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mercoledì 29 dicembre 2010

LA SORGENTE DEGLI INNAMORATI

Nel tiranese pochi sanno dov’è la sorgente degli innamorati e quei pochi fortunati tengono la bocca chiusa per il timore che manchi loro l’acqua. Io ho deciso di scucirmi la bocca e di rivelare il segreto perché di quell’acqua molti ne hanno bisogno. Ecco la storia e, se leggete attentamente, forse potete anche scoprire dov’è... (Di Ezio Maifrè)

Le lacrime possono essere acqua d’amore o di dolore, ma le acque delfuntanìn de Rùnch sono lacrime d’amore. Esse sgorgano silenti e copiose, fresche e pure da un anfratto roccioso. In quell’ anfratto palpita il cuore di una ragazza innamorata e lo si sente dal costante gorgoglio della sorgiva. Nelle notti senza luna, quel gorgoglio si fa sottile e tenue, quasi fosse un singhiozzo di ragazza per il suo principe azzurro lontano e irraggiungibile.

Quella sorgiva vive nel bosco di querce nella valle della Ganda e palpita di luce propria. E’ immersa tra lame di sole che penetrano i rami delle querce secolari tra diafane penombre. Qui il canto del cuculo fa da contrappunto a una storia che i nostri avi raccontavano solo dopo aver bevuto l’acqua nel cavo della mano.

1915: la grande guerra era incominciata. A Ronco, un gruppo di soldati d’artiglieria alpina di stanza alla caserma in località Piscina e al forte Sertoli di Canali era ogni notte di guardia nelle trincee scavate nel bosco proprio di fronte all’antica osteria della Virginia. Due cannoncini da 45 mm erano puntati verso la val Poschiavo. Dovevano fare da deterrente nel caso in cui il potente esercito tedesco fosse sceso dal passo del Bernina per giungere in Valtellina.

Il capitano Giacomo comandava quel plotone di artiglieri. Era un bel giovane; baffi e barbetta nerissima, occhi azzurri, sguardo fiero, nobile in ogni suo gesto riguardo ai suoi soldati. Tutti amavano e rispettavano il bel capitano.
Quando era stato richiamato alle armi aveva dovuto lasciare a Vicenza il suo amore: la bella e dolce Martina. La sera, suonato il silenzio, il bel Capitano, invece d’andare a riposare, si avviava solo e soletto per un sentiero tra pini e betulle, sino a raggiungere un bosco di querce secolari nella Valle della Ganda. In quel bosco, nelle notte di luna, si potevano veder ballare e cantare gli elfi. Gli elfi sono esseri simili agli umani nelle loro passioni. Sono alti e magri, talvolta capricciosi e benevoli verso l’uomo che li rispetta; possono donare oggetti magici a coloro che sono puri di cuore e molte volte aiutano le persone buone.Giacomo si fece amico di un elfo.

Quell’elfo era l’incarnazione di un antico e nobile guerriero retico; era un essere intelligente e armonioso e abitava nel tronco cavo di una quercia che ancora oggi si può toccare. L’elfo, amico di Giacomo, sapeva forgiare spade con metalli preziosi. Una notte disse al bel Capitano cosa potesse donagli per farlo contento; gli propose una spada o un elmo. “No, rispose il capitano, vorrei una mazza magica che, battendola sulla roccia accanto al tronco della tua casa, mi faccia apparire la mia bella Martina, ogni notte”.
“Solo questo, disse l'elfo, solo questo per farti contento? Bene, ecco fatto, ecco la mazza magica, ma il suo potere durerà solo un mese”.

Così il bel capitano, ogni notte, si recava presso il bosco di querce degli elfi con la mazza magica, batteva sulla roccia e, come d’incanto, appariva sorridente e felice la sua bella Martina.
Ogni notte per un mese parlarono d’amore. Passato un mese la mazza magica cessò di funzionare. Il bel Capitano ogni notte si sedeva sconsolato presso la grande quercia, continuava a battere la mazza contro la roccia, con la speranza che ancora per una volta funzionasse. L’elfo sentendo quel battere forsennato si impietosì poiché anche lui in vita aveva provato le pene dell’amore lontano; uscì dal tronco e gli disse :
“Vedo che anche la tua bella Martina lontana in quel di Vicenza sta piangendo; non posso più aiutarti a vederla ogni notte, ma posso donarti le sue lacrime d’amore. Ecco, d’ora innanzi, presso la mia casa di quercia, dove tu hai battuto la mazza, sgorgherà una sorgente limpida e pura. Sono le lacrime d’amore della tua bella amata; potrai venire ogni sera presso la sorgente per raccogliere nel cavo della tua mano il suo amore: quell’acqua sono le sue lacrime d’amore per te. La sorgente non cesserà mai e sarà di conforto per tutti gli innamorati lontani l’uno dall’altro”. L’elfo, con un sorriso, se ne andò e non gli apparve più.

Il bel Capitano, nel 1918, tornò a casa dalla guerra sano e salvo, sposò la sua Martina, diventò nonno e bisnonno, mentre la sorgente non cessò mai di dare quell’acqua e per questa storia la sorgente fu chiamata “il funtanìn de Rùnch“ in onore dell’elfo che ancora oggi aiuta gli innamorati, anche se lontani, a ricongiungersi superando ogni traversia e a diventare nonni e bisnonni.

Ezio Maifrè

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