Eravamo stati facili profeti quando, nel commentare lo scorso dicembre la legge regionale sulle grandi concessioni, avevamo cercato di allertare l’opinione pubblica della nostra provincia sul fatto che il testo approvato al Pirellone avrebbe potuto essere impugnato perché mal formulato e contradditorio in alcuni punti con la normativa esistente.
L’impugnazione da parte del governo su indicazione del Ministro per i rapporti con le regioni Fitto di alcuni commi delle leggi 19 e 21 e il rimando del testo alla Corte costituzionale per un giudizio sulla sua coerenza con le disposizioni nazionali e comunitarie confermano i rilievi da noi avanzati. Quanto successo contrasta in modo evidente con la sicumera con la quale il Presidente della provincia aveva allora risposto alle nostre osservazioni, contestandole perché, a suo dire, giuridicamente infondate e politicamente faziose.
Oltre a mettere in guardia dal rischio concreto che qualche inciampo giuridico avrebbe potuto occorrere,avevamo allora puntato l’indice contro l’uso propagandistico della vertenza idroelettrica fatta dal Carroccio con la campagna pubblicitaria “Le dighe sono a casa. Grazie Lega”, avevamo denunciato le quantificazioni fantasiose sull’entità delle risorse che sarebbero derivate alla provincia e avevamo sostenuto la tesi che il progetto presentato, più che tutelare gli interessi dei valtellinesi, salvaguardava quelli dei potentati idroelettrici, in primo luogo A2A, concedendo qualche dividendo ai partiti di governo in Provincia per oliarne clientele e consenso elettorale.
Nella polemica di allora non era mancata l’accusa, rivolta all’opposizione, di “lesa valtellinesità”. Dopo l’impugnazione della Legge regionale, oggi la Lega è alla ricerca affannosa di qualche capro espiatorio da presentare all’opinione pubblica provinciale per tamponare gli effetti negativi dello stop imposto da Roma.
Per trarsi dagli impicci in cui l’ha messa la mossa del ministro Fitto, la Lega ripropone oggi lo stesso richiamo all’unità della valle, ma mentre allora si trattava di rispondere a qualche puntura di spillo proveniente dall’opposizione di sinistra, oggi si deve giustificare un colpo basso che viene direttamente dal governo di centrodestra. Si tratta di una situazione più insidiosa.
Ecco allora comparire l’ipotesi di una fantomatica quinta colonna anti-valtellinese annidata nei palazzi romani, quel gruppo di “alti funzionari di 5 o 6 ministeri”, che secondo il consigliere regionale Parolo, all’insaputa del governo e in combutta con l’opposizione, avrebbe ordito il complotto. Si tratta, in tutta evidenza, di un patetico espediente con il quale il centrodestra provinciale cerca di sottrarsi alle proprie responsabilità.
Giunti a questo punto, occorre cogliere l’occasione offerta dal blocco della legge per riprendere in mano l’intera questione. Non si tratta solamente di apportare qualche piccolo ritocco per consentire al progetto di poter ripartire, ma occorrerebbe metter mano all’intero edificio con l’obiettivo di un soluzione che veramente rappresenti gli interessi del territorio e di chi lo abita.
Su questo punto deve essere costruita una iniziativa di tutta la sinistra e delle forze di centrosinistra, che devono uscire dalla condizione subalterna alla Lega che ne ha caratterizzato fino ad oggi il profilo, come dimostrano il voto favorevole del PD all’articolo 53 e il comportamento che in Consiglio provinciale con poche e lodevoli eccezioni ha avuto l’opposizione . Su questa proposta sarà impegnata nei prossimi giorni la Federazione della Sinistra.
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