Intervento del Sindaco di Tirano Pietro Del Simone
Autorità civili e militari della Provincia, Rappresentanti delle Associazioni combattentistiche e d’arma, Partigiani, convenuti oggi a Tirano per celebrare il 66°anniversario della Liberazione e cari Concittadini, benvenuti a questa cerimonia che si svolge nel luogo in cui la città ha eretto una stele in ricordo dei suoi morti per la Patria.
Spetta a Tirano quest’anno l’onore di ospitare la manifestazione provinciale celebrativa della festa nazionale della Liberazione che, a rotazione, tocca le cinque città della provincia. E Tirano non fatica a svolgere per un giorno il ruolo di rappresentare l’intera provincia, forte della quotidiana esperienza che vede da mezzo millennio giungere in città devoti e pellegrini al civico santuario della patrona della Valtellina. Anche quello di oggi è un pellegrinaggio, sia pure laico, perché siamo qui per ricordare e per tornare alle nostre case dopo avere condiviso considerazioni e sentimenti che ci confermano nelle nostre appartenenze, da quella comunale a quella di cittadini del mondo, passando per quella provinciale, regionale, nazionale ed europea.
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Tirano sessantasei anni or sono fu l’ultima località della valle ad essere liberata. E’ la battaglia di Tirano a segnare la fine delle ostilità in provincia e con ciò anche il suo ritorno nel seno della Patria, dalla quale l’occupazione nazifascista e la Repubblica di Salò ci aveva diviso rendendoci addirittura nemici. Non ne sono rimasti molti dei partigiani combattenti di quella battaglia, ma alcuni sono qui ancora con noi a ricordarci che la conquista della libertà ha un prezzo alto quanto il suo inestimabile valore. A 66 anni da quell’impegno che avrebbe potuto costare loro la vita, li vogliamo ringraziare, come beneficiari diretti di quella loro azione e vogliamo usare le parole da loro suggerite per il testo del diploma di benemerenza rilasciato dalla Provincia nel 50° della Liberazione per estendere la nostra riconoscenza a tutti quanti hanno contribuito a farci ritrovare l’unità nella libertà e nella democrazia: “la lotta armata nella Resistenza, l'apporto attivo nei comitati di liberazione e nei collegamenti, la prigionia in Germania, la partecipazione alla guerra nel Corpo Italiano di Liberazione, la renitenza alla chiamata militare con l'imboscamento sui monti o l'espatrio in Svizzera furono contributi inestimabili alla rinascita morale e politica della nostra Patria”.
Parte da lì, per noi, la rinascita morale e civile della Patria che si concreterà nelle riconquistate libertà sancite dalla nostra Carta costituzionale repubblicana.
La Resistenza è stata definita un secondo Risorgimento perché necessario a ricostituire l’unità nazionale con la riconquista del Nord occupato dai nazifascisti, ma anche per l’apporto diffusamente popolare e trasversale che l’ha caratterizzata.
Tirano è stata al centro anche delle lotte risorgimentali di cui si celebra quest’anno il 150° anniversario e alle quali ha dato il meglio dei suoi uomini migliori: Luigi Torelli, Emilio e Giovanni Visconti Venosta, i fratelli Salis, Antonio Pievani tanto per restare ai più noti. Decisivo, nel primo e nel secondo Risorgimento, è stato il senso morale, quello che nel 1943 ha indotto il comandante provinciale dei carabinieri Edoardo Alessi a tener fede al giuramento fatto alla Patria e al Re, rifiutando di farne un altro alla Repubblica Sociale e che lo ha indotto a mettersi a capo della Resistenza armata. E’ stato il senso morale che ha indotto il comandante della Guardia di Finanzia cap. Marinelli, il brigadiere dei carabinieri Bruno Pilat a collaborare con don Giuseppe Carozzi, don Tarcisio Salice, don Cirillo Vitalini, don Gino Menghi ed altri che a rischio della loro vita misero in salvo tanti ebrei perseguitati dalle infami leggi razziali. Ed è stato ancora il senso morale che ha indotto gli eredi della Resistenza a rivolgere un riconoscimento pietoso persino a quanti hanno combattuto, purché in buona fede, nella parte avversa, magari a loro volta ingannati o costretti dalle circostanze. A me è parso un gesto generoso e civilissimo, anche se non poteva certo essere di antistorica equiparazione, ma di umana pietà.
Io sono stato sempre colpito, dalla gravità delle accuse, alimentate ad arte anche a scopo politico, che accreditavano i Tiranesi come responsabili di infami tradimenti e di rapine a carico di ebrei fuggiaschi. Mi faceva male sentirle, sia pensando che qualcosa poteva esserci di vero, sia per la conoscenza che avevo da testimonianze familiari, di onesti salvataggi con gravi rischi personali.
Quelle che mancavano erano informazioni corrette sulle centinaia di ebrei posti in salvo Svizzera attraverso le nostre montagne. Da qualche anno le testimonianze ci vengono direttamente gli interessati: dalla ora compianta Vera Pick, della quale cinque anni fa abbiamo pubblicato il diario, a Vera Neufeld che ha voluto organizzare un ritorno sul percorso della salvezza da Madonna a Viano venendo dall’Australia e convocando a Tirano i compagni di viaggio di allora da varie parti del mondo. Ce lo attesta lo Stato d’Israele che ha dichiarato “Giusto fra le nazioni” Mario Canessa,
giovane agente della Polizia di Stato a Tirano e studente della Cattolica che maturò il suo passaggio alla Resistenza facendo servizio sul Trenino del Bernina durante l’occupazione nazifascista. Canessa, allora compagno di corso di padre David Maria Turoldo e di padre Camillo De Piaz, organizzò una rete di contatti che permise di porre in salvo oltre confine numerosi ebrei e collaborò attivamente con gli uomini del CLN di Tirano. La sua è una storia importante, simile a quella del colonnello Alessi, perché nasce dall’interno del sistema, da una ribellione morale, quando la “coscienza dice no” e si sceglie di darle retta a rischio della vita. Per questo la città di Tirano si è onorata di annoverare Mario Canessa fra i suoi cittadini onorari e lo ringrazia per l’insegnamento che tuttora deriva dalle sue scelte coraggiose.
E’ grazie ad uomini come lui che è stato possibile superare la vergogna della collaborazione con l’occupante nazifascista e guardare al futuro, un futuro di libertà e di pace che accomuna i nostri ideali a quelli dei nostri vicini e amici svizzeri della Valle di Poschiavo che in quella occasione ci furono fraternamente vicini. Una occasione come questa ci permette di ringraziarli di cuore per l’amicizia e l’ospitalità di allora che ci consente oggi di presentarci di fronte alle nazioni non come ignobili esecutori delle infami persecuzioni razziali e politiche di allora, ma come fraterni collaboratori di chi lottava convinto dei supremi valori della vita e della libertà.
E’ un grazie che porgiamo loro qui oggi nella solennità di questo momento esprimendolo all’onorevole granconsigliere del Parlamento retico Alessandro Della Vedova, podestà di Poschiavo, le cui origini valtellinesi sono ulteriore garanzia della fraternità retica che unisce le nostre valli nella comune concezione della vita e dei suoi valori.
Viva l’Italia, viva l’Europa, viva l’amicizia e la pace fra i popoli.
Pietro Del Simone
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