Per chi di voi non lo sapesse ci troviamo alle Isole Solomon dove il nostro vescovo valtellinese Luciano Capelli da ormai molti anni vive e lavora per la popolazione locale. Quest’anno, il decimo del gruppo italiano Amis, anche io mi sono unito alla spedizione.
27 gennaio ’11. Tetere. Ventotto gradi. Ventilatore acceso per ingannare l’umidità. Qualche goccia di acqua che da queste parti non ha niente a che vedere con la pioggia, mi dicono i locali. Però piove. I locali sorridono sempre. Se gli presti attenzione incontrandoli per strada ne approfittano immediatamente per agitare la mano speranzosi di essere contraccambiati. Sembrano felici o perlomeno sereni. Oggi, a Honiara, hanno riso quando al banco dell’emporio abbiamo chiesto di un ombrello. A malapena comprendevano il significato della parola. Solo uno dei tanti commessi ha riconosciuto il termine inglese e lo ha subito “tradotto” in pidgin, la loro divertente lingua, così uguale e così diversa. Uscendo dal negozio, ovviamente gestito da un cinese, la cara neo dottoressa Konstilia ed io abbiamo capito il motivo delle loro risate. Infatti sui marciapiedi macchiati di rosso delle via principale di Honiara, le uniche persone con l’ombrello aperto avevano la pelle chiara. I solomonesi non facevano neanche parere di aver fastidio. Camminavano a piedi nudi come se niente fosse, masticando imperterriti il loro strano frutto preferito, che abbinato ad una specie di calce, fa passare l’appetito. Detto così sembra uno stratagemma, una droga per non soffrire la fame. Ma il fatto è che qui la fame non si soffre. Di cibo ce n’è eccome. Questa cosa del frutto rosso è più un vizio che paragonerei al nostro fumare, malcostume che qui non ci si può permettere. Le sigarette infatti vengono vendute singolarmente da individui che, appoggiati agli stipiti dei negozi del centro, passano la giornata con un pacchetto di pall mall aperto nelle mani invogliando i passanti all’acquisto.
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Ma perché eravamo ad Honiara? Eravamo alla ricerca di una pompa del gasolio. Infatti il generatore di elettricità del campo base di Tetere era di nuovo fermo. Giovanni aveva già utilizzato la sua prima settimana salomoniana lavorandoci sopra. I problemi però vengono sempre in gruppo. Infatti il malfunzionamento della pompa ha lasciato l’ospedale e la casa delle suore, dove noi alloggiamo,senza elettricità e con acqua razionata. “Della luce ne possiamo fare a meno, ma dell’acqua…” suor Irene. Così dopo aver sostituito in garanzia presso un centro ricambi al quanto spoglio la pompa del gasolio, abbiamo affidato il prezioso carico a Steben (perdonatemi se lo spelling non è corretto) che lo ha riportato al nostro geniere capo Giovanni che in meno di un’ora ha ristabilito l’afflusso di corrente elettrica a tutto il villaggio salvando la giornata e riempiendo di gioia il cuore di suor Irene che ha sfoderato una lunghissima serie di “grazie Giovanni” durante il pranzo.
Che posto queste Salomon. Sarà lontano due giorni di viaggio e quando si è qui si ha la sensazione di essere a testa in giù, immersi in una vasca di acqua calda che rallenta il respiro e disturba il sonno, ma qui ogni piccolezza è grande, ogni passo è un salto, ogni aiuto è un sorriso e ogni sorriso è un ricordo. Penso che venire sia d’aiuto anche a se stessi.
Terete si trova a circa 20 kilometri dalla capitale. Qui non c’è molto. Anzi, proprio niente. Svegliandosi la mattina, prima di fare colazione e iniziare a lavorare, se ci si guarda intorno si vede solo la scuola agraria, l’ospedale, qualche casetta per chi lavora qui e tante, tante palme da olio. Però il piccolo insediamento delle suorine si sta piano tramutando in un vero e proprio villaggio. È stata istituita una specie di fermata dell’autobus, nel parcheggio che da sulla strada si forma regolarmente un specie di mercato alimentare per chi satellita intorno all’ospedale, gli studenti, i malati, le famiglie dei malati. Insomma, da una vuota radura gli Amis hanno saputo di nuovo creare vita. E la vita continua con l’inaugurazione dell’Hospice per malate terminali al quale hanno partecipato i politici locali, gentilmente intrattenuti dalle meravigliose pizzette e tartine sfornate fresche dalla nostra Maddalena. Piena e Amanda sono le istituzioni. Le suorine sono la costanza. Steben, Diana e gli altri locali sono il sangue nelle vene di queste isole. Konstilia è la speranza. E Giovanni è sempre lì per tutti. Un gruppo che in questi due brevi, ma caldi e intesi giorni di Tetere mi hanno fatto gioire grazie alla immensa bontà di spirito di tutte queste persone.
Domani Gizo..
Alex Repetti
Orma Dieci
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