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giovedì 6 gennaio 2011

LE MEMORIE DI FAUSTO SIDOLI: "DEL CONVOGLIO NEMICO SI SONO PERSE LE TRACCE"

[OTTAVA PARTE] All'avviso, l'Ufficiale di rotta è al suo tavolo ed elabora i dati per la nuova direzione. Parte dalla plancia l'ordine di aumentare l'andatura, aumentare i giri dei motori termici, ed il Mocenigo aumenta di velocità...

Per le vedette e per chi è fuori in plancia le difficoltà aumentano in quanto il mare li copre più spesso e l'esplorazione diventa più difficile. Bisogna reggere ai colpi di mare che scuotono il battello e che scaraventano le persone in plancia contro le sovrastrutture, e la pioggia e le docce di acqua di mare sono sempre più violente.

Pur a tutta forza non riusciamo a percorrere più di 15 miglia all'ora. Per raggiungere il punto segnalato dovremo viaggiare per circa 20 ore. E così avviene. Avvicinandoci al punto stimato di incontro con il convoglio nemico,l'attesa e la tensione aumentano. Tutto il personale di bordo, sia quello di guardia che quello franco è ai posti di manovra. In plancia le vedette aguzzano, se possibile ancor di più la vista ed il Comandante, che mai ha lasciato la plancia, osserva ed esplora l'orizzonte.

Purtroppo del convoglio nemico si sono perse le tracce e da Supermarina arriva l'ordine di rientrare nel proprio quadratino. Ci mettiamo il cuore in pace, viriamo per la nuova rotta e sempre con mare grosso, ripigliamo la direzione per il rientro al nostro posto di pattugliamento.
Anche la vita di bordo rientra nel normale lavoro di routine.
E' da parecchio tempo che non si mangia e ora viene il momento in cui si può consumare un pasto decente. Anche se le condizioni del mare non sono ancora ritornate normali, lentamente la forza del vento và scemando e le onde si stanno appiattendo.

Salvo l'Ufficiale di guardia in coperta e quello di guardia in camera di manovra, ci si può sedere in "quadrato Ufficiali" che è un localino rettangolare nel quale vi è un tavolo fissato al pagliolo e sette sedie. Il mio posto, dato che sono l'ultimo arrivato, é con le spalle alla porta ed in fondo al tavolo. Il posto del Comandante è a capo tavola; alla sua destra il secondo di bordo "Ufficiale vice comandante", alla sua sinistra il direttore di macchina che ha alla sua sinistra sullo stesso lato gli eventuali sottoposti, che in questo caso erano rappresentati solo da me. Di fronte a me il tenente di rotta e sottoposto del "Secondo".

Nel frattempo il cuoco ed il suo aiutante si sono dati da fare e ad ogni pasto abbiamo sempre un primo: o pasta o riso 'confezionati' in vari modi a seconda della fantasia del cuoco e della sua bravura.
Vi assicuro che un buon cuoco a bordo è un personaggio assai stimato, e dato che la cucina è comune a tutto il personale di bordo, sia l'ultimo marò che il Comandante lo apprezzano. Segue il secondo che deriva dalla confezione di cibo ricavato da scatolette. E qui la fantasia del cuoco trova la sua migliore espressione nel fornire il cibo in modo sempre appetitoso. Spesso il pranzo si chiude con frutta sciroppata.

Cominciamo ad essere stanchi, sono più di tre settimane che siamo in giro e salvo la corsa verso il nord per l'appuntamento mancato, non abbiamo fatto che ciondolare in mezzo all'oceano, esplorando il mare, aguzzando la vista, sorbendo umidità 24 ore su 24, senza lavarci, puzzando di sudore, di acqua salata, di nafta, di gas di scarico generato dalla batterie elettriche, con barba lunga con abiti puzzolenti e sempre a contatto con le stesse persone.

Nonostante ciò la vita di bordo scorre senza frizioni. Ognuno sa compiere il proprio lavoro con attenzione e serietà, indice di grande capacità di controllo e di grande professionalità.
Restiamo in zona ancora per una settimana poi arriva l'ordine da Supermarina per il rientro alla base.Si stabilisce la rotta di rientro, si comunica la data del previsto arrivo nel golfo di Biscaglia perchè si possa provvedere al giusto incontro con il dragamine che ci condurrà attraverso il golfo fino al porto di Le Verdon alla foce della Gironda.

Quattro giorni dopo siamo al punto stabilito: lo spazzamine ci attende e procediamo con guardia fissa in coperta. La risalita dell’estuario è un sollievo per tutti.
La guardia franca può salire in coperta e rivedere il sole, il cielo, il verde della campagna dopo 35 giorni passati al chiuso nei vari scomparti.
L'arrivo nel porto interno è sempre una festa, gli altri equipaggi dei sommergibili in porto ci salutano, l'Ammiraglio comandante di Betasom è alla banchina e riceve il Comandante del sommergibile che sbarca con l'equipaggio schierato in coperta per il dovuto saluto. Poi anche noi possiamo sbarcare salvo un piccolo nucleo che rimane di guardia a bordo.

Durante le ultime ore di navigazione con il direttore di macchina si compila la lista dei lavori che sono necessari per rimettere il sommergibile in piena efficienza. Non sono grandi lavori, sono solamente lavori di manutenzione: valvolame vario, premistoppe, revisioni ai contatti ecc.
All'attracco alla banchina vi è anche l'Ufficiale Ingegnere comandante delle officine del porto, le quali sono gestite da personale italiano e proveniente da diversi cantieri navali della madrepatria. La nota dei lavori passa al responsabile del cantiere e siamo liberi di andare a svolgere le prime operazioni che sogniamo da giorni e giorni: lavarci, sbarbarci, mettere biancheria pulita e ritornare ad essere persone civili. Ci attende una sorpresa: il mio alloggio non è più sul De Grasse, ma l'alloggio degli ufficiali e dell'equipaggio é stato trasferito ad una ventina di km. da Bordeaux in un bel castello con parco. Il pulman della marina ci porta al nuovo alloggio.

Al rientro da una missione, la prima serata consisteva sempre in una buona cena e nello stabilire i periodi di riposo, detti giorni di "riossigenazione", che venivano effettuati sia in città sia di mare che di pianura che di montagna. In queste nuove sistemazioni abbiamo sempre trovato una buona compagnia femminile che ci alleggeriva di tutto ciò che avevamo accumulato durante i giorni di missione e tra le altre anche il portafoglio.

Al rientro da questa missione troviamo in fureria un bel gruzzoletto di denaro, perché oltre al normale mensile, riscuotiamo l'indennità di rischio e di missione che da sola era superiore allo stipendio. Prima della mia partenza avevo stabilito che una parte del mio stipendio fosse inviato alla mia mamma che essendo vedova e con mia sorella a carico, aveva solo una modesta pensione per far fronte alle spese ordinarie.

L'equipaggio conserva i due turni ed a ognuno è concessa una settimana di riposo. Con un mio collega mi assegnano una settimana al Grand Hotel a Parigi.
Ci spostiamo in treno ed abbiamo a nostra completa disposizione una settimana di tempo da regolare a nostro piacere. Alloggiati al Grand Hotel esploriamo i buoni ristoranti dato che a Parigi si mangia ancora bene. Tutti i negozi sono ancora aperti, ricchi e ben forniti; acquisto, in un bel negozio di pelletteria, una borsetta a mano che é a tutt'oggi in funzione e che mi é servita durante la mia vita professionale. Acquisto un grammofono a manovella e svariati dischi di musica leggera di cantanti francesi dell'epoca: Charles Trenée, Les Andrew Sisters, dischi di musica classica di Chopin suonata da Cortot; dischi ancora presenti nella mia raccolta.

Passata la settimana si rientra a Bordeaux; si riprende la vita di bordo occupati a seguire gli operai alle manutenzioni e si appresta il battello per una nuova missione. La partenza é prevista dopo il rientro del secondo scaglione dell'equipaggio.

A cura di Ezio Maifré

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