Isaia Sales all’inizio del suo libro “I preti e i mafiosi. Storia dei rapporti tra mafie e Chiesa cattolica in Italia”, edito da Baldini e Castoldi, si pone delle domande: “Sono compatibili con la fede cristiana mafia, camorra, n’drangheta e sacra corona unita? Sono compatibili con la religione cattolica alcune delle organizzazioni criminali più feroci del mondo?”
E ancora: “Le organizzazioni di tipo mafioso avrebbero potuto ricoprire un ruolo plurisecolare nella storia meridionale e dell’intera nazione se, oltre alla connivenza di settori dello Stato e di parte consistente delle classi dirigenti locali, non avessero beneficiato del silenzio, dell’indifferenza, della sottovalutazione e anche del sostegno dottrinale di una teologia che trasforma degli assassini in pecorelle smarrite da recuperare piuttosto che da emarginare dalla Chiesa e dalla società?”
Isaia Sales conduce un’indagine di natura sociologica e storica. “Il libro vuole indagare le ragioni culturali, sociali e storiche della particolare religiosità degli esponenti della criminalità organizzata e anche la mafiosità di alcuni uomini del clero, andando indietro nel tempo, rifacendo la storia della Chiesa meridionale e delle principali organizzazioni mafiose”.
Le mafie oramai sono dappertutto, il problema è nazionale. “Gli storici e gli studiosi di varie discipline sono da tempo arrivati a questa conclusione: le mafie sono un problema complessivo delle grandi istituzioni formative (Stato, Chiesa, Famiglia, Scuola, Giornali, televisione) e dei grandi attori sociali (politici, imprenditori, professionisti, gente comune) prima che dei giudici e dei poliziotti”.
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