Per questo è stato bello che in Tirano anni fa venisse eretto all'emigrante un monumento che è nello stesso tempo testimonianza di una storia sofferta, ma anche scuola per i giovani a cercare nelle proprie radici. Parimenti sono lodevoli quegli scambi che avvengono con le comunità valtellinesi lontane, al fine di mantenere vivi i legami e dire loro " Non vi abbiamo dimenticato…".
Dopo aver affermato tutto ciò come un punto fermo, così condiviso da apparire ovvio, vorrei avviare il discorso sull'aspetto inverso del flusso della popolazione e cioè su che cosa rappresentano per questa comunità coloro che vi sono "immigrati" e che oggi ne costituiscono una parte integrante.
Alcuni sono arrivati in Valtellina da gran tempo, per lo più da aree contigue lombarde; altri, specie veneti, in seguito ai movimenti migratori di profughi dopo le vicende della prima Guerra Mondiale; molti, soprattutto meridionali, portati qui da incarichi statali o militari; altri ancora legati alla presenza dei grandi complessi ospedalieri di rilevanza nazionale presenti nella Provincia o alla costruzione e allo sfruttamento di imponenti impianti idro-elettrici; gli ultimi in seguito agli esodi di dimensioni bibliche dai paesi del terzo mondo o dall'Europa orientale e quindi accompagnati dalle particolari difficoltà d'ambientazione dovute alla lingua e ai costumi diversi.
Il contributo positivo che l'immissione di tutti questi "esterni" ha portato nella comunità valtellinesepuò essere analizzato sotto diversi aspetti:
- Biologico- eugenetico: è noto che popolazioni con scarso ricambio di elementi, che vivono isolate o comunque fuori da importanti flussi demografici (valli appartate… isole… ), con frequenti matrimoni fra consanguinei, tendono con il tempo a esternare caratteri recessivi con più alte probabilità di comparsa di tare congenite. Ricordo, quando ancora cinquant'anni fa venni in Valtellina, l'alta frequenza, in talune frazioni, della lussazione congenita dell'anca nei bambini… La maggior mobilità, il contatto e l'incrocio con genti diverse ha allontanato il rischio.
- Imprenditoriale- commerciale: ove si eccettuino gl'immigrati dell'ultima infornata, venuti da paesi poverissimi, coloro che son giunti in Valtellina in tempi in cui qui da noi si andava a cercar lavoro all'estero avevano già un'occupazione e ancor meglio qualche idea maturata in società più attive e intraprendenti. Molte attività commerciali o imprenditoriali sono state fondate da extra-valtellinesi, non ultime la creazione o il potenziamento di importanti strutture turistiche nelle località di maggior attrazione climatica o sportiva. Tutto ciò ha creato una benefica emulazione ed un efficace stimolo che ha consentito, insieme con le capacità di lavoro e di risparmio degli abitanti, un dignitoso sviluppo della valle.
- Culturale: la Valtellina già dai primi del secolo poteva sfidare l'Europa per il grado di alfabetizzazione della sua popolazione. Purtroppo, per la scarsezza dei mezzi economici, molto bassa era la percentuale di coloro che potevano uscire dalla provincia a prendersi una laurea.
Nel 1960 di tutti i medici presenti nei Sanatori valtellinesi (oltre 160... ) solo uno era nato in valle. Quando poi fu fatta la riforma della nuova scuola media, una grande percentuale di insegnanti venne ad integrare dall'esterno quelli locali. La stessa cosa è avvenuta per i quadri dirigenziali della burocrazia , della magistratura, delle attività tecniche.
Ma oltre a questi aspetti di supplenza o di sussidiarietà nel riempire alcuni vuoti nel numero dei laureati,l'immigrato, quale che fosse il livello dei suoi studi ha ampliato fra i valtellinesi la conoscenza della società italiana (ed anche extra-italiana) nei suoi mille aspetti umani, e li ha immessi in un mondo più ricco di stimoli, di varietà, di modi di vivere e pensare. Una ricchezza che in tutti accresce la vivacità del pensiero e allarga la nostra libertà.
Ma vorrei aggiungere un' ultima osservazione sulla funzione del forestiero in una società un po' chiusa. Egli spesso vede ciò che i locali per abitudine non vedono più.
Diceva Cicerone che le sfere celesti, rotando, producono una musica meravigliosa, che però noi non percepiamo perché l'ascoltiamo sempre e da sempre. Allo stesso modo di chi abitando vicino alla ferrovia non sente più il passaggio dei treni. Ebbene, forse uno che viene da fuori è colui che è meglio in grado di dirci "Hai visto come sono belli questi monti? E il tramonto che illumina le cime verso il lago… !" … e allora il nostro sguardo si alza ad apprezzare ciò che abbiamo sotto gli occhi da quando siamo nati e ci si apre il cuore alla meraviglia.
Franco Clementi
- Storia
Emigranti e emigrati.
L’emigrante
Con un baule stracolmo
di ricordi e nostalgie
forte e baldanzoso
son partito a far l’emigrante
verso un paese tanto misterioso.
Prima di cercar quella fortuna
cieca e oleosa da scivolar via,
ho steso la mia mano
a una mamma che vedeva
crollare il suo domani.
Essa cedeva al crudele destino
un brano della sua carne
per donarlo silenziosa
alla dea dell’incertezza
tanto avida di suo figlio.
Ricordo i suoi biondi capelli
di argento un po’ venati
e il suo viso con qualche ruga,
teso, mentre il treno
con fracasso si metteva in corsa.
Andava lontano, proprio lontano,
e rubava un dei figli suoi
a quella donna rattristata,
sicura guida e appoggio di vita:
la mia mamma tanto amata.
Piangere forse volevo
ma i singhiozzi da me frenati
soffocavano la mia parola
rendendomi muto da sentire
battere il suo cuore che tremava.
Ma i suoi occhi umidi di pianto,
dal dolore nel tempo fermati,
della vita mi parlavano:
la vita che separerà
le persone che si son tanto amate.
Ho guardato quella mia mano
con ancora il suo profumo
e il calore del suo amore
e vedendo le nuvole sul cielo
ho sentito di casa l’antico odore.
Dell’emigrante quella baldanza
era sparita come un lampo
lasciando posto alla tenerezza
da sentire sulla guancia
la mano della mamma fare una carezza.
Cici Bonazzi.
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