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sabato 18 dicembre 2010

DEL VIAGGIO E DEL VIAGGIARE

Che cosa spinge una persona a lasciare la propria casa e le proprie comodità e a mettersi in viaggio? Ove si tralascino le ragioni pratiche e quasi vincolanti legate al lavoro, allo studio, agli affari, alla visita a un parente, che cosa c’induce a cercare nel viaggio un appagamento o addirittura un divertimento? (Di Franco Clementi)

Una ragione può essere la curiosità di conoscere di persona luoghi o popoli di cui s’è soltanto sentito parlare o dei quali si ha solo una sommaria informazione da qualche documentario o rivista.
Si dice che la curiosità “è figlia dell’ignoranza e madre della scienza” e quindi un motivo consimile rappresenta pur sempre un arricchimento culturale.

Un altro motivo si rifà al termine prima usato di divertimento. Si desideracioè “divergere”, uscire dal binario consuetudinario della propria vitaper immetterci in un mondo che per panorami, abitudini dei popoli, cucina, lingua, differisca in qualche misura dal nostro abituale. Si cerca insomma una rottura, che in forma conscia o inconsapevole provochi in noi un confronto e quindi un riesame del nostro modo di vivere. Anche questo aspetto, dunque, contiene un forte valore positivo. E’ purtuttavia vero che ciò può essere solo un’illusione: si dice che spolverare è solo spostare la polvere; per molti, viaggiare è solo spostare la noia.

Per alcuni, purtroppo, questa diversione assume l’aspetto di una fuga, allorché la situazione che si lascia ha qualcosa di doloroso o di fastidioso. E allora quel che più conta non è la meta del viaggio, il suo punto d’arrivo, ma piuttosto è la partenza nel suo significato etimologico che è “divisione”, separazione. In certi casi, dunque, il viaggio ha addirittura valore di terapia, quando gli si chieda la cicatrizzazione d’una piaga, che può essere un amore finito, un litigio con l’amico, una situazione familiare precaria…
Se poi il viaggio mostra alcuni pericoli o difficoltà, e contiene prospettive ignote, esso può rappresentare una “sfida”, fatta anche solo a noi stessi per misurare il nostro coraggio ( o la nostra incoscienza…).

Non va poi dimenticata, nel viaggiatore, anche la componente della vanità, che peraltro non contrasta con le altre motivazioni sopra menzionate: il desiderio, cioè, di poter essere oggetto di ammirazione e invidia quando si raccontino, al ritorno a casa, le nostre avventure e le nostre esotiche esperienze, sciorinando davanti a qualche malcapitato conoscente una serie interminabile di foto o diapositive, tutte da noi giudicate “estremamente interessanti” . Una variante di questo aspetto è il cosiddetto viaggio-collezione: quel che conta non è tanto quel che si è visto e incontrato, quanto il numero delle mete, la quantità delle nazioni, dei timbri sul passaporto. Per alcuni è appagante addirittura il solo transito per un aeroporto, senza neppur vedere ciò che lo circonda. In tal caso, siccome ormai gli aeroporti son tutti uguali, tanto varrebbe trascorrere qualche giorno nelle sale d’aspetto della Malpensa…

C’è poi un tipo di viaggio particolare ma assai classico: quello di nozze. Pare che esso sia espressione modernizzata di un’usanza antichissima, il rapimento della sposa da parte del marito; in seguito, esso ha legato le sue fortune al desiderio degli sposini di trovare un luogo lontano e appartato per le loro prime effusioni. Oggi, in verità, il viaggio di nozze è molto spesso preceduto, per quel che riguarda le intimità stesse, da numerosi altri viaggi…

Se la meta del viaggio è religiosa esso prende il nome di pellegrinaggio, e allora anche le difficoltà dello spostamento assurgono a livello di volontario sacrificio, mentre a tutto il percorso sulla terra si sovrappone un colloquio con il Cielo. Alcuni di questi mistici itinerari hanno una rilevanza storica come l’attraversamento del mare per raggiungere la Terra Santa, la via Francigena per andare a Roma sulla tomba degli Apostoli, o il “Cammino di Santiago” fino alla lontana Galizia. Ma, in fondo, tutto il pensiero religioso giudaico-cristiano si rifà ad un viaggio, adombrato nella marcia nel deserto di Mosè con il suo popolo; e non per nulla la Chiesa si definisce
“pellegrina sulla terra”.

Ma questo sconfinamento nello spirituale ci porta a vedere in un viaggio anche una metafora, una similitudine della nostra stessa vita . Anch’essa ha un inizio, un arco di cammino e poi un ritorno. Anch’essa si arricchisce di incontri e matura esperienze. Voglia Iddio che gli uni e le altre servano per farci arrivare migliorati.

Franco Clement
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