Azioni sul documentoLa famiglia Piazzi ha origine remote: questo cognome infatti appare già agli inizi del 1300, ma è probabile che il casato sia nato attorno alla seconda metà del 1200 prendendo il cognome dalla contrada Piazza nel borgo di Tresivio dove i primi componenti di questa storica famiglia risiedevano.
Ricostruire l’intero albero genealogico è però impossibile in quanto non vi sono documentazioni; si sa però che soprattutto nel '400 alcuni componenti della famiglia Piazzi ricoprirono notevoli cariche di prestigio nell’ambito pubblico,scolastico e religioso.
Dall’inizio del 700 questa dinastia attraversò, nel paese di Ponte, il periodo di maggior splendore tanto da divenire assieme ai Giucciardi e ai Quadrio una delle casate più importanti della Valtellina. In questo frangente il 16 luglio del 1746 nacque colui che sarebbe divenuto il più importante componente della storica famiglia ovvero Giuseppe Piazzi: i suoi genitori, Bernardo e la nobile Antonia Maddalena Artaria, si unirono in matrimonio il 5 giugno 1721 e pare che da questa unione vennero alla luce una decina di figli, ma solo Antonio Maria e Giuseppe arrivarono al compimento della maggior età.
In tenera età Giuseppe, Giochino, Maria, Uboldo, Nicolò Piazzi non fu un bambino precoce e nulla lasciava presagire che sarebbe divenuto un grande astronomo, gracile e cagionevole di salute più volte, sin dai primi giorni di vita, si pensò ad una sua prematura scomparsa ma il destino crudele che interessò molti suoi fratelli lo preservò da tale sventura.
Compì con difficoltà i primi studi elementari in quel di Ponte e poi a undici anni venne inviato nel seminario di Como; fu in questo ambito che il Piazzi iniziò ad interessarsi agli studi approfondendo la materia teologica.
Successivamente passò al Collegio Calchi di Milano e frequentò a Brera la scuola dei Gesuiti dove fu allievo di Gerolamo Tiraboschi; dopo questo ciclo di studi approdò a Torino per concentrarsi sugli studi di filosofia. Nel capoluogo piemontese ebbe modo di incontrare il celebre fisico Padre Beccaria dal quale ricevette il primo impulso nello studio delle scienze fisiche e matematiche.
Da Torino venne inviato a Roma per approfondire gli studi teologici ed anche in questo ambito pote’ avvicinarsi con vigore agli studi di matematica conoscendo in modo determinato lo sconfinato mondo dell’astronomia che lo affascinò moltissimo. Ordinato sacerdote nel 1769 intraprese, per volontà dei superiori, la carriera dell’insegnamento presso i collegi del suo ordine; fu a Genova, di nuovo a Roma e Malta e infine divenne professore di matematica e astronomia presso l’Università di Palermo.
In quel periodo, Ferdinando IV di Napoli ed il Principe Caramanico di Sicilia stabilirono una sorta di alleanza culturale, spinti dall’idea di far progredire il Regno in tutti i rami dell’umano sapere; fu così che tra le branche di studio si decise di approfondire la scienza dell’astronomia affidando al professor Piazzi la direzione della realizzazione di due osservatori astronomici a Palermo e a Napoli.
Dal canto suo il Piazzi, che ormai aveva fatto dell’astronomia la sua principale materia di studio, accettò l’importante incarico; prima però si dovette recare in Francia e in Inghilterra per esercitarsi nelle operazioni e nei calcoli di astronomia praticata presso i più qualificati osservatori astronomici. Il suo viaggio durò circa tre anni e durante la sua permanenza nei due paesi ebbe modo di studiare le teorie ed i calcoli dei maggiori astronomi mondiali quali Laplace, Cassini e Federico Herschel (quest’ultimo scopritore, nel 1781, del pianeta Urano).
Dopo questo viaggio tornò a Palermo con la strumentazione idonea per la realizzazione gli osservatori; da questo momento iniziò la vera ascesa in campo astronomico del nostro con valligiano che con le sue immense conoscenze seppe dare notevole impulso alla storia dell’astrologia nazionale ed internazionale.
Il suo lavoro di osservazione delle stelle e dei pianeti fu lungo e culminò con la pubblicazione di una monumentale opera dove, tra le altre scoperte, fu catalogata la posizione di ben 6748 stelle. Il testo riconosciuto da molti astronomi del tempo come il più importante del settore venne intitolato: Praecipiarum stellarum inerrantium positiones mediae ineunte saeculo decimonono ex observationimus habitis in Specula Panoramitana ab anno1792 ad annum 1813.
Con questo catalogo il Piazzi poté dimostrare come i moti propri stellari costituissero, non un’eccezione, ma una regola; in questo modo il nostro astronomo spalancò la via a nuove ed interessanti ricerche.
Ma, sicuramente, la scoperta che proiettò definitivamente il nostro illustre conterraneo nell’olimpo dei grandi astronomi avvenne quasi casualmente nella notte del primo gennaio 1801: il Piazzi stava eseguendo le sue osservazioni e stava aspettando al meridiano una stella di settima grandezza;durante la scrupolosa operazione notò un astro precedente a quella stella che voleva studiare. All’iniziò non sospettò quale fosse la reale natura di quello che lui definì un astro e immediatamente ne misurò le coordinate. La sera dopo, tornato ad osservare, notò che queste erano cambiante: verificò la stessa operazione per alcune altre notti successive arrivando alla conclusione che l’astro errante da lui scoperto poteva essere forse una cometa o forse un nuovo pianeta.
In merito a questa scoperta Piazzi rimase cauto e non volle annunciarla pubblicamente nell’immediato, in quanto sulla reale natura di quell’astro persistevano in lui alcuni dubbi che solo dopo attente ed approfondite osservazioni fu in grado di fugare.
Quasi subito arrivò alla conclusione che non si poteva trattare di una cometa :infatti, non vi era la tipica nebulosità che accompagna questo tipo di stelle, ma bensì il Piazzi, forse incredulo, capì che quello che aveva definito astro errante era un pianeta.
Nel mondo degli studiosi astronomici Keplero aveva detto che mancava una corda nell’armonia dei cieli ed a suffragare quella teoria vi era la legge di Titius-Bode che affermava con certezza che vi doveva essere un pianeta distante dal sole 2,8 unità astronomiche (*) e che tale pianeta sulla base di questo calcolo doveva collocarsi tra le orbite di Marte e di Giove.
Il Piazzi fu dunque lo scopritore di quel pianetino che non era mai stato trovato e che venne battezzato con il nome di “Cerere Ferdinadea” in onore di Cerere, dea tutelare della Sicilia, di Ferdinando IV di Borbone e poi di Ferdinando I° Re delle due Sicilie.
Immediatamente, Federico Gauss detto il “Priceps Mathematicorum” ne calcolò l’orbita arrivando alla conclusione, grazie ai calcoli eseguiti anche dal Piazzi, che Cerere aveva un diametro di 780 km, risultando essere il pianeta più grande di una serie di altri scoperti anche in epoche successive.
Dopo questa eclatante scoperta il Piazzi continuò i sui studi e la sua carriera di insegnante tra Palermo e Napoli,a Palermo gli fu dato il Diploma di Cittadino e a Napoli venne eletto Presidente dell’Accademia delle Scienze, ma dopo tanto lavoro e tante eccellenti scoperte il Piazzi, ormai al limite delle forze, morì a Napoli il 22 luglio 1826.
Per celebrare la grandezza intellettuale e umana di questo nostro valtellinese concludiamo con le parole che il Barone Von Zach di Gotha pronunciò in occasione del conferimento al Piazzi del titolo di “Astronomo Massimo”: “… è salito alla eccellenza del sapere scientifico attraverso la via non dell’amore proprio o delle ambizioni personali ma col sincero e perseverante culto del lavoro e della verità”.
Ivan Bormolini
* Unità astronomica: Dicesi unità astronomica la distanza media Terra – Sole.
- Storia
Lo scopritore di Cerere.
Ringrazio Ivan Bormolini d'averlo ricordato.
Universo
Sei in me nel tuo mutare
o Universo,
il tuo tempo infinito
è anche il mio.
Sono nella tua polvere
di stelle, nei tuoi
lampi di luce,
nell’energia infinita.
Vola e sfuma il mio pensiero
tra il chiaror delle stelle
mentre sento il sospiro
di un Dio che gioca a rimpiattino
negli spazi infiniti.
Ti scoprirò, o Dio
quando il mio corpo
tornerà polvere di stelle.
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