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giovedì 11 novembre 2010

L'ESEMPIO DI SAN MARTINO

11 novembre 2010 - Sapete come si chiama quel Santo a cavallo che si vede dipinto sulle vetrate della bella chiesa Parrocchiale in Tirano? Avete il nome sulla punta della lingua ma non vi esce. Allora ve lo dico io! E' San Martino patrono di Tirano... (Di Ezio Maifrè)

Sapete dirmi perché è a cavallo con una spada in mano intento a tagliare a metà il suo rosso mantello davanti ad un povero che supplica la carità? Vi dirò quello che io ho risposto a mia nonna Virginia, da piccolo, quando mi fece la stessa domanda.

“E’ un cavaliere Santo che incontra un povero infreddolito che chiede la carità. Poiché era un uomo buono ha tagliato a metà il suo mantello; un pezzo l’ha tenuto lui e l’altro l’ha dato al povero”. Voi cosa ne pensate di questo bel gesto di altruismo? Ho fatto la stessa domanda a un ragazzino intelligente e vispo e sapete cosa mi ha risposto il birichino? "Nonno, erano altri tempi. Sappi, che da una mia ricerca fatta al "computer " su quel gesto ho estrapolato tre punti importanti.

Punto primo

Di poveri infreddoliti al giorno d'oggi non ce ne sono più perché tutti hanno una bella giacca a vento con piumino d’oca, e le cose di seconda mano nessuno le vuole più. Il povero, casomai, vuole la "busta" con i soldi, non le cose, perché preferisce gestire personalmente i suoi bisogni.

Punto secondo

Il Santo a cavallo, al giorno d'oggi, sarebbe stato indaffarato per i suoi "business" e non avrebbe visto il povero per strada.

Punto terzo

Il cavaliere Santo, al giorno d’oggi, al posto della spada avrebbe in mano una paletta e un sacchetto di plastica per raccogliere la pupù del cavallo che spaventato dai rumori delle macchine inevitabilmente avrebbe perso sul bel viale Italia.

Poi il monello con il fare da saputello ha sentenziato: "Nonno, comprati un computer, naviga su Internet, "ciatta" con gli amici del pensionato e vivi i tempi moderni”. Io, classe ‘43, nonno tre volte e speriamo bisnonno ho detto al monello: "Ricordati, ragazzino digitalizzato, che la carità non muore mai e i sentimenti non si possono cliccare."

Ma lasciamo il monellaccio indaffarato a "ciattare" con la sua morosa perché fin che "ciatta" tutto va bene. Per capire, vi racconterò una storia vera avvenuta tanto tempo fa in Australia. Tanti e tanti anni fa in contrada S. Maria, in una casa molto antica, proprio sotto le mura del castello di S. Maria (Castelàsc), nacque da Lucia e Antonio un bel bambino di nome Serafino. Papà Antonio e mamma Lucia erano contadini poveri. Il loro orto serviva a mala pena per sfamarli e sebbene vivessero nella povertà insegnarono a Serafino la virtù della carità e come esempio portarono la bontà di S. Martino.

Vi ho detto che erano poveri; per quella famiglia ogni giorno che nasceva era come se la luce del Signore illuminasse la loro casa. Il loro pane non era come il pane dei ricchi che molte volte non ha sapore. Ebbene, dovete sapere che papà Antonio, durante la guerra, aveva aiutato un giovane di nome Amilcare, salvandogli la vita. Finita la guerra, Amilcare era emigrato in Australia ed aveva fatto fortuna, così era diventato possidente di immensi terreni coltivati.

Amilcare aveva un figlio di nome Martin, nato in Australia da una donna inglese, bella, ma avara. Diventato vecchio Amilcare si ricordò di Antonio e nel testamento scrisse: "Lascio le mie terre a Serafino, figlio di Antonio di Tirano che mi salvò la vita e a Martin, mio figlio, a condizione che la loro proprietà sia definita da loro stessi. Ognuno di loro partirà a cavallo all'alba dalla mia casa, farà il giro che riterrà più equo e il terreno delimitato da quel giro sarà di loro proprietà. Però al calare del sole ognuno dovrà essere a casa, pena perdere la proprietà delimitata dal giro a cavallo."

Antonio, all'alba si mise a cavallo e delimitò la sua proprietà facendo un lungo giro intorno alla casa e, pensando di aver avuto terra già a sufficienza, decise di tornare a casa un'ora prima che calasse il sole. Martin, noto come ragazzo ambizioso e avaro come sua madre, al nascere del sole partì al galoppo con il suo stallone facendo un lunghissimo giro per possedere più terra possibile. Fu così che calcolò male il percorso e al tramontare del sole era ancora lontano della sua casa e rientrò a notte fonda. Come da testamento Martin perse tutta la sua proprietà.

Martin l'ambizioso e avaro, si disperò, pianse e supplicò Antonio di non lasciarlo nella povertà. Serafino pensò alla sua Tirano, al suo orticello, pensò alla sua chiesa Parrocchiale, pensò a S. Martino e pensò di ripetere quel gesto. Divise la sua proprietà in due come fosse il famoso mantello. Martin abbracciò Serafino e si sentirono felici e furono amici inseparabili per tutta la loro vita.

Forse occorre ricordare al monello impertinente e anche a qualche adulto che la carità e l'amore sono sentimenti che abbracciano il mondo e sono perenni nel tempo; sgorgano dal cuore buono e non da un freddo " Computer"e da una vita telematica e programmata.

Méngu

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