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sabato 8 gennaio 2011

DEL "TIFO" CALCISTICO

La preferenza per una cosa o per l’altra fa parte della natura dell’uomo: essa è parte essenziale della sua libertà, caratterizza la sua personalità ed è anche di grande utilità per il progresso evolutivo della specie perché offre alla selezione naturale una vasta gamma di comportamenti, fra i quali essa fa emergere il più adatto per la sopravvivenza... (Di Franco Clementi)

Certamente quando esercitiamo una certa scelta intervengono fattori diversi, come il ragionamento, che dovrebbe occupare il primo posto, ma anche l’esperienza, il gusto, lo stato d’animo, la convenienza, la simpatia, la bizzarria del carattere, la tradizione familiare o ambientale, il criterio del “male minore”, quello dell’opzione per i più deboli (o per i più forti), il capriccio di fare il bastian contrario e così via. Motivazioni, come si vede, delle quali non si può dire che tutte rispettino il rigoroso uso della logica.

E sicuramente, quando dobbiamo analizzare le scelte del tifoso, in moltissimi casi ci troviamo spiazzati perché il suo comportamento entra trionfalmente nel campo dell’irrazionale.
Vediamo ad esempio di analizzare le possibili risposte alla domanda:
”Perché sostieni quella tale squadra?”.

  1. “Tengo per quella squadra perché la maggioranza dei miei compagni tiene per essa”: beh, un tale atteggiamento da pecora nel branco, credo, non meriti una lunga dissertazione: esso segue una via che ben poco ha a che fare con una scelta sportiva. Piuttosto esso si argomenta con la ricerca di una istintiva sicurezza psicologica ottenuta nascondendosi in un gruppo.
  2. “Tengo per quella squadra perché è della mia città“: ciò è vero per alcuni, ma non per moltissimi altri che non hanno nella loro città alcun rappresentante del campionato maggiore. A Tirano ci sono interisti, milanisti, juventini, (ci sono persino due romanisti e un laziale… ). Il sindaco di Roma non è romanista e così il noto presentatore romano Bonolis. La Juventus, trovando troppo gravoso l’affitto del suo campo di calcio, minacciò il Comune di Torino di andare a giocare le sue partite a Palermo o a Lecce, dove, diceva, aveva più sostenitori che non sotto la Mole. Una volta, mentre ero in viaggio da Roma verso il Piemonte mi trovai in un vagone pieno di ragazzi, tutti dalla parlata tipicamente romanesca, ma tutti addobbati con sciarpe e gagliardetti bianco-neri. “Ma dove andate?…” chiesi. “Annàmo a Torino a tifà pe’ la Juve” risposero con orgoglio, tanto che mi venne detto:”Immagino che con voi ci sia pure il vostro amico, Giuda Iscariota… ”. (Per poco mi menano).
  3. “Tengo per quella squadra perché in essa gioca un calciatore della mia città”: Bingo! Questo è uncaso estremamente raro, visto che nelle file delle maggiori compagini si possono trovare giocatori di ogni parte dell’universa terra, ma trovare quello del proprio paese è più difficile che incontrare un cristiano in pellegrinaggio per la Mecca…
  4. “Tengo per quella squadra perché è quella che gioca meglio e perché possiede i campioni che ammiro di più”: questa giustificazione sarebbe la più razionale ed accettabile se si potesse esibire per tutta la vita. Purtroppo quella che quest’anno è la formazione più degna della nostra stima l’anno venturo potrebbe manifestare chiari segni di involuzione e di crisi, sì da precipitare nei bassifondi della classifica. E i campioni oggi presenti tra pochi mesi potrebbero militare sotto altre bandiere. E allora che facciamo? Cambiamo squadra? Macché, rimaniamo “nei secoli fedeli”!
  5. “Tengo per quella squadra perché nella mia città rappresenta i ceti più popolari in contrapposizione a quelli più raffinati e aristocratici (o viceversa…): in effetti è vero che al momento della fondazione delle società calcistiche nelle città che hanno due squadre in Serie A si poteva ravvisare una certa differenziazione di classe tra i sostenitori. A Torino alla Juventus degli Agnelli dalla “erre moscia” si contrapponeva il Toro degli operai di Mirafiori; a Milano il Milan aveva una tifoseria più decisamente proletaria della blasonata Inter-Ambrosiana. Nella Capitale la “Lazio” dell’elegante quartiere dei Parioli sfidava la “Roma” dei sanguigni rioni di Testaccio e di Trastevere. Altrettanto si poteva dire dei genovesi del centro cittadino che sostenevano il Genoa contro quelli della periferia, tifosi della Sampdoria. Ma oggi tutto ciò che senso ha? Provate a frequentare qualsiasi spalto di qualsiasi stadio e vedete se siete capaci di riconoscere, dal modo elegante o triviale di fare tifo il sostenitore di una parte o dell’altra…Tutti sono immersi in una sbragatura generale.

Dunque, se non si trovano in un criterio razionale le motivazioni per la passione sportiva verso un determinato club, bisogna che le andiamo a cercare nel mondo dell’inconscio, e risalire all’epoca dell’adolescenza quando la nostra personalità va alla ricerca di figure di riferimento da ergere come modelli e guide.Esse possono essere un genitore, un professore, un sacerdote, un qualsivoglia educatore e nel campo sportivo un campione o addirittura la squadra che eccelle in quel momento fatato. Una volta avvenuto il contatto, l’”imprinting”, la scelta rimane per tutta la vita, indipendentemente dalle successive vicende dell’”eroe” preso ad esempio. Si dice che uno può cambiare più mogli: difficilmente più squadre del cuore! Rimane allora chiaro perché la società che ha vinto più campionati, la Juventus, possa essere definita “la fidanzata d’Italia”.

Voglio peraltro giungere a delle considerazioni di più largo orizzonte. Tutte queste argomentazioni tese a dimostrare la frequente mancanza di spiegazioni logiche nelle scelte d’un tifoso non hanno grande importanza in sé stesse, se non perché ci fanno sospettare che, forse, una componente irrazionale nell’uomo non solo è insopprimibile, ma é addirittura necessaria per farci trovare un interiore equilibrio nell’intrigo dei nostri problemi quotidiani e dei nostri interiori rovelli. Se ci dovessimo comportare in ogni momento della nostra vita seguendo una rigida logica ed una fredda analisi matematica, probabilmente finiremmo col perdere quel lume dell’intelletto, di cui andiamo fieri. E’ importante ogni tanto seguire altre vie, purché siano tenute sotto controllo: concedere che l’irrazionale sia lasciato libero, ma vigilato con un guinzaglio corto che lo possa richiamare a nostro piacimento. In fondo tutti i popoli nella loro saggezza hanno scoperto la necessità di lasciare un giorno nel quale si finge di essere altri: si folleggi dunque a Carnevale, ma si tenga sempre sullo sfondo una Quaresima che ci riporti alla realtà.

Gridiamo allora “ Evviva!” , durante le partite, ma senza la necessità di gridare “Abbasso!”, e se ci sfugge un “Cornuto…!” all’arbitro, facciamo in modo che ciò si riferisca non già alle attività della moglie, ma alla sua tendenza a prendere in campo decisioni divergenti come le escrescenze frontali di un torello.


Franco Clementi (tifoso in “modica quantità”
)

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