Ecco qua, verso sinistra, la città vecchia , ben riconoscibile dalle mura grigie e i tetti anneriti dalle mille polveri degli anni. Mi chiedo perché gli antichi abitatori scelsero proprio questo luogo per costruirvi un paese. Mi vengono in mente tanti motivi. Stare vicino all'acqua, al fiume, ma sul lato meno esposto alle esondazioni, possibilmente in un punto facile da guadare o adatto a costruirvi in seguito un ponte. Un sito che non fosse esposto all'incombere di una possibile frana dalla Valchiosa o dal Masuccio, e che fosse prossimo alla via dei traffici per il Bernina attraverso la valle di Poschiavo. Giudiziosa anche l'opzione che prevedeva potersi appoggiare, in caso di minacce, a un dispositivo di difesa arroccato su un altura come il Dosso, non facile per gli attacchi degli assalitori.
In questa parte antica della città le case sorgono addossate una all'altra, la vie sono ombrose, forse per non rubar troppa terra alla campagna o forse anche perché gli abitanti un tempo sentivano maggiormente i vincoli della solidarietà e del vicinato, in caso di necessità e di pericolo. Accanto a dimore modeste, che però nel loro insieme fanno "ambiente", si appoggiano palazzi signorili, severi e sobri visti dall'esterno, ma con meravigliosi atri e porticati e cortili e giardini se esplorati all'interno, in perfetta armonia con il temperamento valtellinese.
Più a destra vedo la Tirano più recente. L'arginatura dell'Adda, non più libero di andare a piacer suo per la piana ed anche uno sforzo di contenimento dei versanti più franosi hanno lasciato spazi ben più larghi d'un tempo per lo sviluppo della città. Il primo tentativo di uscire dall'angustia delle sue mura Tirano lo ha compiuto dopo l'arrivo della ferrovia. Quando arrivai in Valtellina la prima volta, negli anni '50, della città più moderna esisteva solo il tratto che arrivava fino alla Stazione, nella prima porzione del bellissimo e scenografico Viale che ha per sfondo la mole del Santuario; essa mi lascio una gradevole impressione per la presenza di alcune eleganti abitazioni o alberghi in stile Liberty che conferivano un certo tono e una certa unità architettonica all'ambiente, con vaghe reminiscenze mittel-europee.
Negli anni successivi, con la ripresa economica, qui legata in parte all'attività del contrabbando, lo sviluppo urbano è dilagato sia verso nord, in località più solatie, sia, soprattutto, verso occidente, specie lungo la direttiva di viale Italia fino a congiungersi con la frazione di Madonna, e verso la nuova area industriale, più vicina al fiume. Ma con l' ampliarsi del perimetro cittadino ha acquistato rilevanza, per il collegamento tra alcuni quartieri, l'ingombrante presenza di ben due strade ferrate. In pratica sono numerose le vie con decorso longitudinale, parallele al fiume o al Viale Italia, mentre scarse, insufficienti sono le strade con decorso trasversale, e ciò impegna a lunghi giri per spostarsi in certe zone della città.
Ecco, per dirla in breve mi sembra che l'ultima Tirano poteva riuscire meglio. Con tutti quei terreni liberi si è forse persa l'occasione di una visione globale che solo un piano regolatore fatto da un innamorato della città poteva mettere in atto. O se anche quell'amore e quella visione ci sono stati non sono riusciti a resistere alla pressione di interessi vari, di angustie culturali, di ostacoli pratici, di scarsità di fondi. Problemi che Tirano peraltro ha condiviso con il resto della Nazione.
Da un lato si sono abbattuti o stravolti o nascosti sotto alti palazzoni quegli elementi di stile floreale che mi avevano così colpito al primo arrivo. Persino le vecchie mura sforzesche sono state sentite come un impiccio alla modernità: ne rimangono solo brevi tratti che servono tutt'al più per metterci un pollaio. Per il rimanente, la parte più recente, si possono fare varie osservazioni.
Come già accennato, la presenza di due diversi terminali di strade ferrate, se ha garantito i collegamenti con altri paesi, ha reso più difficili le comunicazioni all'interno dello stesso abitato di Tirano. Per andare dal semaforo di Viale Italia alla via Calcagno che in linea d'aria distano un centinaio di metri, se si è in macchina tocca fare più d'un chilometro, se si è pedoni c'è il famigerato tunnel della stazione, officina stabile di pornografi, esibizionisti e deboli di vescica, che lo sconsigliano alle fanciulle e ai delicati di stomaco.
Per la viabilità dei nuovi rioni non si è saputo fare altro che utilizzare vecchi viottoli di campagna appena un po' allargati, che delimitano ampie aree, in guisa di grandi contenitori a "cul-di-sacco". Entro queste estensioni , infatti, si approfondano dalla strada principale delle viuzze cieche, che s'arrestano, taluna con bizzarro decorso, davanti all'abitazione da servire, senza consentire l'attraversamento del quartiere. Se si fossero sommate le superfici di tutti questi tragitti privati ci sarebbe stato da ricavarne un reticolo di strade decenti che avrebbero servito tutti e avrebbero accorciato certi percorsi. Dall'inizio di Via Monte Padrio alla scuola elementare di Madonna si percorrono quasi 500 metri senza trovare una strada che porti in Via Cappuccini. Ugualmente lontani sono i raccordi fra Via Ponticello e Viale Agricoltura.
Nei nuovi rioni ognuno ha potuto costruire come più gli aggradiva, con l'orientamento, lo stile, il capriccio più arbitrari. Non si è più ripetuta l'unità architettonica che aveva caratterizzato Tirano nella prima metà del '900. Ci sono molti villini e villette , magari singolarmente dignitosi o pretenziosi, pochi col tocco di classe.
Probabilmente ciò è dovuto all'estremo frazionamento delle aree edificabili, per cui per acquistare un terreno occorre mettere d'accordo una dozzina di persone, (almeno due delle quali emigrate in Australia): si aggiunga la difficoltà a far accettare permute (perché quale che sia il cambio tuttu rimangono con l'impressione di aver preso una fregatura). C'è poi la frequenza del contenzioso per eventuali espropri di aree di pubblica utilità con ricorsi al Tar, al Consiglio di Stato e via italianamente questionando.
Una situazione curiosa e per certi versi comica si è venuta poi concretando per il cosiddetto "centro sportivo". Per esso l'invito eroico di "gettare il cuore oltre l'ostacolo" è stato preso troppo alla lettera, cosicché saltando i vicoli di Tirano vecchia , sono potuti sorgere sulla sinistra dell'Adda a monte della città: 1° un campo da tennis, 2° una piscina, 3° un bocciodromo, 4° uno stadio calcistico con possibile estensione alla atletica, 5° un poligono di tiro a segno, 6° un parco per trattenimenti musicali estivi. Il tutto senza una strada degna di questo nome per raggiungerli. (Del resto in Valtellina c'è stato anche chi sulle strettoie della strada statale ci ha costruito sopra un Campionato mondiale di sci).
Ma ho sentito dire che presto si supererà l'ostacolo di cui sopra.
Una postilla suppletiva: la strana ubicazione delle cassette per imbucare le lettere. Chi facesse il percorso: Posta centrale- Largo Risorgimento- Stazione- Viale Italia fino all'altezza di Via S.Giuseppe (circa 400 metri) incontrerebbe 5 cassette postali. Una a meno di cento metri dall'altra. Chi abita li fa dunque al massimo 50 metri per imbucare. Per tutti gli altri Tiranesi, senza bisogno di andare all'estrema periferia , le cose son più complicate. Per esempio a nord del Viale Italia e del rione S. Giacomo non ce n'è neppure una…
Ma quante cose si vedono da Roncaiola!
Franco Clementi
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