccata personalità, benefica per la scuola, capace di condurre i giovani sulla via del sapere e capace di portare il calore del tuo grande cuore la dove esigeva conforto e affetto;la tua opera di maestra fu grande... ”.
La lettera, ormai ingiallita dagli anni, è scritta con una grafia bellissima che però si fa tremolante quando si toccano argomenti personali come ricordi o momenti di vita particolarmente toccanti; la maestra Bana ha sempre tenuto per se quelle parole fino a qualche anno fa quando ha deciso di spedire la lettera ad uno dei nipoti della maestra Vido che l'ha tenuta assieme a tutti i ricordi della zia.
Sempre in occasione della morte della maestra Vido il nostro concittadino Dante Tozzi scrisse un articolo molto bello sulla personalità della maestra; ne riportiamo alcuni tratti che ci aiutano in modo egregio a comprendere maggiormente la grandezza di questa umile maestra che tanto fece per l’istruzione dei tiranesi:
“La scuola tiranese è di nuovo in lutto. Colei che più degnamente l’aveva rappresentata, che in lunghi anni di lavoro alla scuola tutta aveva dato, ci ha lasciato.
Scompare con la Maestra Vido una cara figura della nostra città, l’amica dei poveri, degli umili l’amica del popolo.
… In povertà aveva sempre voluto vivere e nessuno più di Lei aveva obbedito con naturale slancio d’amore all’esortazione evangelica di dare il superfluo ai poveri: per i suoi poveri si privava spesso del necessario!
Una creatura così alta,così ricca di generosità e di altruismo non poteva essere che umile. Dava tutto a tutti, specialmente i tesori del suo spirito e della sua intelligenza che elargiva nella scuola e nella vita e mai desiderava comparire, schiva alla lode e al riconoscimento.
… Se la sua vita fu missione, la scuola fu per Lei vocazione e, poche volte, una vocazione fu così sentita. L’insegnamento fu per Lei dono di natura, reso più vivo dal suo grande cuore; subito eccelse, subito si conquistò gli animi: ne sono testimonianza l’affetto, la venerazione, di cui sempre la circondarono i suoi primi alunni, anche quelli che l’ebbero maestra per poco tempo e che la vita condusse lontano dalla nostra valle. Chi l’aveva conosciuta non poteva dimenticarla!
L’articolo di Tozzi continua poi descrivendo altri momenti di vita della maestra Vido, tocca nuovamente l’argomento della scuola affermando che la maestra Vido fece del suo modo di insegnare un modello sempre all’avanguardia, ed afferma che la scuola interpretata in quel modo era serena, gioiosa e ricca di molte attività nelle quali predominavano affetto e sincerità.
Tozzi menziona anche il difficile momento della pensione sottolineando che questa fu una delle scelte più difficili e amare per la maestra Vido ed in quel frangente ricorda anche i festeggiamenti che il popolo tiranese le riservò:
“... Tirano le manifestò allora tutto il suo affetto, tutta la sua riconoscenza, e Lei, sempre modesta, grande nella sua umiltà, rimase sorpresa di tanti festeggiamenti: disse allora di aver compiuto sempre e soltanto il suo dovere”.
La sua instancabile attività non si limitò solo alla scuola ma toccò anche l’ambito sociale; infatti, collaborò a lungo con il fratello Egidio che in quegli anni era segretario dell’Ufficio provinciale del lavoro e dell’immigrazione. Con lui scrisse molti articoli inerenti alle prime rivendicazioni degli operai e fu attenta e preziosa collaboratrice nell’istruzione degli emigranti che volevano lasciare il nostro paese per le lontane terre che in quegli anni accolsero molti italiani in cerca di quella fortuna che l’Italia ancora non poteva offrire.
Insegnò agli emigranti molte caratteristiche dei paesi dove questi cercavano un futuro migliore, nell’intento di rendere quell’arrivo in Paesi sconosciuti meno traumatico e ricco di qualche conoscenza su stili di vita sicuramente differenti dai nostri. In questo nobile progetto fu anche protagonista di corsi di formazione che lei teneva ai maestri che si impegnavano in quest’ambito sociale, ed in particolare tenne due corsi a Potenza e a Civitavecchia.
La sua opera rimane, oggi come allora, come un segno indelebile sia nell’insegnamento che nel sociale tanto che questo suo lavoro venne addirittura premiato con l’alto riconoscimento della medaglia d’oro al merito della pubblica istruzione.
Concludiamo la storia di questa Maestra con le parole che lei stessa pronunciò sul letto di morte: “Io penso che nell’ultimo supremo colloquio col Salvatore, quando domanderò perdono di tutti i miei peccati, gli chiederò fiduciosa: Hai una scuola da darmi in Paradiso?”
Oggi in perenne ricordo di questa tiranese veramente speciale abbiamo una via a lei dedicata; la scuola elementare di via dell’Agricoltura è stata intitolata a lei e tutti gli anni, alla fine dell’anno scolastico, viene dato ad uno studente di quinta elementare il Premio Angelina Vido che consiste in una somma di denaro.
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